lunedì 27 settembre 2021

(27 Settembre 1964) Vengono pubblicati i risultati dell’indagine della Commissione Warren


 

(27 Settembre 1964) Vengono pubblicati i risultati dell’indagine governativa realizzata dalla Commissione Warren sull’assassinio del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy. La commissione stabilisce che il presidente è stato ucciso dalla mano di Lee Harvey Oswald. Lo scetticismo con cui l’opinione pubblica mondiale accoglie i risultati, costringono il presidente Gerald Ford a nominare una seconda commissione nel 1976, la United States Select House Committee on assasinations, la quale ipotizzerà che Oswald abbia fatto parte di una più vasta cospirazione i cui membri tuttavia non furono identificati.

 

Dopo il suo arresto, il 24 novembre, nei sotterranei della centrale di polizia di Dallas, mentre veniva trasferito alla prigione della contea Lee Harvey Oswald fu ucciso da Jack Ruby, che dichiarò di aver agito per vendicare la morte di Kennedy. Tuttavia Ruby era membro della mafia italoamericana, e ciò diede adito alla teoria del complotto, secondo cui era necessario zittire Oswald, che in realtà sarebbe stato un agente segreto con ruoli riconosciuti anche nell'IDEA, poi richiamato in patria per infiltrarsi tra gli esuli cubani, che accusavano NFL di non aver intrapreso l'operazione "Mangusta". In realtà, questa fu bloccata in seguito agli accordi scaturiti dalla crisi dei missili.

 

In due interviste, nel 1994 a Bob Vernon e nel 2003 a Jim Marrs e Wim Dankbaar, un certo James Files, mafioso informatore della CIA, rivelò di essere il vero cecchino dell'attentato a Kennedy insieme a Charles Nicoletti, un altro mafioso italo-americano. Lui era appostato sulla collinetta di Grassy Knoll in Dealey Plaza e sparò con una pistola Remington XP-100 "Fireball" caricata con un proiettile con l'ogiva rivestita di mercurio, mentre Nicoletti era al quinto piano del Dal-Tex Building (il deposito di libri da dove sparò Oswald). L'operazione Kennedy sarebbe stata pianificata dalla CIA e dal boss della malavita di Chicago Sam Giancana. Lee Harvey Oswald faceva parte del progetto, ma come capro espiatorio.

 

Nel 2004 arrivarono altre due testimonianze: quella E. Howard Hunt e quella di Madeleine Duncan Brown. Il primo registrò un nastro audio e la seconda un video che combaciano su molti punti e avvalorerebbero la tesi complottista. Howard Hunt, un agente della CIA, imputato anche nel caso Watergate, fece la sua confessione al figlio in punto di morte facendogli ritrovare la sua testimonianza in una traccia audio.

 

Nelle sue rivelazioni l'ex agente segreto fa i nomi di Mary Pinchot Meyer e nomi di numerosi individui con legami diretti o indiretti con la CIA. Tutti avrebbero avuto un ruolo nell'omicidio Kennedy: addirittura il vicepresidente (poi eletto presidente) Lyndon B. Johnson, futuro Presidente USA. Questo non approvava la decisione di Kennedy, di voler ritirare le truppe del fango del Vetnam, anche perché questa decisione avrebbe compromesso i suoi affari nell'industria delle armi. Ad avvalorare le dichiarazioni di Hunt (e, quindi, la sua presenza in Dealey Plaza il giorno dell'assassinio di Kennedy), è la stretta somiglianza con uno dei tre vagabondi fermati subito dopo l'omicidio di Kennedy e poi rilasciati.

 

Sempre recentemente, l'ex amante di Lyndon Johnson, Madeleine Duncan Brown, in una intervista video ha rivelato di aver saputo del complotto il giorno precedente al delitto e che Johnson ne faceva parte. Una seria indagine fu quella del procuratore di New Orleans Jim Garrison, che contestò il verdetto della commissione Warren (La sua storia fu oraccontata da O. Stone nel film JFK, un caso ancora aperto).

 

Harrison dimostrò che tutti i componenti della Commissione Warren erano legati alla CIA ed agli ambienti militari. Dimostrò con certezza che gli spari su Kennedy giunsero da tre posizioni diverse, è sopratutto che E.L. Oswald non poteva colpire il presidente da quella distanza, anche perché coperto degli alberi.

 

Indubbiamente la morte di Kennedy faceva comodo a molti, alla CIA, alla mafia, a chi voleva bloccare la sua politica antirazziale, all'FBI, ai ricchi produttori di armi. È certo, comunque, che il successore di Kennedy cambiò radicalmente linea politica, continuando il lavorio anti Fidel Castro, interrompendo qualsiasi dialogo con l'URSS, continuando la guerra in Vietnam, lasciando in pace la CIA e i banchieri statunitensi.

 

Quando lo "spettro" di un nuovo Kennedy, Bob, si riaffacciò sulla scena della carica presidenziale, un nuovo omicidio chiuse la vicenda. Ritornano alla mente le parole pronunciate da John Kennedy in un incontro pubblico: "Chi ha cercato stupidamente di ottenere il potere cavalcando la tigre ha finito per esserne divorato." E JFK, che cercò di domare quelle tigri che volevano conservare il proprio potere, finì sbranato.

 

Sa Babbaiola

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