mercoledì 28 febbraio 2024

Gli svarioni e/o imprecisioni su Eleonora d’Arborea. Di Francesco Casula.


 Continuo a sentire e leggere: la Giudicessa Eleonora d’Arborea. Anche recentemente da parte di importanti personaggi politici. E’ vero: ma a livello di comunicazione, rivolta a un pubblico generico, simile locuzione (Eleonora giudicessa) può ingenerare equivoci e confusione. L’ascoltatore (o il lettore) comune) sentendo/leggendo “Giudicessa”, a cosa pensa? A un semplice magistrato? Per evitare simili equivoci, a mio parere occorre sempre dire e scrivere “Eleonora d’Arborea Giudicessa-regina.

 

I Giudicati sono infatti dei veri e propri Regni: sos Rennos sardos. Con ordinamenti propri, un territorio, frontiere, accordi interni, rapporti esterni e esteri. C’è di più: in tutte le iscrizioni e i sigilli appare la scritta: Iudex sive rex (Giudice ossia re). Investito della summa potestas (somma potestà): non cognoscens superiorem (che non riconosce uno superiore). Certo di tratta dei “regni” particolari e specifici: intanto erano regni non patrimoniali (cioè di proprietà del sovrano), come erano quelli del medioevo italiano ed europeo feudale, ma superindividuali (o subiettivi).

 

Ma soprattutto il giudice-re governava sulla base di un patto con il popolo (chiamato bannus consensus). Scrive a questo proposito lo storico medievista Francesco Cesare Casula: “Contrariamente agli stati continentali dell'epoca, i giudicati sardi non erano patrimoniali ma super-individuali (o subiettivi) dipendenti dalla volontà del popolo il quale, per mezzo dei suoi procuratores, concedeva al giudice il potere (bannus) e acconsentiva a sottomettersi a lui in cambio del rispetto delle proprie prerogative (consensus). In caso di violazione del vincolo, il re spergiuro poteva essere barbaramente ucciso dallo stesso popolo in rivolta, come in effetti capitò più volte nel corso della storia giudicale” 1.

 

In altre parole il re governava sulla base di un patto con il popolo: il potere veniva infatti concesso al Giudice-re (con l’intronizzazione) in cambio del rispetto delle prerogative popolari, tramite la Corona de Logu, ovvero il Parlamento.  Di qui dei regni che possiamo definire semidemocratici: scelti con un sistema misto: da una parte vige l’ereditarietà dall’altra l’elezione da parte della della Corona De Logu. Il re-giudice governava sulla base di un patto con il popolo: se non lo rispettava poteva essere detronizzato e persino – come ho già detto – legittimamente giustiziato dal popolo stesso.

 

Sempre a proposito del Giudicato-Regno, basta riferirsi al Proemio alla Carta De Logu in cui Eleonora stessa precisa che la Carta di Mariano IV da sedici anni non era stata rivista e poiché non rispondeva più ai bisogni delle nuove condizioni sociali, occorreva rivederla e aggiornarla:”pro conservari sa Justicia et in bonu, pacificu e tranquillu istadu dessu pobulu dessu RENNU nostru…dessa terra nostra e dessu RENNU de Arbarèe”. Certo si potrà persino obiettare che Eleonora pur chiamandosi giudicessa, ovvero regina, non fu regina regnante ma reggente (il figlio maggiore Federico Doria-Bas, non aveva la maggiore età e lei governò in sua vece) ma si tratta di una distinzione da azzeccagarbugli, di formalismo giuridico (peraltro del diritto di quei tempi). Ma la sostanza non cambia

 

Di Francesco Casula

Studioso della cultura sarda..

I morti degli anni 70’: Miki Mantakas. Di Vincenzo Maria D’Ascanio.


