lunedì 28 febbraio 2022

28 febbraio 1975. Muore Miki Matakas durante gli scontri per il "rogo di Primavalle" (Sa Babbaiola)


 

 

Alle tre di notte, nel tentativo di dare fuoco alla porta di casa, militanti della “Brigata tanas” versano cinque litri di benzina sull’ingresso dell’appartamento abitato dalla famiglia Mattei. Mario Mattei, il capofamiglia, era il segretario della sezione missina del quartiere. Quella che doveva essere un’azione intimidatoria si trasforma in una tragedia. Virgilio di 22 anni, militante missino nel corpo paramilitare dei Volontari Nazionali, e il fratellino Stefano di 8 anni, muoiono non riuscendo a scampare alle fiamme. Gli attentatori lasciano sul selciato una rivendicazione della loro azione: “Brigata Tanas – guerra di classe – Morte ai fascisti – la sede del MSI – Mattei e Schiavoncino colpiti dalla giustizia proletaria”

 

Furono condannati a 18 anni di reclusione, per incendio doloso e duplice omicidio colposo, oltre che per uso di esplosivo e materiale incendiario - con pena prescritta - tre esponenti dell'organizzazione Potere Operaio, tra cui Achille Lollo, solo nel 2005 ammise di avere realizzato, con altri, un attentato dimostrativo con una bomba artigianale non esplosa rivolto a Mario Mattei, ma sostenne sempre di non aver incendiato la casa con la benzina. Le effettive dinamiche dell'atto non sono mai state chiarite.

 

Tuttavia la vicenda ebbe delle ulteriori ripercussioni. Infatti, il 28 Febbraio 1975 sarà ucciso a Roma a Roma Mikis Mantakas, studente greco fuorisede iscritto al Fuan (fronte Unitario di Azione nazionale, associazione studentesca di estrema destra). Viene ucciso da due proiettili nel corso degli scontri avvenuti proprio durante il processo agli imputati accusati del Rogo di Primavalle. Mantakas muore davanti alla sezione del Movimento Sociale Italiano (MSI) di Via Ottaviano preso d’assalto dai manifestanti di sinistra.

 

La giornata era iniziata con scontri all'ingresso del Palazzo di Giustizia nel settimo giorno del processo dove c'è Achille Lollo alla sbarra e gli iscritti al Msi hanno dato vita a manifestazioni fin dal primo giorno. Gli scontri diventano sempre più ingestibili, anche perché un corteo di militanti della sinistra extraparlamentare arriva dinanzi al tribunale senza essere autorizzato.

 

Tra i manifestanti in prima fila si trova il ventenne Alvaro Lojacono che si scontra con un avversario politico, da cui sarà separato da parte dei carabinieri del maggiore Antonio Varisco, che qualche anno dopo verrà assassinato dalle Brigate Rosse. Alle ore tredici, con la sospensione dell'udienza, i manifestanti del corteo di sinistra vanno verso la sede missina di via Ottaviano 9 per assaltarla. Fabrizio Panzieri e Alvaro Lojacono, appostati alla sinistra del portone, sparano verso l'ingresso del palazzo. Mantakas, asserragliato nell'edificio con altri esce da una porta secondaria, ma viene raggiunto in piena fronte dalla pallottola sparata da Lojacono con la sua P38.

 

Dopo due ore Mantakas e Panzieri viene fermato subito da un poliziotto, mentre i missini identificano Lojacono, portando alla perquisizione di casa sua. Nell'appartamento del padre (noto economista), vicino a Campo de' Fiori, una cameriera apre agli agenti, ma il giovane non c'è.

