La
brava e bella attrice sarda Caterina Murino, intervistata da una TV, (il 30
agosto 2015) alla domanda della conduttrice: “È vero che tu non ti consideri
Italiana?” risponde: ”assolutamente, non sono Italiana sono Sarda”. In realtà l’affermazione della Murino può sorprendere solo
chi si attarda a confondere Stato con Nazione. Noi infatti siamo
cittadini italiani – sia pure obtorto collo e senza avere mai scelto di esserlo
– ma di nazionalità sarda.
Oltretutto
il “sentimento” della Murino è largamente presente fra i sardi: alla faccia di
chi ha sempre tentato di “snazionalizzarci”, privandoci della nostra Identità.
Come Sardi intendo. Ricordo che nel 2012, in un sondaggio (curato
dall'Università di Cagliari e da quella di Edimburgo e finanziato dalla Regione
sarda, circa l'atteggiamento dei Sardi nei confronti della propria identità)
era emerso che il 27% si sente sardo e non italiano;
il 38% più sardo che italiano; il 31% tanto l'uno che l'altro e solo il 3% più
italiano che sardo e l'1% esclusivamente italiano.
Ma si tratta solo di un “sentimento”, di un “umore”? O, meglio, di
un ri-sentimento e di un mal-umore nei confronti dello Stato italiano, storicamente ostile nei confronti dell’Isola? O sta
maturando una nuova consapevolezza e coscienza della propria “diversità” e
“specificità” e persino dell’essere “Nazione”? Io credo di sì. E viene da
lontano. La Sardegna, storicamente, è entrata, coattivamente, nell’orbita
italica – a parte la parentesi pisana e genovese nei secoli XI-XIII – solo agli
inizi del 1700 quando viene ceduta al Piemonte, per un baratto di guerra.
Per
il resto ha avuto una etno-storia, peculiare e dissonante rispetto alla coeva
storia italiana ed europea. L’espressione “nazione sarda” comincia a ricorrere
con frequenza e poi sempre più insistentemente in documenti (trattati e carte
diplomatiche) che accompagnano le relazioni e i conflitti fra il Giudicato di
Arborea e il regno d’Aragona. L’uso del termine nazione
sarda è comprovato dalle carte della corona di Arborea e sarà alla base di quel
monumento storico, giuridico e linguistico della Carta de Logu.
La lotta sanguinosa fra naciò sardesca e naciò catalana non si può
però considerare chiusa con la battaglia di Sanluri: infatti,
affermatosi definitivamente il dominio aragonese a seguito della sconfitta
dell’ultimo marchese di Oristano Leonardo Alagon, la contrapposizione fra naciò
sarda e naciò catalana non scompare. L’intellighenzia isolana, dal canto suo,
se una parte rimane accecata di fronte agli splendori dell’impero spagnolo e da
ascara si prostra servilmente ad esso ed evita con grande cura lo stesso
termine di nazione sarda, il poeta Araolla alle lingue castigliana e catalana
contrappose la lingua sarda con cui si inizia a delineare un embrionale
coscienza del rapporto fra nazione e lingua.
Che sarà ancor più forte nello scrittore Gian Matteo Garipa: “Totas
sas nationes iscrien & istampan libros in sas proprias limbas naturales
insoro… disijande eduncas de ponner in platica s’iscrier in sardu pro utile de
sos qui non sun platicos in ateras limbas, presento assos sardos compatriotas
mios custu libru”. Invito a notare i termini, estremamente chiari e
significativi: parla di lingua naturale – oggi diremmo materna – che tutte le
nazioni, compresa la sarda, hanno il diritto-dovere di utilizzare per
rivolgersi ai “compatrioti”, ovvero ai sardi, abitanti dunque della stessa
“patria”.
Ma è soprattutto alla fine del ‘700, nel vivo dello scontro politico
e sociale che prende sempre più corpo l’idea di nazione sarda. Ad
iniziare dal triennio rivoluzionario che vedrà protagonista principale Giovanni
Maria Angioy quando i Sardi, prendono coscienza di sé e del proprio essere
“popolo” e “nazione”, prima quando si battono con
successo contro l’invasione francese poi quando cacciano i piemontesi da
Cagliari il 28 Aprile 1794. Il senso di “appartenenza” e di “nazione
sarda” sarà fortemente presente nella stampa e negli scritti di quel periodo di
grandi cambiamenti. Ancor più forte sarà il sentimento di “popolo sardo” e di
“comunità nazionale” nell’Inno di Francesco Ignazio Mannu Su patriota sardu a
sos feudatarios , in cui l’istanza dell’abolizione del giogo feudale si coniuga
con un atteggiamento anticoloniale e un sentimento nazionale sardo.
E
ancor più chiaramente tale “Identità sarda” emerge nel Memoriale di Angioy in
cui l’Alternos cerca di cogliere e di interpretare i tratti distintivi,
peculiari e originali della individualità sarda, cominciando dal quadro
geografico e morfologico, proseguendo con cenni sugli usi, i costumi, le
tradizioni, i rapporti comunitari. Con l’approdo dell’esperienza e della
riflessione angioyna nell’esilio parigino a una repubblica sarda indipendente.
L’ingresso della Sardegna nella compagine statale unitaria, la conseguente
imposizione dell’uniformiamo centralistico da parte dello Stato italiano non
porta alla completa omologazione o alla scomparsa di quella forte
caratterizzazione individuale dell’Isola che viene messa in rilievo soprattutto
nella memorialistica della seconda metà dell’Ottocento.
Ma
che soprattutto emergerà sul fronte nel primo conflitto mondiale con la Brigata
Sassari. A questo proposito infatti – scrive Lilliu –
“Forse sarebbe utile approfondire l’analisi delle gesta belliche della Brigata
Sassari nella penultima grande guerra, demitizzandola nel ruolo
assegnatole dalla politica e dalla storiografia nazionalistica e fascista, di
fedele e strenuo campione di amor patrio italiano (vedi l'Inno di Angius,
"Cunservet Deus su re"). Resistendo sui monti del Grappa, guidati e
formati ideologicamente da ufficiali, come Lussu,
nei quali urgevano violentemente, sino a forme ritenute quasi di
indipendentismo, le istanze dell’autonomia isolane, i fanti della Brigata,
combattendo contro lo straniero austro-ungarico-tedesco, riassumevano tutti gli
antichi combattimenti contro tutti gli stranieri conquistatori colonizzatori e
sfruttatori della loro terra, comprendendo fra essi, forse gli stessi
“piemontesi”, fondatori dello stato centralista e unitarista italiano. In tal
senso, il momento della Brigata, può essere ritenuto una trasposizione in suolo
nazionale della resistenza sarda di secoli”.
Francesco Casula
Storico
e saggista della cultura sarda.
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