 

Alle tre di notte, nel tentativo di dare fuoco alla porta di casa, militanti della “Brigata tanas” versano cinque litri di benzina sull’ingresso dell’appartamento abitato dalla famiglia Mattei. Mario Mattei, il capofamiglia, era il segretario della sezione missina del quartiere. Quella che doveva essere un’azione intimidatoria si trasforma in una tragedia. Virgilio, di 22 anni, militante missino nel corpo paramilitare dei Volontari Nazionali, e il fratellino Stefano di 8 anni, muoiono non riuscendo a scampare alle fiamme. Gli attentatori lasciano sul selciato una rivendicazione della loro azione: “Brigata Tanas – guerra di classe – Morte ai fascisti – la sede del MSI – Mattei e Schiavoncino colpiti dalla giustizia proletaria

Furono condannati a 18 anni di reclusione, per incendio doloso e duplice omicidio colposo, oltre che per uso di esplosivo e materiale incendiario - con pena prescritta - tre esponenti dell'organizzazione Potere Operaio, tra cui Achille Lollo. Solo nel 2005 ammise di avere realizzato, con altri, un attentato dimostrativo con una bomba artigianale non esplosa rivolto a Mario Mattei, ma sostenne sempre di non aver incendiato la casa con la benzina. Le effettive dinamiche dell'atto non sono mai state chiarite.

Tuttavia la vicenda ebbe delle ulteriori ripercussioni. Infatti, il 28 Febbraio 1975 sarà ucciso a Roma Mikis Mantakas, studente greco fuorisede iscritto al Fuan (fronte Unitario di Azione nazionale, associazione studentesca di estrema destra). Fu ucciso da due proiettili nel corso degli scontri avvenuti proprio durante il processo agli imputati accusati del Rogo di Primavalle. Mantakas muore davanti alla sezione del Movimento Sociale Italiano (MSI) di Via Ottaviano preso d’assalto dai manifestanti di estrema sinistra.

La giornata era iniziata con scontri all'ingresso del Palazzo di Giustizia nel settimo giorno del processo dove c'è Achille Lollo alla sbarra e gli iscritti al Msi hanno dato vita a manifestazioni fin dal primo giorno. Gli scontri diventano sempre più ingestibili, anche perché un corteo di militanti della sinistra extraparlamentare arriva dinanzi al tribunale senza essere autorizzato.

Tra i manifestanti in prima fila si trova il ventenne Alvaro Lojacono che si scontra con un avversario politico, da cui sarà separato da parte dei carabinieri del maggiore Antonio Varisco, che qualche anno dopo verrà assassinato dalle Brigate Rosse. Alle ore tredici, con la sospensione dell'udienza, i manifestanti del corteo di sinistra vanno verso la sede missina di via Ottaviano 9 per assaltarla. Fabrizio Panzieri e Alvaro Lojacono, appostati alla sinistra del portone, sparano verso l'ingresso del palazzo. Mantakas, asserragliato nell'edificio con altri esce da una porta secondaria, ma viene raggiunto in piena fronte dalla pallottola sparata da Lojacono con la sua P38.

Dopo due ore Panzieri viene fermato subito da un poliziotto, mentre i missini identificano Lojacono, portando alla perquisizione di casa sua. Nell'appartamento del padre (noto economista), vicino a Campo de' Fiori, una cameriera apre agli agenti, ma il giovane non c'è. In primo grado (nel marzo del 1977) Lojacono viene scagionato dall'accusa di omicidio. In secondo grado è invece condannato a sedici anni di reclusione. Ricorrendo in Cassazione, rimane in libertà dandosi alla latitanza

Fuggito prima in Algeria e poi in Svizzera viene comunque condannato a diciassette anni di carcere a Lugano per l'omicidio del giudice Girolamo Tartaglione; ne sconterà nove e ne passerà due in semilibertà, prima di essere liberato; ma non sconterà neanche un giorno per l'assassinio di Miki Mantakas in quanto non viene rinviato a giudizio né viene sostenuta l'accusa di omicidio.

La sezione dell'MSI di via Ottaviano fu ancora al centro di ulteriori sciagure che portarono anche alla sua temporanea chiusura, come quando fu ucciso Walter Rossi di Lotta Continua due anni dopo da parte di elementi di estrema destra. Il gruppo musicale Amici del Vento dedicò a Mantakas un brano intitolato “Nel suo nome.” Allo studente fu anche dedicato il nome di una radio privata, Radio Mantakas, nelle Marche.

lunedì 26 febbraio 2024

La leggenda di un sardo che sarebbe diventato Pèron, il popolare presidente dell’Argentina.