 

In primo grado (nel marzo del 1977) Lojacono viene scagionato dall'accusa di omicidio. In secondo grado è invece condannato a sedici anni di reclusione. Ricorrendo in Cassazione, rimane in libertà dandosi alla latitanza. Fuggito prima in Algeria e poi in Svizzera viene comunque condannato a diciassette anni di carcere a Lugano per l'omicidio del giudice Girolamo Tartaglione; ne sconterà nove e ne passerà due in semilibertà, prima di essere liberato; ma non sconterà neanche un giorno per l'assassinio di Miki Mantakas in quanto non viene rinviato a giudizio né viene sostenuta l'accusa di omicidio. La sezione dell'MSI di via Ottaviano fu ancora al centro di ulteriori sciagure che portarono anche alla sua temporanea chiusura, come quando fu ucciso Walter Rossi di Lotta Continua  due anni dopo da parte di elementi di estrema destra. Il gruppo musicale Amici del Vento dedicò a Mantakas un brano intitolato Nel suo nome. Allo studente fu anche dedicato il nome di una radio privata, Radio Mantakas, nelle Marche

 

Sa Babbaiola

 

 

Situazione sanità Ogliastra. Di Davide Burchi (Sindaco di Lanusei).


 

E’ una vita che manifestiamo per difendere i nostri servizi essenziali, che portiamo la nostra voce nei tavoli decisionali per la tutela dei nostri diritti, in primis il DIRITTO ALLA SALUTE e la difesa dei servizi sanitari, sia ospedalieri che territoriali, sono nate associazioni, comitati, tutta la popolazione unita si è mobilitata. Abbiamo festeggiato la nascita della nuova ASL speranzosi che potesse aiutarci a snellire i processi decisionali per avere una sanità più efficiente. Questo risultato non sia stato raggiunto. Anzi.

 

Il reparto di cardiologia è chiuso come il punto nascite e oggi non si può nascere in Ogliastra. La motivazione che ci viene data di questa gravissima situazione è semplice, non ci sono medici. E sembra difficile possano arrivarne altri nelle prossime settimane. Da anni abbiamo chiesto che si creassero le condizioni per favorire l’arrivo di altri medici, lavorando sulle retribuzioni, sulla qualità e in generale sull’attrattività delle nostre strutture. Nulla è stato fatto.

 

I reparti sono sguarniti e i turni vengono chiusi con difficoltà e solo grazie alle prestazioni aggiuntive. Siamo privi, da anni, di diversi primari sostituiti da facenti funzioni semplicemente perché non vengono fatti i bandi. Nei giorni scorsi sono stato contattato da diversi futuri genitori amareggiati dal fatto che i loro figli dovessero nascere a Cagliari o a Nuoro, mi sono sentito profondamente tradito da chi aveva promesso di difendere il diritto alla salute degli ogliastrini. Le telefonate fatte ai dirigenti locali e regionali, all’assessore regionale non sono valsi a cambiare le cose. I lanuseini, gli ogliastrini, non nascono in Ogliastra.INACCETTABILE.

 

Le ultime notizie ci dicono che nei prossimi mesi saremo anche privi del Direttore Generale e che anche il primariato di cardiologia rimarrà vacante. Scrivo questo post con rabbia e frustrazione. Nascere a casa propria significa garantire, in un momento delicato, serenità a genitori e familiari, NON POSSIAMO ACCETTARE CHE QUESTE SCELTE RICADANO SULLE MADRI E SUI NOSTRI FIGLI.

 

NON POSSIAMO ARRENDERCI, mi batterò insieme agli altri sindaci, ai comitati, alle associazioni, ai sindacati, agli ogliastrini, per difendere il Nostro Ospedale e la nostra Sanità Territoriale, perché ogni comune abbia un Medico di Medicina Generale, perché i nostri sanitari possano lavorare con maggiore serenità e perché le MADRI possano dare alla luce i nostri figli in questa splendida terra.

 

Davide Burchi. Sindaco di Lanusei.

venerdì 25 febbraio 2022

Invasione totale in Ucraina. Resistenza subito sconfitta


 

Quando Vladimir Putin annuncia l'invasione, a Kiev mancano pochi minuti alle cinque del mattino. L'ora più buia dell'Ucraina inizia con poche frasi preparate da giorni, che cancellano settimane di promesse del Cremlino e appelli del mondo intero: le forze della Russia, annuncia il suo leader, varcano le frontiere per compiere «un'operazione militare speciale» e «smilitarizzare» il Paese.

 

La conquista di Chernobyl. Le prime unità dei quasi duecentomila soldati che assediavano i confini entrano da tutti i fronti - le zone controllate dai separatisti del Donbass a est, la Crimea occupata a sud, la Bielorussia a nord - e in poche ore piombano con i parà alle porte di Kiev, prendendo il controllo dell'aeroporto militare di Hostomel, a una quarantina di chilometri dalla capitale. Che, avverte l'intelligence americana, potrebbe cadere «in poche ore». In mani russe finisce subito anche l'area della centrale di Chernobyl, al confine bielorusso.

