Da
tempo i giornali sardi riportano brillanti operazioni delle forze di polizia
con sequestri di ingentissimi quantitativi di marijuana. Ciò che non viene
detto - e che emergerà troppo tardi a seguito di lunghissimi processi - è che la quasi totalità delle piante in questione non sono in
realtà stupefacenti ma legalissime piante di Cannabis Sativa L.
Ma allora, se sono legali, perché vengono sequestrate? La legge n.
242/2016, emanata al fine di incentivare la coltivazione di cannabis sativa,
non prevede la possibilità per i canapicoltori di compiere una attività di
lavorazione delle piantine. In poche parole la norma
permette esclusivamente di coltivare le piante ma non essiccarle, sbocciolarle
o conciarle e rivenderle al dettaglio.
Queste
attività, ad esclusione della mera coltivazione, sono punibili ai sensi della
legge 309/90 ovvero la norma sugli stupefacenti, qualora a seguito di un
processo penale si dimostri che la sostanza contenuta nelle piantine abbia
efficacia drogante.
Ad
aggravare la condizione dei coltivatori è stata l’incertezza da parte della
giurisprudenza che per un periodo ha interpretato la norma in modo estensivo,
permettendo ai coltivatori di chiudere la filiera e quindi anche essiccare le
piante e rivenderne i “frutti”. Successivamente però la sentenza della Corte di
Cassazione a sezioni unite del 2019 ha di nuovo stretto le maglie ed
interpretato rigidamente la norma, consentendo alle
Procure sarde di sequestrare tutto preventivamente.
I
sequestri preventivi sono una mazzata per questo settore, perché le piante se
non accudite deperiscono nel giro di pochissimi giorni ed alla fine del
processo, quando si dimostra l’innocenza di chi
coltivava perché le piante appunto non hanno una efficacia drogante, il
raccolto è definitivamente perso.
Alcune sentenze hanno riconosciuto il diritto, dopo l’assoluzione,
di presentare domanda di indennizzo che però arriva dopo anni e con un ingente
anticipazione di spese per il soggetto colpito. La Regione Sarda non ha
provveduto a estendere la possibilità per i coltivatori di lavorare le piante,
perciò ora si vengono a creare delle situazioni paradossali. La canapa infatti
può essere coltivata in Sardegna, ma non può essere in alcun modo trasformata,
né a partire dall’essicazione per proseguire col trasporto e la vendita, perché
in assenza di supporto normativo viene intravisto dalle solertissime forze di
polizia il reato di traffico di stupefacenti. Anche se non hanno una quantità
di principio attivo sufficiente per poterle definire tali.
L’unica alternativa a questa situazione è la vendita diretta alle
aziende farmaceutiche, che si occupano loro stesse, con tutte le autorizzazioni
del caso, di venire in Sardegna, estirpare e trasportare fuori dalla Sardegna
il prodotto. Pagandolo una miseria.
Infatti
ciò che a primo acchito sembra una questione giuridica è in sostanza una questione
economica. Alcune regioni – tra cui Piemonte e
Lombardia– hanno provveduto a colmare il buco normativo stabilendo delle
procedure di trasporto, trasformazione e vendita del prodotto.
Ciò
determina una situazione di chiaro stampo coloniale che pesa su migliaia di
piccoli e grandi produttori sardi: possono infatti vendere il prodotto alle
case farmaceutiche o alle ditte esterne alla Sardegna, ma solo come materia
prima. La lavorazione, che impiega migliaia di
lavoratori e genera un aumento del profitto di parecchie centinaia di volte,
avviene sempre e solo in Italia, replicando anche in questo campo quella
tipica situazione coloniale che ben conosciamo in tanti altri settori economici
e che frena lo sviluppo delle potenzialità della Sardegna.
Mentre
tantissimi onesti lavoratori sardi stanno finendo in carcere, e mentre
parecchie tonnellate di prodotto marciscono irrimediabilmente nei depositi
giudiziari, causando il tracollo economico di tantissime famiglie, la Giunta
Solinas dorme. Proprio ora che finalmente i giovani sardi stanno tornando a
lavorare la terra e che stanno restando qui per lavorare anziché emigrare,
proprio ora che si stava cercando di mettere in atto quella tanto decantata
“diversificazione” produttiva, si ritrovano abbandonati dalle istituzioni
regionali e rovinati dalla perdita della merce e dalle ingentissime spese
giudiziarie.
A
nulla è valsa la presentazione di una mozione presentata a maggio del 2021 da
alcuni consiglieri regionali del centrosinistra, in cui si chiedeva appunto che
la Regione superasse questa confusione normativa e dettasse delle regole
chiare, attivandosi anche nei confronti del Governo al fine di chiarire le
modalità e i limiti per la coltivazione, trasformazione, commercializzazione ed
utilizzo della canapa.
Sarebbe molto interessante sapere perché un presidente di Regione
evita di dare pieno supporto alla produzione di un prodotto di altissima
qualità, che in Sardegna trova il suo clima e terreno ideale, e che porterebbe
grande occupazione e ingentissimi guadagni. E’ accertato che la Sardegna
produca la migliore qualità di cannabis di tutta Europa, e mentre ovunque
ricavano centinaia di milioni di euro da qualità inferiori, i produttori sardi
vanno in carcere. Sarebbe utile capire il perché Solinas sembri non voler in
alcun modo disturbare gli interessi dei produttori nord italiani.
In
attesa di capire quali motivi si celino dietro questa insistente indifferenza, CHIEDIAMO A TUTTI I CITTADINI SARDI DI FIRMARE per chiedere
al presidente Solinas di procedere immediatamente alla compensazione normativa che
possa assicurare legalmente anche il trasporto, la trasformazione e la
commercializzazione della “Cannabis Sativa L” in Sardegna.
Firma
qui: https://www.change.org/RegoleChiare-CanapaSarda
Liberu –
Lìberos Rispetados Uguales
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