Basta con le calunnie. Gli imprenditori sardi del turismo non ci stanno e a chi li accusa di "sfruttamento" dei dipendenti replicano con i numeri: «Altro che stipendi bassi, sono i giovani d'oggi che non hanno più voglia di sacrificarsi – mette subito in chiaro Emanuele Frongia, titolare di numerosi locali a Cagliari e presidente della Fipe Confcommercio Sud Sardegna –, le retribuzioni che offriamo, imposte rigorosamente dai contratti nazionali di settore, partono dai 1.100 euro al mese, con una media di 1.300 euro, per lavorare cinque giorni a settimana. Certo, non mancano le mele marce che mettono di fronte a salari da fame e orari senza fine, ma non sono la regola e non possono rovinare la reputazione di migliaia di imprese che cercano di lavorare al meglio».
Corto circuito L'estate si avvicina e il divario tra datori di lavoro e aspiranti
dipendenti si allarga. «In questo mondo se uno sa fare il proprio mestiere viene pagato bene, molto bene, in confronto ad altre
professioni. Ma la giornata di chi lavora in sala o dietro i fornelli di una cucina non è semplice e in molti sembrano non capire che non si
tratti di un lavoro d'ufficio», prosegue Frongia. «Me ne accorgo ogni volta che faccio un colloquio per una potenziale assunzione. C'è chi non
vuole lavorare a Ferragosto,
chi chiede la domenica libera o chi rifiuta di restare fino a notte tarda. Pretese assurde per un
comparto che vive attorno al
rapporto con il pubblico e all'elasticità negli orari. Coloro che vogliono entrare in questo mondo devono quindi avere una minima attitudine
al sacrificio e alla disponibilità verso il cliente».
Lo Stato nemico Nicola Napolitano, presidente regionale della Faita, l'associazione che riunisce nell'Isola i
gestori di campeggi, è tra quelli che ogni giorno deve affrontare una sfida quasi invincibile per trovare nuovi dipendenti. «I nostri
stipendi medi possono arrivare anche a 1.300 euro al mese, con tanto di ferie, malattie, contributi e trattamento di fine rapporto. Eppure c'è
chi ci ha detto no perché tra sostegni di disoccupazione e Reddito di cittadinanza riesce a racimolare fino a 900 euro per restare a
casa. Con questi presupposti è inevitabile
rivolgersi all'estero e oltre Tirreno dove aumentano le possibilità di trovare
personale idoneo».
Rischi e falsi miti. L'arringa difensiva degli imprenditori
contro chi li incolpa di sfruttamento
è corale e non conosce confini nell'Isola.
«Anche nei campeggi le retribuzioni medie sono di tutto rispetto, ma non tutti
le ritengono sufficienti», ripete il rappresentante della Faita. «E a chi non
mi crede posso rispondere che ogni anno riceviamo fino a sette controlli da
parte delle autorità, rischiando multe che sarebbero ben più pesanti di una
busta paga regolare».
Il rappresentante dei campeggi ritorna sul
tasto dolente del comparto: «Le nuove
generazioni non
accettano i sacrifici di questa professione –
conclude Napolitano – , non vogliono rinunciare alle vacanze estive e lavorare
quando tutti si divertono e fanno festa. Ma non
solo, molti tra coloro che accettano di entrare nei nostri organici non hanno poi le capacità umane indispensabili per interagire con la
clientela. Lacune che evidenziano una carenza degli
istituti professionali, forse troppo impegnati a insegnare i tecnicismi
dell'accoglienza tralasciando però le regole base della cortesia».
Frongia invece ribalta le parti: «Vorrei
chiedere a un disoccupato a cui non bastano 1.300 al mese per lavorare 35-40
ore settimanali, quale sarebbe la cifra giusta per convincerlo a lasciare il
proprio divano. È ingiusto prendere di mira un intero settore per colpa di pochi
imprenditori scorretti, ed è altrettanto irrispettoso pensare che il lavoro dell'accoglienza sia l'ultima spiaggia per chi non sa fare
nulla. Ci servono persone serie, pronte a fare un lavoro duro, ma che può dare molte soddisfazioni se lo si affronta con passione. Proprio come
qualsiasi altra carriera».
Luca Mascia
Articolo “L’Unione Sarda” del 09.05.2022
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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