 

Il silenzio cinese. Immediata e pressoché unanime la condanna del mondo, con l'eccezione pesante della Cina, insieme a una nuova raffica di «durissime sanzioni». E il fronte orientale della Nato, che verrà ulteriormente rafforzato, entra in stato di massima allerta, chiedendo «consultazioni urgenti ai sensi dell'articolo 4». Così comincia la guerra di Putin alle porte dell'Europa. «Una nuova cortina di ferro è calata con il mondo civilizzato», scandisce il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che si impegna e invita a resistere, ma Londra già si dice pronta a ospitare il suo governo in esilio.

 

La metro come bunker. L'Ucraina sembra però sull'orlo della capitolazione: porti e aeroporti chiusi, a Kiev le sirene suonano a più riprese, le metropolitana funge da bunker antiaereo. La fuga dei residenti era già iniziata all'alba, con ingorghi chilometrici verso ovest. «Tutti gli Stati frontalieri hanno dei piani per accogliere immediatamente i rifugiati dell'Ucraina», ha rassicurato la presidente della commissione Ue, Ursula von der Leyen. Per l'esercito di Putin il primo giorno dell'attacco è stato «un successo».

 

Mosca afferma di aver distrutto 83 obiettivi militari, incluse 11 piste d'atterraggio, una base navale e tre centri di comando. Forti esplosioni e scontri si susseguono a Odessa, Kharvik, Mariupol, Leopoli e Kiev. Missili piovono anche dalla Bielorussia, dove però il presidente Alexander Lukashenko giura che al momento le sue truppe non partecipano all'invasione. E dalle autoproclamate repubbliche separatiste del Donbass di Lugansk e Donetsk, da cui tutto è partito, i miliziani sfondano verso Mariupol. Un assedio apparentemente senza scampo.

 

Totale superiorità aerea. Le vittime si contano a decine, tra civili e militari. I numeri sono destinati a crescere. Il comando militare denuncia il bombardamento di un ospedale nella regione di Donetsk, con almeno 4 vittime e 10 feriti, tra cui 6 medici. Oltre 200 attacchi in dodici ore in tutto il Paese, più di cento missili sparati secondo il Pentagono. L'esercito ucraino rivendica l'abbattimento di alcuni aerei ed elicotteri nemici e l'uccisione di «50 occupanti», ma la sproporzione di forze appare drammatica.

 

Dopo aver mobilitato i riservisti, Kiev impone la legge marziale, chiama i civili alle armi e fa appello alla donazione di sangue per i soldati feriti. Una difesa strenua, ma disperata. L'intelligence occidentale riconosce la «totale superiorità aerea» su Kiev. A meno di una resa, siamo solo all'inizio: l'offensiva, avvertono gli Usa, mira a «decapitare» il governo di Kiev. D'altronde il Cremlino vuole «denazificare» il Paese. La risposta dell'Occidente a questo «atto brutale di guerra», come lo definisce il segretario Nato Jens Stoltenberg, è tutta in una sfilza di sanzioni «senza precedenti» per colpire la crescita economica e la capacità della Russia di modernizzare i propri armamenti.

 

Misure pesanti sono annunciate da Usa e Ue, mentre il premier britannico Boris Johnson, «inorridito», ha bandito dalla City tutte le banche russe e bloccato i voli dell'Aeroflot, oltre a sanzionare altri 100 fra individui, entità e società, con oligarchi tra cui l'ex genero di Putin, Kirill Shamalov. Misure che per l'Occidente potrebbero affossare l'economia di Mosca, dopo il crollo record della Borsa. «È il momento più triste del mio mandato da segretario generale Onu», dice sconsolato Antonio Guterres, facendo un disperato appello al Cremlino «nel nome dell'umanità».

 

Articolo “Unione Sarda” del 25.02.2022

Federico Marini

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Russia e Ucraina: storia di un conflitto antico. Di Vincenzo Maria D’Ascanio.


