martedì 10 agosto 2021

L’Anniversario di un massacro: Bronte. Di Francesco Casula.


 

Il 10 agosto del 1860 a Bronte (cittadina siciliana in provincia di Catania) ci fu un eccidio. In seguito a una rivolta e per aver creduto alle promesse di Garibaldi, l'avvocato Nicolò Lombardo (che, acclamato sindaco dopo l'eccidio, era stato additato come capo della rivolta), insieme con altre quattro persone: Nunzio Ciraldo Fraiunco, Nunzio Longi Longhitano, Nunzio Nunno Spitaleri e Nunzio Samperi, furono fucilati e i loro cadaveri furono lasciati esposti al pubblico insepolti.

 

E’ un corposo e significavo episodio della “liberazione” del Sud da parte dei sabaudi e di Garibaldi: il più grande mistificatore del Pianeta... Che i libri di storia e l’italica letteratura, descrivono e raccontano come colui che ” «Affrancò milioni d’italiani dalla tirannia dei Borboni […] Quando gettava un grido di guerra, legioni di valorosi accorrevano da lui da ogni parte […] Era forte biondo bello. Sui campi di battaglia era un fulmine, negli affetti un fanciullo, nei dolori un santo» (De Amicis, Cuore, Garzanti, Milano, 1967, pagina 176) E le stragi, i massacri, le devastazioni compiute, in nome dell'Unità d'Italia, nella conquista, manu militari, del Sud da Garibaldi o comunque in nome e per conto di Garibaldi? Taciute. Nascoste.

 

Per ristabilire, con un minimo di decenza un po’ di verità storica occorrerebbe, messa da parte l’agiografia e l’oleografia patriottarda, andare a spulciare fatti ed episodi che hanno contrassegnato, corposamente e non episodicamente, il Risorgimento e Garibaldi: Bronte, dicevo e Francavilla per esempio, e decine di altri episodi. Che non sono si badi bene, episodi né atipici né unici né lacerazioni fuggevoli di un processo più avanzato. Ebbene, a Bronte come a Francavilla e in moltissime altre località, vi fu un massacro, fu condotta una dura e spietata repressione nei confronti di contadini e artigiani, rei di aver creduto agli Editti Garibaldini del 17 Maggio e del 2 Giugno 1860 che avevano decretato la restituzione delle terre demaniali usurpate dai baroni, a chi avesse combattuto per l’Unità d’Italia.

 

Così le carceri di Franceschiello, appena svuotate, si riempirono in breve e assai più di prima. La grande speranza meridionale ottocentesca, quella di avere da parte dei contadini una porzione di terra, fu soffocata nel sangue e nella galera. Così la loro atavica, antica e spaventosa miseria continuò. Anzi: aumentò a dismisura. I mille andarono nel Sud semplicemente per “traslocare” manu militari, il popolo meridionale, dai Borboni ai Piemontesi. Altro che liberazione!

 

Francesco Casula

Storico e saggista della cultura sarda.

 

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