 

Ci abbiamo creduto in tanti, pareva uno dei casi più misteriosi ed affascinanti della storia moderna secondo il quale il mitico Generale Juan Perón, tre volte presidente dell’Argentina, sarebbe stato in realtà un italiano, più precisamente della Sardegna.

La pretesa aveva dell’incredibile ma molti elementi concorrevano, in tutti i casi, in direzione di un Perón sardo. Sul fatto se ne parlava timidamente alla fine degli anni ‘40 e verso l’inizio dei ‘50 solamente a Mamoiada (piccolo centro in provincia di Nuoro), teatro iniziale di questa fantastica vicenda, ma poi con più insistenza nel 1951 dopo la comparsa di due articoli scritti dall’avvocato giornalista Nino Tola sul quotidiano “L’Unione Sarda” e qualcosa anche su “Il Giornale d’Italia”.

 

In quel periodo il Tola, che rimase molto scettico, incuriosì tutti. Naturalmente anche negli ambienti culturali sardi a quei tempi la notizia venne ampiamente commentata con perplessità. Il caso fu ripreso oltre vent’anni dopo dal giovanissimo mamoiadino Peppino Canneddu e pubblicato nel 1984 in un libro dal titolo “Juan Peron-Giovanni Piras, due nomi una persona”, editato tre volte. Poi fu la volta del tonarese Gabriele Casula con il libro “Donde naciò Peron?”. 

 

La questione affascinò per tanto tempo il ricercatore, Raffaele Ballore, che dal 1993 in poi iniziò ad indagare ulteriormente e a raccogliere materiale che fu pubblicato nel libro tutto documentazione “El Presidente”, con sottotitolo “La leggenda di un sardo che sarebbe diventato Juan Perón” (2006). Fu poi la volta di due romanzi: L’uomo che volle essere Perón del giornalista scrittore Giovanni Maria Bellu, scritto nel 2008 e di  “La Mascara Sarda” della famosa scrittrice argentina Marisa Valenzuela (2013).


Le prime ricerche insinuavano che Giovanni Piras, un umile contadino di Mamoiada emigrato giovanissimo ai primi del secolo scorso in Sud-America, sarebbe diventato nientemeno che il mitico presidente Juan Perón. La ricerca doveva però necessariamente essere approfondita e trovare documentazione probatoria pro o contro questa fantastica tesi e verificare argomenti e fatti che hanno viziato alcune coincidenze in passato. 


Tutti i dubbi sul Piras sono stati affrontati e risolti dalla meticolosa ricerca di Raffaele Ballore. L’indagine, oltre a sfatare il caso finora conosciuto, evidenzia anche imprecisioni e furberie di Perón e alcune lacune degli storici argentini ed è caratterizzata dal forte desiderio della conoscenza e della verità. Troppo spesso le voci di popolo hanno avuto qualche fondamento, ma è anche vero che talvolta la “cassa di risonanza” popolare amplifica più del dovuto i fatti ed arriva persino a stravolgerli. Una seria verifica era necessaria senza lasciarsi trasportare o coinvolgere emotivamente anche quando moltissime testimonianze giocavano a favore della ipotesi di Mamoiada e che per una lunga serie di micidiali coincidenze (alcune forzate, altre falsificate) sembrava non lasciare alternative.


Il Ballore ha fatto uno studio accurato andando alla ricerca del Piras emigrato da Mamoiada nel 1910 e indagando su particolari fasi della vita di Perón e dei suoi documenti personali. La pista del Perón mamoiadino è stata poi abbandonata del tutto quando sono stati analizzati importanti documenti della prima moglie del Generale e i dati antropometrici nel foglio Matricolare Militare del Piras confrontati con quelli di Perón e tutta la sua genealogia, parte materna e parte paterna e perizie che non lasciano dubbi.Si è andati a fondo con precisione per quanto riguarda la genealogia del Perón (Perron) italiano emigrato (cioè del bisnonno di Juan Perón emigrato in Argentina dall’Italia) e per la prima volta al mondo è stata pubblicata la ricostruzione fedele e tutti i documenti disponibili trovati che dimostrano la vera origine e identità degli avi italo-francesi del generale.