 

Le tensioni tra l’Ucraina e la Russia non nascono oggi, ma hanno una storia antica. L’Ucraina è stata riconosciuto come Stato Indipendente e Sovrano nel 1991, dopo la caduta della “cortina di ferro.” In precedenza è sempre stata territorio russo, ben prima della formazione dell’URSS ma anche durante la lunga storia dell’impero russo. A conferma di ciò, occorre ricordare che il termine “okraina” in russo significherebbe zona esterna, confine o bordo, ovvero “periferia” dello stato centrale (anche se agli albori dell’impero russo, Kiev era la capitale di un popolo composto da slavi e un altro popolo arrivato dalla Scandinavia: i rus).

 

I primi grossi problemi tra russi e ucraini avvenne durante gli anni ’30, quando il politburo e il suo capo indiscusso Stalin decisero che le terre dovevano essere collettivizzate, formando i cosiddetti kolchoz, le fattorie collettive di Stato i contadini benestanti, i Kulakj si opposero a questo esproprio arrivando a nascondere le derrate alimentari eccedenti che dovevano essere sequestrate dai commissari di zona. L’Ucraina fu in modo particolare colpita da questo provvedimento, perché al suo interno vivevano numerosi Kulakj e la sua economia era agricola (a quei tempi l’Ucraina era chiamata “Il granaio d’Europa"). 


In Ucraina ci fu una ribellione che Stalin decise di schiacciare con una ferocia inaudita. I Kulakj scomparvero come classe sociale per finire nei gulag siberiani, e nella regione ci furono delle carestie dovute a diverse ragioni. L’odio per i russi fu talmente profondo che gli ucraini consideravano i tedeschi come del liberatori (1942), ma si accorsero preso che i nazisti li trattavano come una razza inferiore: in Ucraina le SS compirono degli abomini tra i più infami di tutta la seconda guerra mondiale.

 

Ritornando ai giorni nostri, dopo la caduta della Cortina di ferro l’Ucraina fu dichiarata Nazione indipendente, democratica e sovrana, ma alle elezioni vincevano presidenti filo occidentali oppure più prossimi alla politica di Mosca. La situazione ha cominciato a precipitare nel 2014, quando fu cacciato dall’Ucraina l’allora presidente filorusso Viktor Yanukovych, legittimamente eletto. Da parte della Russia questo è stato considerato come un colpo di stato organizzato dall’occidente e in particolare dalla CIA (il nuovo presidente, Petro Poroshenko, era apertamente schierato su posizioni filo atlantiste).  


La risposta di Putin fu l’occupazione della Crimea, ma si riuscì a evitare l’escalation militare grazie all’intervento della diplomazia internazionale  e soprattutto grazie alla stipulazione del trattato di Minsk. Il trattato prevedeva il cessate il fuoco e il ritiro delle armi da entrambe le parti, discussioni sulla possibile autonomia per il Donbass, grazie e amnistia per i prigionieri di guerra, lo scambio degli ostaggi militari. Da allora le tensioni sono rimaste sempre presenti, senza però esplodere. Appunto, fino ad oggi.

 

In questi giorni Putin ha deciso di riconoscere l'indipendenza delle repubbliche separatiste ucraine, Lugansk e Donetsk, e come sappiamo stanotte le forze armate russe hanno varcato i confini dell’Ucraina, e le notizie si rincorrono, sempre più allarmanti. Quali sono i motivi per cui Putin ha deciso d’invadere l’Ucraina proprio in questo momento?

 

In primo luogo dobbiamo ricordare che in questo periodo l’Ucraina, con alcune manovre politiche, si è avvicinata all’Unione europea e persino alla Nato, la formazione atlantista composta dai paesi occidentali prima nemici dell’Unione Sovietica, ora della Russia. Secondo le valutazioni di Putin, se questo fosse accaduto la Russia avrebbe avuto alle porte il suo nemico giurato, gli Stati Uniti d’America. Inoltre Putin potrebbe voler misurare lo stato dell’Alleanza che potrebbe non essere più così salda, considerati anche i conflitti interni tra Germania e Francia sulle questioni energetiche, e soprattutto tra L’Europa e gli USA.

