La questione energetica entra di prepotenza nelle case di tutti i cittadini europei, e non solo. Ma in Sardegna, oltre al problema del costo, si presenta con altrettanta forza il problema della produzione di energia elettrica. Nella terra che pure consuma appena il 40% dell’energia che produce, la questione è all’ordine del giorno perché ci sono centinaia di domande che attendono sul tavolo il parere della Regione. Si tratta dei progetti di una miriade di compagnie che intendono investire in Sardegna nel campo della produzione delle energie rinnovabili.
La costante per
quasi tutte non è solo di essere esterne alla Sardegna, ma anche
di preferire impiantarsi praticamente ovunque (dal mare ai terreni agricoli,
alle adiacenze archeologiche, ai paesaggi mozzafiato) e
– soprattutto – di prevedere il massimo del profitto lasciando niente al
territorio, se non i soliti rottami e rifiuti industriali. La vicenda
dell’oro di Furtei, con relativo lago di cianuro (e responsabili latitanti
ricercati o già prescritti) ci ha insegnato fin troppo bene come vanno a finire
queste cose.
COSA HA IMPARATO
LA POLITICA REGIONALE? NIENTE.
Peccato che da questi
insegnamenti non si impari mai abbastanza, se è vero come è vero che la Regione
sta continuando a dare ad imprese straniere pareri favorevoli per immensi campi
fotovoltaici ed eolici, che riempiranno le tasche alle multinazionali, non
daranno lavoro a nessun sardo, lasceranno nuovamente un deserto di rottami
industriali che poi la collettività sarda dovrà smaltire a sue spese.
IL DIRITTO
ALL’AUTODECISIONE AL DI SOPRA DI TUTTO
Noi crediamo che le
argomentazioni ambientali siano molto importanti, e che siano altrettanto
importanti anche quelle paesaggistiche e culturali, ma la dinamica sulla
produzione energetica in Sardegna è in realtà una questione di sovranità del
popolo sardo. Perciò devono essere i Sardi a decidere
quando, dove, come (e se) impiantare parchi di produzione energetica, e
lo devono fare alle condizioni dettate dal proprio vantaggio economico e
dall’utilità sociale, ambientale, paesaggistica, culturale. Tutte
argomentazioni che devono basarsi su una piattaforma di principio che è quella
del nostro diritto inviolabile di poter decidere sulle destinazioni d’uso della
nostra terra.
COSA FARE?
Perciò proponiamo che la
Regione si doti con la massima celerità di una carta di condizioni minime da
presentare alle aziende che vogliono venire in Sardegna a realizzare impianti
di produzione energetica. Certamente bisognerebbe
iniziare col bloccare l’anarchia sulla localizzazione dei siti, e ribadire che
gli impianti devono essere realizzati su aree industriali preesistenti.
Potrebbe essere permessa una deroga per impianti a bassissimo impatto
paesaggistico - e comunque sempre dietro consenso della comunità ospitante - a
patto che non sostituiscano o ostacolino in alcun modo le vocazioni economiche
tipiche del territorio.
In questo senso la Regione
dovrebbe offrire immediatamente il massimo sostegno alla nascita delle comunità
energetiche, che rispettano già per loro natura quei parametri poiché mirano
all’autosufficienza e a coniugare i benefici sociali e ambientali. Un progetto
di sviluppo di cui sono stati pionieri da tempo i comuni di Benetutti, Berchidda
e Borutta ma che recentemente hanno visto iniziative anche a Ussaramanna e
Villanovaforru. Si tratta di una nuova frontiera a portata di mano che
avvantaggia comunità e territori, e che senza dubbio dovrebbero avere da parte
della Regione la priorità rispetto ad altre formule di impianto di produzione
energetica.
A QUALI
CONDIZIONI?
Le aziende di
produzione energetica che vorranno venire ad investire dovranno garantire alla
Sardegna un beneficio economico, destinando alle casse regionali una
percentuale consistente dei profitti realizzata nell’isola. La
Regione dovrebbe destinare queste entrate alle amministrazioni locali, alla
lotta contro lo spopolamento, al sostegno delle categorie svantaggiate, alla
creazione di nuovi posti di lavoro.
E DOPO?
Visti gli infelici
precedenti del passato, che ci costringono ancora oggi a fare i conti con
rottami e inquinamento delle aziende mordi-e-fuggi, le aziende che vorrebbero
venire ad investire in Sardegna dovrebbero essere obbligate a versare
anticipatamente alla Regione Sardegna una congrua
fideiussione, da rivalutarsi annualmente secondo l’indice ISTAT di
adeguamento al costo della vita, da utilizzarsi in
futuro per finanziare lo smantellamento dell’impianto e il ripristino del
territorio alle condizioni precedenti.
PARITA’ E
RECIPROCO VANTAGGIO. SI NONO NUDDA!
In questo modo, e solo a
queste condizioni, i Sardi potranno beneficiare di un sistema di produzione
energetica sulla loro terra, sia in termini di redistribuzione della ricchezza
sia in termini di creazione di nuova occupazione, rispetto dell’ambiente e del
paesaggio. Noi Sardi siamo i legittimi proprietari di quest’isola, con il suo
sole, il suo vento, il suo mare e le sue bellezze. Abbiamo perciò il diritto e
il dovere di farla rispettare da tutti, di compartecipare dei guadagni che su
di essa vengono fatti, di instaurare una relazione di
pari dignità con le aziende che su di essa vogliano investire. Qualsiasi
altro rapporto fra la Sardegna e le aziende di produzione energetica sarebbe
solo un rapporto di sudditanza coloniale e come tale deve essere da tutti
contrastato e combattuto.
Liberu
– Lìberos Rispetados Uguales
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