C'è chi aspetta da giorni la visita dell'Ats,
c'è chi invece ha fatto tutto da solo utilizzando test rapidi di autodiagnosi o
prenotando i tamponi molecolari da strutture pubbliche o private, c'è chi è
stato contattato per il primo test e dimenticato per il secondo ma c'è chi fa
finta di nulla in attesa di essere tracciato dall'Ats. Le lamentele arrivano a
pioggia, come se fossero dispensate da un irrigatore. Molti improvvisano, altri
si smarriscono davanti alla profilassi ma tutti si lamentano. E con un altissimo
numero giornaliero di contagi, c'è anche un fisiologico ritardo nei protocolli di tracciamento. Una seccatura che, in molti casi, potrebbe risolversi semplicemente
seguendo le regole.
L'appello di Ats. Con quasi 600mila positivi in tutto il
Paese, e un numero imprecisato di quarantene attualmente attive, seguire le
regole è l'unico modo per essere tracciati e, dunque, per ridurre la diffusione
del contagio. Eppure, ultimamente sembrano saltate anche le regole
che prima si
seguivano passo dopo passo: «Sono
stupito, ad un anno e mezzo di distanza sono pochi quelli che seguono la
procedura corretta - spiega Massimo Temussi, commissario dell'Ats -. Molti mi
hanno chiesto spiegazioni, spesso dopo aver effettuati esami in strutture
pubbliche o private, come le farmacie. Il problema è che il tracciamento dei contatti
parte dopo la segnalazione al medico di famiglia. Senza questo passaggio, Ats non può essere
informata delle positività. Chiaramente,
con 500 contagi al giorno la procedura diventa più complessa, sicuramente più
lenta ma comunque resta attiva. Se qualcuno buca la procedura, come sta
accadendo in troppi casi in questi giorni, diventa tutto impossibile».
Tra i contagi, o tra i contatti stretti dei
positivi, ci sono molti sardi emigrati all'estero e rientrati nell'isola per
trascorrere le feste in famiglia. Tutta gente che non ha il medico di famiglia:
«In quel caso si comunica la positività, o il contatto stretto con un positivo,
direttamente all'Igiene pubblica e si attende l'arrivo dell'Usca», conclude
Temussi.
Positivi abbandonati. Quando il sistema non funziona, c'è il rischio
di finire nel limbo delle attese infinite. È il
caso di uno dei tanti sardi che vive le festività natalizie in quarantena. Lui, un emigrato, che preferisce restare anonimo, arrivato nel
cagliaritano dal nord Europa per le feste di fine anno, il protocollo l'ha seguito, è stato contattato da Ats per il primo tampone
molecolare, sfortunatamente positivo, e poi è finito nel limbo delle attese.
Ma non solo: «Trascorsa una settimana dal primo test, nonostante le diverse segnalazioni che ho effettuato tramite il
centralone Ats e via mail, nessun operatore, ad oggi, si è premurato di chiamare né per consigliare una profilassi né per
effettuare il tracciamento dei contatti stretti, inclusi i passeggeri dei voli sui quali ho viaggiato, né per riprogrammare il prossimo
tampone. Ironia della sorte, proprio mentre i sintomi fortunatamente scemano,
ho ricevuto la chiamata di un impiegato del comune del cagliaritano presso cui
ho il domicilio per interrompere la raccolta differenziata, come da protocollo
Covid».
Ospedali in affanno. Molti avevano sperato di non vedere mai più
le ambulanze in fila davanti agli ospedali.
Lunedì notte,
invece, la lista d'attesa davanti al Pronto soccorso del Brotzu di Cagliari, l'ultimo reparto
dell'emergenza-urgenza destinato ai pazienti non Covid della città, ha raggiunto quota 24 mezzi in attesa. E se gli ospedali già rischiano di non
riuscire a soddisfare la domanda,
in strada si dribblano anche le regole più semplici. Sempre a Cagliari, sono pochi quelli che la indossano nonostante l'obbligo
sia ritornato nelle regioni "bianche" anche all'aperto. Diverso il discorso
per chi utilizza i mezzi pubblici, dove è obbligatoria la Ffp2. Forse per i controlli più efficaci,
forse per il rischio di contagio
più alto, sostanzialmente tutti utilizzano correttamente i dispositivi di protezione individuale
imposti dalla legge.
Claudio Zoccheddu
Articolo
“La Nuova Sardegna,” 29.12.2021
Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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