 

In secondo luogo Vladimir Putin, nell’ultimo anno, ha perso il 7% nell’indice di gradimento dei russi, e le manovre contro l’Ucraina sarebbero un modo per accattivarsi l’elettorato, da sempre fortemente nazionalista e imperialista. Inoltre i rischi della Russia in questa guerra potrebbero essere calcolati. Come sappiamo sono pronte delle sanzioni economiche a danno del paese invasore, ma queste non sarebbero tali da incidere sull’economia di Mosca. Essendo una grande esportatrice di gas, se l’Europa decidesse di privarsene la stessa Russia potrebbe rivendere il gas eccedente alla Cina, che ne ha un fabbisogno immenso. Inoltre le stesse sanzioni porterebbero all’aumento dei prezzi, e considerato che L’Europa non può privarsi del tutto del gas russo, alla fin fine l’inflazione determinerebbe un pareggio economico.

 

Per questo la strada delle sanzioni economiche non sarebbe produttiva. Potrebbero esserlo di più delle soluzioni diplomatiche, oppure un tempestivo intervento dell’ONU (non di singoli Stati), che respinga le forze russe al di là del Don o riescano a incentivare un rapido cessate il fuoco. In seguito le regioni che chiedono la separazioni potrebbero indire un referendum per essere annesse alla Russia, formando così stati cuscinetto da opporre a una possibile entrata dell’Ucraina prima nella Nato, e se le condizioni lo consentono nell’Unione Europea.

 

Vincenzo Maria D’Ascanio

giovedì 24 febbraio 2022

Gli Usa: invasione vicinissima Le truppe russe verso l'Ucraina


 


L'invasione su larga scala da parte della Russia potrebbe partire entro domani («48 ore», hanno detto ieri gli Stati Uniti) e l'Ucraina si prepara mobilitando i riservisti. Di fronte alla nuova allerta dell'intelligence americana,
secondo cui l'80% delle truppe di Mosca alle porte dell'Ucraina - tra 170 e 190 mila soldati stimati, alcuni ad appena cinque chilometri dal confine, e un arsenale che va dai missili balistici e da crociera all'artiglieria - è pronto all'azione, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato un decreto per richiamare in servizio con urgenza i militari in congedo tra i 18 e i 60 anni: un potenziale di circa duecentomila unità.

 

Una sfida a Vladimir Putin accompagnata dalla preparazione di uno stato d'emergenza per trenta giorni. L'appello ucraino «È arrivato il momento di reagire, di reagire con forza», perché «il destino dell'Europa si decide sul campo in Ucraina», ha scandito il leader di Kiev, rilanciando le ambizioni di adesione all'Ue e alla Nato. Un punto su cui il Cremlino non arretra, definendo gli interessi e la sicurezza della Russia «non negoziabili», pur dicendosi ancora «aperto al dialogo» e pronto a «soluzioni diplomatiche».

 

La "cyberguerra" Mentre l'Ucraina vede avvicinarsi lo spettro del conflitto e invita i suoi cittadini a lasciare «immediatamente» la Russia, dopo il riconoscimento da parte di Mosca delle repubbliche separatiste di Lugansk e Donetsk nel Donbass, con tanto di confini allargati rispetto alle porzioni di territorio attualmente in mano ai filorussi, a seminare il caos è intanto la cyberguerra strisciante da settimane, arrivata adesso a sabotare alcuni dei principali siti web istituzionali. Sotto attacco hacker sono finite le pagine del Parlamento ucraino, la Rada, del ministero degli Esteri e persino dei servizi di sicurezza, assieme a molte altre.

 

L'Alleanza atlantica Il fronte della Nato continua a lanciare allarmi («Putin sta muovendo forze aggiuntive e carri armati nei territori occupati del Donbass», denuncia il premier lettone Arturs Krisjanis Karins) e rafforzare le difese in caso di ulteriore escalation militare. E proprio in Lettonia il Pentagono ha deciso l'invio questa settimana di ottocento soldati della 173ma brigata aviotrasportata Usaf di stanza a Vicenza. Sul fianco est dell'Alleanza sono attesi anche otto F-35 e 20 elicotteri d'attacco Apache dalla Germania, mentre 12 elicotteri dello stesso tipo saranno spostati dalla Grecia in Polonia.