https://www.mamoiada.org/_pdf/CasoPiras-Peron.pdf  

Raffaele Ballore, nel libro “El Presidente” lascia aperta provocatoriamente (senza nessuna convinzione) la pista sarda; inoltre non valuta il Perón politico perché non ha approfondito la conoscenza del suo operato e le sue idee; all’interno della ricerca accenna solo un piccolo profilo; esprime però la personale considerazione dicendo che se è stato eletto democraticamente per tre volte vuol dire che per gli argentini qualche merito l’avrà pur avuto anzi, ancora oggi, lui ed Evita, la famosa venerata e dissacrata sua seconda moglie, rimangono due figure mitiche nell’intero panorama latino-americano. Ma non ha intenzione di celebrare o demolire nessun “mito”, vuole soltanto mettere in chiaro una verità di interesse storico perché  Juan Perón, nel bene e nel male, è stato un protagonista della storia del 1900Al di là della storia che propone il libro “El Presidente” e del     successivo libro digitale “Il caso Piras-Perón, chi bleffa e chi nón” di    Raffaele Ballore e Piero Salerno, un fatto importante accomuna i destini della Sardegna e dell’Argentina con le loro capitali: la città di Buenos Aires prende il nome dalla chiesa della Vergine della Buona Aria, patrona di Cagliari e venerata in tutta la regione sarda. Rimane da coltivare, per chi lo volesse, come no, il racconto fascinoso di un comune povero emigrato diventato qualcuno, perché il Giovanni Piras di Mamoiada si distinse rispetto alla media dei suoi compaesani e divenne davvero uno stimato e grande Presidente…

 

Tratto dal sito:

 

https://www.mamoiada.org/

 

http://www.mamoiada.org/paese/mamoiada/piras-peron-ita/

Tempio a pozzo sa brècca, Tertenia, Sardegna. Di Natalia Guiso (Nuraviganne)



Il sito di cui vorrei parlarvi, si trova nella Sardegna centro-orientale, caraterizzato da spiagge bellissime che ci regala delle emozioni uniche raccontando un glorioso passato. Il sito di Sa Brecca é composto da un tempio a pozzo, alcune capanne accessorie e forse i resti del recinto sacro. Tutto intorno, a cornice, montagne e tanto verde.

La prima cosa che si può notare é il vestibolo rettangolare, sulla destra conserva ancora il bancone sedile, che ti immette nella scala di dieci gradini. Si percorre quindi un piccolo ambiente trapezoidale, fino ad arrivare a quel che doveva essere il secondo accesso, ormai ostruito da crolli, ma sporgendosi si può vedere, tra le macerie, una parte della scala con copertura a gradini rovesciati.

 

Il pozzo si sviluppa in profondità per circa 40 gradini, una camminata dentro la madre terra per poi giungere all'acqua sacra . Purtroppo questa zona terminale non è accessibile per il crollo descritto. Uscendo da questo ambiente e proseguendo verso la parte superiore e posteriore si può godere della porzione absidata del pozzo, facendosi spazio fra un cespuglio si può osservare un piccolo corridoio ancora da scavare che immette in una seconda camera quasi del tutto intatta senza scala di accesso.

 

Il mio cuore trema per le emozioni indescrivibili che vivo, ma quanta fortuna abbiamo nel poter godere di questa meraviglia? Penso a come dovesse essere stato il sito in tutto il suo splendore: due camere sovrapposte, falsa cupola, tetto a doppio spiovente, la scala profondissima, un' area curata, con la o le sacerdotesse a officiare arcani riti, luogo di incontro fra genti di diverse zone, di patti stretti e decisioni importanti, di pasti condivisi...

 

Sono ancora emozionata solo per aver rivisto tutto nella mia mente. Vicino al pozzo c'è una bellissima capanna delle riunioni, nel cui perimetro interno corre il bancone sedile, la capanna è dotata anche di un altare- focolare al suo interno. A poca distanza si trova il villaggio, mai oggetto di indagine.

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Natalia Guiso (Nuraviganne)

 

sabato 24 febbraio 2024

Pertini, partigiano e presidente. Di Vincenzo Maria D’Ascanio.


