lunedì 18 ottobre 2021

La camorra uccide il giornalista Giancarlo Siani. Di Vincenzo Maria D’Ascanio.


 


Il 23 settembre del 1985 il clan camorrista dei Nuvoletta uccide il giornalista Giancarlo Siani, cronista di soltanto 26 anni. Il suo corpo è stato trucidato con numerosi colpi di pistola, per poi essere trovato dalla Polizia dentro la sua auto, in piazza Leonardo, al Vomero (Napoli) Siani denuncia dalle colonne del “Mattino di Napoli” l’attività di alcune cosche criminali e la loro espansione economica ottenuta sfruttando gli intrecci politica-camorra in modo da usufruire dei miliardi devoluti alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 1980. Marco Risi gli ha dedicato il film «Fortapàsc», interpretato dal compianto attore Libero di Rienzo, morto quest’estate a Roma.

 

Giancarlo, aderente alla sinistra studentesca e fin dal liceo interessato alle problematiche dell’emarginazione sociale come area di arruolamento di manodopera per la criminalità organizzata, durante gli studi universitari inizia la collaborazione con alcuni periodici napoletani, lavorando nella redazione dell’Osservatorio sulla Camorra e quindi come corrispondente da Torre Annunziata per il quotidiano Il Mattino. Dopo due mesi di lavoro stava per ottenere il contratto d'assunzione come redattore, ma i killer erano già in agguato. Il cronista sino a qualche minuto prima di morire era alla scrivania, a concludere il suo ultimo articolo apparso sul Mattino.

 

È il 22 settembre del 1985 quando Siani scrive l'articolo dal titolo "Nonna manda il nipote a vendere l'eroina". Ecco la prima parte: "Mini-corriere" della droga per conto della nonna: dodici anni, già coinvolto nel "giro" dell'eroina. Ancora una storia di "muschilli", i ragazzi utilizzati per consegnare le bustine. Questa volta ad organizzare il traffico di eroina era una "nonna-spacciatrice". Era lei a tenere le fila della vendita con altre due persone ed il nipote. La casa-basso nel centro storico di Torre Annunziata era diventata il punto di riferimento per i tossicodipendenti della zona. Al ragazzo il compito di portare le dosi ed incassare i soldi. A scoprire il traffico di droga sono stati i carabinieri della Compagnia di Torre Annunziata che hanno arrestato la donna, Maria Cappone, sessant'anni e Luigi Cirillo, di 34 anni, anche lui coinvolto nel "giro".

 

Attento osservatore del fenomeno camorristico, che proprio in quegli anni si sta rinforzando e soprattutto organizzando sul territorio, ha maturato attraverso tali conoscenze una consapevolezza civile che lo ha spinto a denunciare l'espansione dell'impero dei boss locali e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto politico sopratutto il relazione alla gestione del territorio di Torre Annunziata. L’uccisione di Siani, per la quale sono state condannate in via definitiva sei persone tra mandanti ed esecutori, sembra essere stata decisa dalla camorra a seguito della pubblicazione di un articolo in cui il giornalista aveva smascherato scontri e alleanze tra clan, Questo è l’incipit dell’articolo che avrebbe determinato la decisione di condannare a morte quel giornalista scomodo, che faceva troppe domande:

 

"Potrebbe cambiare la geografia della camorra dopo l'arresto del super latitante Valentino Gionta. Già da tempo, negli ambienti della mala organizzata e nello stesso clan dei Valentini di Torre Annunziata si temeva che il boss venisse «scaricato», ucciso o arrestato. Il boss della Nuova famiglia che era riuscito a creare un vero e proprio impero della camorra nell'area vesuviana, è stato trasferito al carcere di Poggioreale subito dopo la cattura a Marano l'altro pomeriggio. Verrà interrogato da più magistrati in relazione ai diversi ordini e mandati di cattura che ha accumulato in questi anni. I maggiori interrogativi dovranno essere chiariti, però, dal giudice Guglielmo Palmeri, che si sta occupando dei retroscena della strage di Sant'Alessandro.

Dopo il 26 agosto dell'anno scorso il boss di Torre Annunziata era diventato un personaggio scomodo. La sua cattura potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra con l'altro clan di «Nuova famiglia», i Bardellino. I carabinieri erano da tempo sulle tracce del super latitante che proprio nella zona di Marano, area d'influenza dei Nuvoletta, aveva creduto di trovare rifugio. Ma il boss di Torre Annunziata, negli ultimi anni, aveva voluto «strafare»."

 

 

Il 15 aprile del 1997 la seconda sezione della corte d'assise di Napoli condannò all'ergastolo i mandanti dell'omicidio (i fratelli Lorenzo e Angelo Nuvoletta, e Luigi Baccante) e i suoi esecutori materiali (Ciro Cappucci e Armando Del Core). In quella stessa condanna appare, come mandante, anche il boss Valentino Gionta. La sentenza è stata confermata dalla Corte di Cassazione, che tuttavia dispose per Valentino Gionta il rinvio ad altra Corte di Assise di Appello: si è svolto un secondo processo di appello che il 29 settembre del 2003 l'ha nuovamente condannato all'ergastolo, mentre il giudizio definitivo della Cassazione lo ha definitivamente scagionato per non aver commesso il fatto.

 

Nel 2014 un libro-inchiesta del giornalista napoletano Roberto Paolo ha sollevato dubbi sui reali esecutori dell'omicidio e ha indicato i nomi di altri mandanti ed esecutori. Sulla base di queste rivelazioni, l'allora coordinatore della Direzione antimafia della Procura di Napoli, Giovanni Melillo, ha riaperto le indagini sull'omicidio Siani: il fascicolo è affidato ai sostituti procuratori Enrica Parascandolo e Henry John Woodcock. Il fratello di Siani, Paolo, unico rimasto in vita della famiglia Siani, ricorda il fratello come un ragazzo carismatico, capace di grandi sacrifici, ma anche come una persona solare, pronta a dare sostegno; e in un'intervista egli afferma: “Di noi due, insieme, conservo l'immagine di una giornata a Roma, a una marcia per la pace. Io col gesso che gli dipingo in faccia il simbolo anarchico della libertà. E lui che mi sorride.”

 

Vincenzo Maria D’Ascanio.

Editor edizioni Sa Babbaiola

https://www.facebook.com/sababbaiola1984

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