 

Secondo l'intelligence Usa, le forze di peacekeeping inviate da Mosca nel Donbass ammonterebbero a uno o due battaglioni tattici da circa 800 uomini ciascuno. Ma sul terreno si moltiplicano le segnalazioni di convogli con equipaggiamenti militari senza insegne visibili - come quelli impiegati in Crimea nel 2014 - che trasporterebbero tank e blindati d'assalto, mentre la Bild riferisce di circa 300 mezzi militari delle forze speciali Spetznaz senza segni distintivi, diretti verso le zone di confine. I capi separatisti, però, continuano a smentire piani d'attacco. «La presenza di truppe russe nel Donbass - ha assicurato il leader di Donetsk, Denis Pushilin - sarebbe possibile solo nel caso di un'offensiva da parte di Kiev».

 

La mobilitazione estera Le consultazioni tra le cancellerie sono costanti. Il segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, invoca il rispetto dei«principi della Carta Onu», e forte resta la mobilitazione dei leader occidentali, con due appuntamenti ai massimi livelli oggi: il G7 digitale nel pomeriggio, seguito in serata da un summit straordinario con i capi di Stato e di governo Ue a Bruxelles.

 

E mentre il presidente Usa, Joe Biden, annuncia sanzioni contro i dirigenti del gasdotto Nord Stream 2, appena bloccato da Berlino, il pacchetto di misure europee contro Mosca entrerà in vigore in queste ore e potrebbe essere accompagnato da ulteriori misure, oltre a quelle già varate da Usa, Regno Unito, Germania, Canada e Giappone. Un quadro in cui la vigilanza della Bce, temendo contraccolpi, ha avviato controlli per verificare la situazione delle banche più esposte verso la Russia.

 

Articolo “Unione Sarda” del 24.02.2022

Federico Marini

marini.federico70@gmail.com

skype: federico1970ca

 

mercoledì 23 febbraio 2022

Domus de Janas di Mesadda – Ruinas (Oristano). Natalia Guiso (Naty Guì Nuraviganne).


 

L'esplorazione con Nuraviganne questa volta ci porta a Ruinas. Con il mio socio esploratore decidiamo di visitare la stupenda domus de jana di Mesadda. Parcheggiata la macchina, aperto e richiuso il cancello a pochi metri, su un roccione vediamo lei, immersa nel verde. Il dromos massiccio, imponente, ci accompagna fino all'anticella che presenta incisioni di finte finestre, ricalcate con solchi profondi.

 

Presenti sul piano di calpestio, il focolare ed alcune coppelle, sembrerebbero essercene altre nel muro antistante. Oltrepassata la prima camera il portello è ben lavorato su entrambi i lati, alla base presenta un profondo solco per l'incasso del lastrone di chiusura, il soffito scolpito si intravede appena. La stanza è costituita sulla sinistra da un'altra camera, lateralmente sulla destra è presente una colonna spezzata in due, nella parte superiore incisa una bellissima protome, forse stilizzata, la cella è piena di terriccio.

 

Ad un certo punto, un fascio brillante di luce e polvere illumina la camera, sembra creato da particelle d'oro e argento, a terra il riflesso generato, è fortissimo, incredibilmente bello ed emozionante. Tornati nella prima camera per fare delle foto al soffitto, poggiamo il telo per terra, mi pongo pancia all'aria sguardo in alto, ma in mezzo secondo la fotografia passa in secondo piano, sto lì a fissarlo da quel punto di vista, imbambolata, ipnotizzata, incredibile la sensazione, il soffitto architravato, i travetti sembrano propagarsi come se fossero dei raggi del sole che si irradiano fino a racchiudersi in una sorta di cerchio ovalizzante inciso, sensazione indescrivibile . Ufficialmente rappresentano il soffitto di una capanna ma a me per un attimo è sembrato l'universo ...🌛🌜🌝⭐🐞🌸🍀

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Natalia Guiso (Naty Guì Nuraviganne)

















Genova è libera!

  (23 Aprile1945) Il CLN delibera l'avvio popolare per l’insurrezione, al fine di liberare la città di Genova dai nazifascisti . Il Comi...