(29 Agosto 1947) E’ una morte
spaventosa quella del torero spagnolo Manuel Rodriguez, che si consuma nella
Plaza de Toros di Linares. Conosciuto come Manolero, il celebre toreador viene
incornato dal toro Islaero, che gli recide due arterie. Morirà nel giro di
poche ore. Il Paese intero, sotto choc per la fine di una grande protagonista,
indice tre giorni di lutto nazionale. Ritenuto il più grande torero del mondo,
inizia ad esibirsi già all’età di 13 anni. Nel 1939 divenne torero con la
tradizionale cerimonia nella quale un torero autorizza un novillero
(principiante) a diventare matador de toros. Nato a Cordova, il 4 luglio 1917,
muore all’età di 30 anni.
Una vita predestinata, quella di
Manolete. Manolete Terzo, si sarebbe dovuto chiamare, se i toreri fossero
considerati, oltre che nella mente degli aficionados, stirpe regale. Era figlio
e nipote di toreri: il prozio, Pepete, era stato anche lui ucciso, vedi
destino, da un Miura. Suo padre Manuel Rodriguez era torero. Sua mamma,
Angustias Sanchez, aveva avuto non uno ma due mariti matadores: il primo,
Lagarttijo Chico, morto giovane di tubercolosi. Unico maschio, conteso da
cinque sorelle, Manuel sarebbe nato il 4 luglio 1917 e cresciuto in un sobborgo
di Cordova, el barrio de la Mercedes, in cui, ad aver talento, non si poteva
sfuggire al destino del "toreo".
Dignitosamente povero, dopo la
scomparsa del padre, i suoi primi contatti con i tori sono rappresentati da due
teste impagliate appese in sala, Sardinero e Botinero, uccisi dal primo e dal
secondo marito di mamma Angustias che, la si può capire, non favorirà certo la
scelta del figlio. Intorno ai sei anni, i geni taurini si risvegliano alla
vista di un' immagine di corrida, fatale al valenciano Manolo Granero. A
scuola, Manuel non partecipa, come tutti, ai giochi di palla, calcio e pelota.
Solo in un angolo, disegna, sempre più spesso, tori. Non tarderà a legarsi d'
amicizia con un ragazzo più grande, Domingo Roca, che vuole diventare torero.
Sinché, la povera scorata Angustias si troverà ad ascoltare la temuta frase:
«Quiero ser torero», voglio essere torero.
Diventa ben presto una star delle
arene del Paese, da Siviglia ad Alicante, da Bilbao a Barcellona. E dal 1945,
la sua fama si estende anche all’estero, con viaggi in Messico, Perù,
Venezuela, Columbia. Il 16 luglio del 1947 tenne il suo ultimo spettacolo a
Madrid. Il 28 agosto La Plaza de toros di Linares può contenere
diecimilacinquecento spettatori. Ce n' erano altrettanti fuori dall' arena, il
28 agosto del 1947, per una corrida che vedeva riuniti i più grandi matadores
dei tempi - forse di tutti i tempi -: Gitanillo de Triana, il ventenne Luis
Miguel Dominguin, e sovrattutti Manuel Rodriguez Sànchez, universalmente
conosciuto con il soprannome di Manolete. Lo spettacolo - ma forse è meglio
dire la cerimonia - ebbe inizio alle cinque e mezza de la tarde, del
pomeriggio. I tori sono all' altezza dei toreri, provengono dal famoso
allevamento Miura.
Manolete viene trasportato all'
ospedale di Linares, mentre il corpo di Islero è già stato squartato, e
venduto, carne da macello. Alle otto di sera, finalmente, il ferito riprenderà
coscienza, l' arteria femorale lacerata, e aprirà bocca per lamentarsi del gran
dolore. Dopo un' altra trasfusione, si addormenterà, per risvegliarsi nel mezzo
della notte e domandare al suo agente: «Mi hanno dato le orecchie?». «Certo. E
la coda». Dopo qualche minuto è il matador Rafael Ortega ad entrare, e a
sentirsi dire: «Vedi come sono ridotto. Ho la forza di un neonato». Non riesce
ad addormentarsi, Manolete. Gli concedono una sigaretta, lo informano che,
fuori dalla stanza, attende licenza di entrare la sua amante, Lupe Sino. Dopo
un attimo di incertezza, Manolete fa segno di no. Nel tentativo di lenirne le
sofferenze e di dargli un poco di forza, i medici gli praticano una trasfusione
di plasma. è scaduto, e concorrerà probabilmente a ucciderlo. La morte di
Manolete lacerò profondamente l'opinione pubblica spagnola, e il Generalísimo
Francisco Franco dichiarò tre giorni di lutto nazionale.
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