 

"La Costituzione è un buon documento; ma spetta ancora a noi fare in modo che certi articoli non rimangano lettera morta, inchiostro sulla carta. In questo senso la Resistenza continua." (Sandro Pertini)

 

(24 febbraio 1990) Muore a Roma Sandro Pertini uno dei presidenti della Repubblica più amati dagli italiani, aveva novantatre anni. Politico, partigiano e giornalista è stato il settimo presidente della Repubblica Italiana, dal 1978 al 1985. Alessandro Pertini è nato a Stella in provincia di Savona il 25 settembre 1896. La famiglia è benestante, poiché il padre è proprietario terriero, ha 4 fratelli: Luigi, Mario, Giuseppe e Eugenio, quest'ultimo scompare tragicamente il 25 aprile 1954 nel carcere di Flossenburg. Dopo aver frequentato il collegio dei Salesiani a Varazze, Sandro Pertini frequenta il liceo "Chiabrera" di Savona, e diviene collaboratore di "Critica Sociale" di Filippo Turati, il che contribuisce sicuramente ad avvicinarlo all'ambiente e all'ideologia socialista.

 

Laureatosi in giurisprudenza e poi in scienze politiche e sociali, dopo aver preso parte alla prima guerra mondiale inizia ad esercitare la professione forense ma già dal 1918 indirizza le sue forze alla militanza politica, iscrivendosi al Partito Socialista Italiano. Per effetto delle leggi speciali varate dalla dittatura fascista, nel 1925 è condannato al confino di cinque anni a cui sfugge trovando ricovero presso Carlo Rosselli a Milano e poi in Francia grazie all'asilo politico.

 

Aveva, infatti, distribuito il foglio clandestino "Sotto il barbaro dominio fascista" nel quale rivendica la paternità di alcuni scritti antifascisti e individua la responsabilità della monarchia nel perdurare del regime fascista. Rientra in Italia nel 1929 e crea un'organizzazione clandestina socialista per la quale viene condannato a 11 anni di reclusione.

 

Tornato in libertà alla caduta del fascismo nell'agosto del 1943 è impegnato nel primo esecutivo del Partito Socialista, e due mesi dopo nuovamente in carcere dopo la cattura da parte dei nazisti che lo condanneranno a morte, sentenza che riesce a eludere grazie a un'evasione dal Regina Coeli nella primavera del 1944.

 

Nel 1945 diventa segretario del P.S.l., l'anno seguente è deputato dell'Assemblea Costituente, presidente del gruppo socialista al Senato nel 1948. Nelle consultazioni politiche del 1953 viene eletto alla Camera dei Deputati dove rimane per tutta la legislatura successiva, divenendone vicepresidente nel 1963 e presidente nel 1968.

 

L'8 luglio 1978 viene designato Presidente della Repubblica con l'ampio consenso di 832 voti su 995 votanti, espletando il mandato con una forte impronta personale che gli vale il titolo di presidente più amato dagli italiani. Uomo autorevole e intransigente, nessun capo di Stato o uomo politico italiano ha conosciuto all'estero una popolarità paragonabile a quella da lui acquistata, grazie ad atteggiamenti di apertura ed eccezionale schiettezza nei suoi incontri diplomatici.

 

Sandro Pertini riesce inoltre, nei lunghi anni in cui è presidente della Repubblica, a riaccendere negli italiani la fiducia nelle istituzioni e a mettere in atto un'aperta denuncia della criminalità organizzata, della corruzione politica e del terrorismo.

 

Il 29 giugno 1985 dieci giorni prima della naturale scadenza del mandato decide di dimettersi per consentire l'insediamento immediato del suo successore Francesco Cossiga. Sebbene si fosse in più occasioni dichiarato ateo, negli anni ha stretto una profonda amicizia con il pontefice Giovanni Paolo II che accorre a trovarlo in ospedale nel 1987 quando Pertini fu colto da malore durante i funerali del generale Giorgieri ucciso dalle Brigate Rosse. Si spegne nel suo appartamento a Roma il 24 febbraio 1990 per complicazioni dopo una caduta di cui era stato vittima alcuni giorni prima.

