(20 Settembre
1999) Una missione di pace dei Caschi Blu dell’Onu viene inviata a Timor Est
(nazione del Sudest asiatico) nel tentativo di ristabilire l’ordine nel
territorio martoriato da una ventennale guerra civile, scoppiata dopo che Timor Est, dichiarata nel 1975 l’indipendenza dal Portogallo,
era stato invaso e occupato dall’Indonesia, che nel 1976 ne aveva
proclamato l’annessione, provocando una sanguinosa rivolta delle popolazioni
locali. La forza militare Onu include 200 italiani.
La
crisi di Timor Est cominciò con attacchi di anti-indipendentisti contro la
popolazione civile, per poi degenerare in atti di violenza indiscriminati
nell'intero paese, in particolare nella sua capitale Dili. La
violenza scoppiò quando la maggior parte dei cittadini votanti scelse
l'indipendenza dall'Indonesia attraverso il referendum. Si stima che circa
1.400 civili siano stati uccisi, ma mentre l'Indonesia veniva condannata a
parole, proseguiva indisturbata la vendita di armi al regime, e si rafforzavano
i legami economici tra Giacarta e gli Stati Uniti.
L'offensiva
condotta dall'esercito invasore puntava decisamente all'annientamento di Timor
Est, nel tentativo di ridurne la popolazione massacrandola a più riprese,
provocando carestie ed arrivando addirittura alla limitazione delle nascite
tramite la sterilizzazione forzata delle donne. Si
procedette alla distruzione ragionata del sistema agricolo e intere
famiglie di contadini, che prima abitavano sparsi sul territorio e sulle
montagne, furono trasferite in villaggi strategici per essere meglio
controllate ed affamate.
I
timoresi, anche se più volte sconfitti, perseverano nella resistenza. D'altro
canto l'esercito indonesiano non fu in grado di risolvere militarmente la
situazione. Intanto le autorità indonesiane procedevano anche a una vasta opera
di infiltrazione etnica spostando masse di contadini poveri da Bali e Giava
sulle migliori terre sottratte ai timoresi, nel tentativo palese di rendere il
popolo autoctono una minoranza sulla propria stessa terra. Gli occupanti
tentarono inoltre di offrire posti di lavoro in altre isole dell'arcipelago al
fine di disperdere il più possibile la popolazione timorese ma, quando ciò non
risultò sufficiente, ricorse senza remore alla deportazione di massa.
Ad ogni
modo, le sempre più frequenti rivolte della popolazione di Timor Est in nome
della libertà e l'assegnazione del premio Nobel per la pace, nel 1996, al
vescovo Carlos Ximenes Belo e al leader storico della resistenza
indipendentista José Ramos-Horta, hanno portato a un cambiamento della
situazione e a un intervento più diretto dell'Onu, che s’impegnò a proclamare
il referendum.
Questo,
svoltosi il 30 agosto sotto il controllo di una missione delle Nazioni Unite e
composta da osservatori internazionali, vide la
vittoria degli indipendentisti con una maggioranza schiacciante (78.5%), rifiutando
l'offerta di costituire una provincia autonoma dell'Indonesia, denominata
Regione Autonoma Speciale di Timor Est.
Subito
dopo quest'evento, la Milizia di Timor-Est favorevole all'integrazione,
supportata dalle forze militari indonesiane, cominciò una campagna di violenze
e guerriglia contro la popolazione civile. All'incirca 1.400 civili furono
uccisi e 300.000 furono condotti a forza nella zona occidentale dell'isola come
rifugiati. Secondo Noam Chomsky: «Queste massicce operazioni militari uccisero
circa 2.000 persone, violentarono centinaia di donne e ragazze, sfollarono tre
quarti della popolazione e demolirono il 75% delle infrastrutture del paese».
Il
20 settembre 1999 le forze internazionali per il mantenimento della pace a
Timor Est si dispiegarono nel Paese e misero fine alle violenze. Gli
attivisti di diversi paesi tra cui Portogallo, Australia e Stati Uniti spinsero
i rispettivi governi a prendere parte alla trattativa con l'Indonesia, grazie
all'aiuto di aiuti concessi dal Fondo Monetario Internazionale per fare fronte
alla crisi finanziaria asiatica.
Nell’Ottobre
del 1999 le Nazioni Unite assunsero l'amministrazione di Timor Est con la
United Nations Transitional Administration in East Timor (UNTAET) che
amministrò il Paese per un periodo di circa due anni, al
termine del quale il controllo passò alle nuove autorità di Timor Est, che il
20 maggio 2002 proclamò la sua indipendenza.
Sa Babbaiola
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