domenica 28 gennaio 2024

L’apocalittico lager di San Sabba. Di Vincenzo Maria D’Ascanio.


 

 

San Sabba, lager presente sul territorio nazionale, venne istituito il 20 ottobre 1943 nell’area dismessa di uno stabilimento dove si lavorava alla pilatura del riso. Fu un campo di transito, detenzione, sterminio e tortura dal quale sostarono più di 25000 deportati, destinati tra i più grandi campi di Buchenwald, Dachau e Auschwitz.

I cadaveri venivano “smaltiti” nel forno crematorio ricavato dal precedente essiccatoio dei cereali. A progettarlo, Erwin Lambert, uomo di punta delle SS che già in passato aveva realizzato le camere a gas di Sobibór, Treblinka, Hartheim e Hadamar. La Risiera di San Sabba fu l'unico lager in Italia dotato di forno. Questo venne messo in funzione la prima volta il 4 aprile 1944 e in quell'occasione vennero cremati settanta cadaveri di ostaggi fucilati il giorno prima presso il poligono di tiro di Opicina, sul Carso.

Ma il forno non si usava solo per cremare i cadaveri. Spesso vi venivano bruciate anche persone svenute dopo aver ricevuto un colpo in testa da parte del boia. A cremazione ultimata, le ceneri venivano caricate sui camion e svuotate nella baia di Muggia, a pochi chilometri di distanza. Alla fine della guerra, il 29 aprile, il forno crematorio e la ciminiera vennero fatti esplodere dai nazisti in fuga per cancellare le prove. Con essi andò distrutta buona parte della documentazione sull'identità delle migliaia di persone che misero piede nel lager di San Sabba. Gli imprigionamenti non avvenivano solo per motivi politici e razziali, le retate coinvolgevano anche civili (omosessuali) destinati al lavoro coatto.

 

Non era presente una camera a gas, l’esecuzione avveniva anche con fucilazione o più grezzamente attraverso un colpo di mazza alla base della nuca, o ancora tramite l’asfissia provocata dai gas di scarico di alcuni furgoni. Successivamente i cadaveri venivano cremati nel forno. Tra il 29 e il 30 aprile 1945 i partigiani jugoslavi (moltissimi partigiani croati furono torturati e uccisi proprio a San Sabba, senza ulteriori destinazioni) erano diretti proprio verso la ex risiera, con l'ordine di uccidere nazisti e fascisti per immediata fucilazione. I nazisti tuttavia fuggirono, e con l’intento di eliminare le prove degli eccidi, fecero esplodere il forno crematorio insieme alla sua ciminiera.

 

Dopo la liberazione, fu decisione del governo di adibire l’area a campo raccolta per sfollati e, in un secondo momento, venne allestito un campo per l’accoglienza dei profughi giuliani, dalmati ed istriani, tutto ciò fino al 1954. Nel 15 aprile 1965, un decreto presidenziale, stabilì che la Risiera di San Sabba venisse considerata come Monumento Nazionale. Alla fine della guerra, Odilo Globonik e il commissario supremo Rainer in fuga vennero catturati insieme durante la ritirata dall'VIII Armata Britannica. Il primo tentò di negare la sua identità, ma venne identificato e si suicidò il 31 maggio con una capsula di cianuro. Rainer invece venne arrestato e in seguito consegnato agli jugoslavi, che lo processarono a Lubiana nel 1947 e lo condannarono a morte.

Solo trent'anni dopo, nel febbraio del 1976 cominciò il processo ai criminali della Risiera di San Sabba. Trenta avvocati rappresentavano sessanta parti civili, mentre la sbarra degli imputati rimase vuota. Gli imputati erano già morti da tempo. L'unico sopravvissuto, Joseph Oberhauser, comandante della Risiera, venne condannato all'ergastolo in contumacia ma continuò la sua attività di birraio a Monaco di Baviera fino alla morte, occorsa nel 1979. Infatti, gli accordi fra Italia e Germania relativi all'estradizione non coprivano gli anni precedenti al 1948.

 

Vincenzo Maria D’Ascanio


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