 

Vincenzo Maria D’Ascanio

venerdì 23 febbraio 2024

La Colombia ritrova la pace. FARC e Governo trovano un compromesso. Vincenzo Maria D’Ascanio.


 

(23 febbraio 2002) A due mesi dal voto in Colombia viene sequestrata la militante per i diritti umani e candidata alle presidenziali Ingrid Betancourt. Il rapimento è stato effettuato dalle Farc, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia. Le FARC sono un'organizzazione guerrigliera comunista colombiana d’ispirazione bolivariana fondata nel 1964 e da allora in conflitto con il potere centrale.

 

Di base contadina, si dichiarano anti-imperialiste e hanno l’obiettivo di rappresentare le masse indigenti delle aree rurali in opposizione alle classi agiate, all’influenza statunitense nel Paese, al monopolio delle risorse naturali da parte delle grandi multinazionali e alla violenza dell’azione militare delle forze paramilitari e governative. Si finanziano principalmente attraverso attività criminali come i rapimenti e la produzione e il commercio di cocaina.

 

Nel 1999, con l'approvazione del Plan Colombia e il conseguente massiccio sostegno economico e militare che ricevette dagli USA il governo di Bogotà, il presidente A. Pastrana decise di interrompere l'esperienza dei dialoghi di pace che erano stati precedentemente attivati con le FARC e di tornare a una politica fortemente incentrata sull'azione militare. Nel frattempo le FARC costituirono il Movimento bolivariano, con l'intento di organizzare tutti quei settori della società che si opponevano alla politica governativa, anche se non fiancheggiatori dell'ideologia marxista-leninista.

 

Negli anni che seguirono, ogni tentativo di riaprire spazi di dialogo e di negoziato è stato fallimentare. Le FARC. sono state oggetto di una delle maggiori offensive militari nella storia dell’America Latina, condotta per quasi dieci anni consecutivi dal governo di A. Uribe (2002–10), il cui obiettivo dichiarato era quello di sconfiggerle senza ricorrere a nessuno strumento diplomatico.

 

L’esecutivo successivo, presieduto J.M. Santos, ha proseguito fino al 2011 la politica del suo predecessore. Il bilancio di questa campagna militare ancora in corso è controverso: mentre fonti governative esaltano l'importanza di alcuni colpi assestati contro membri del gruppo dirigente delle FARC a partire dal 2008, diversi osservatori prevedono che una sconfitta militare della guerriglia non sia uno scenario credibile.

 

Il 23 giugno 2016, dopo 50 anni di ostilità, il governo colombiano nazionale e una delegazione delle FARC stipulano un accordo bilaterale definitivo per la cessazione delle ostilità e per la promozione della pace, in presenza di Raúl Castro e Ban Ki-moon. Il 25 agosto 2016 viene confermato pubblicamente l'accordo dai negoziatori delle due parti, il presidente Manuel Santos e il comandante dei guerriglieri del Bloque Caribe de las FARC Iván Márquez, concludendo il negoziato; l'accordo sarà ratificato in seguito ad un referendum popolare. A Bogotà, la popolazione ha festeggiato con manifestazioni di gioia nei parchi e nelle strade.

 

Il 2 ottobre 2016 l’accordo è stato sottoposto a referendum nazionale venendo sorprendentemente bocciato dal popolo colombiano con il 50,3% dei voti contrari in opposizione al 49,7% dei voti favorevoli (con una differenza stimata di appena 65mila voti) Il successivo 24 ottobre fu firmato un nuovo accordo di pace tra le parti , a cui seguì la ratifica definitiva da parte del parlamento colombiano. Il 28 dicembre 2016 il parlamento colombiano ha approvato una legge che prevede l'amnistia o la grazia ai membri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia accusati di reati politici. Juan Manuel Santos Calderón riceverà, proprio nel 2016, il premio Nobel per la pace.

 

DAscanio Vincenzo Maria

Genova è libera!

  (23 Aprile1945) Il CLN delibera l'avvio popolare per l’insurrezione, al fine di liberare la città di Genova dai nazifascisti . Il Comi...