Il
10 agosto del 1860 a Bronte (cittadina siciliana in provincia di Catania) ci fu
un eccidio.
In seguito a una rivolta e per aver creduto alle promesse di Garibaldi, l'avvocato
Nicolò Lombardo (che, acclamato sindaco dopo l'eccidio, era stato additato come
capo della rivolta), insieme con altre quattro persone: Nunzio Ciraldo
Fraiunco, Nunzio Longi Longhitano, Nunzio Nunno Spitaleri e Nunzio Samperi,
furono fucilati e i loro cadaveri furono lasciati
esposti al pubblico insepolti.
E’ un
corposo e significavo episodio della “liberazione” del Sud da parte dei sabaudi
e di Garibaldi: il più grande mistificatore del Pianeta... Che i libri di
storia e l’italica letteratura, descrivono e raccontano come colui che ”
«Affrancò milioni d’italiani dalla tirannia dei Borboni […] Quando gettava un
grido di guerra, legioni di valorosi accorrevano da lui da ogni parte […] Era
forte biondo bello. Sui campi di battaglia era un fulmine, negli affetti un
fanciullo, nei dolori un santo» (De Amicis, Cuore, Garzanti, Milano, 1967,
pagina 176) E le stragi, i massacri, le devastazioni
compiute, in nome dell'Unità d'Italia, nella conquista, manu militari, del Sud
da Garibaldi o comunque in nome e per conto di Garibaldi? Taciute. Nascoste.
Per
ristabilire, con un minimo di decenza un po’ di verità storica occorrerebbe,
messa da parte l’agiografia e l’oleografia patriottarda, andare a spulciare
fatti ed episodi che hanno contrassegnato, corposamente e non episodicamente,
il Risorgimento e Garibaldi: Bronte, dicevo e Francavilla per esempio, e decine
di altri episodi. Che non sono si badi bene, episodi né
atipici né unici né lacerazioni fuggevoli di un processo più avanzato.
Ebbene, a Bronte come a Francavilla e in moltissime altre località, vi fu un
massacro, fu condotta una dura e spietata repressione nei confronti di
contadini e artigiani, rei di aver creduto agli Editti Garibaldini del 17
Maggio e del 2 Giugno 1860 che avevano decretato la restituzione delle terre
demaniali usurpate dai baroni, a chi avesse combattuto per l’Unità d’Italia.
Così le
carceri di Franceschiello, appena svuotate, si riempirono in breve e assai più
di prima. La grande speranza meridionale ottocentesca,
quella di avere da parte dei contadini una porzione di terra, fu soffocata nel
sangue e nella galera. Così la loro atavica, antica e spaventosa miseria
continuò. Anzi: aumentò a dismisura. I mille andarono nel Sud semplicemente per
“traslocare” manu militari, il popolo meridionale, dai Borboni ai Piemontesi.
Altro che liberazione!
Francesco Casula
Storico e saggista della cultura sarda.
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