San Sabba, lager presente sul territorio
nazionale, venne istituito il 20 ottobre 1943 nell’area dismessa di uno
stabilimento dove si lavorava alla pilatura del riso. Fu
un campo di transito, detenzione, sterminio e tortura dal quale sostarono più
di 25000 deportati, destinati tra i più grandi campi di Buchenwald, Dachau e
Auschwitz.
I cadaveri venivano “smaltiti” nel forno crematorio ricavato dal precedente essiccatoio dei cereali. A progettarlo, Erwin Lambert, uomo di punta delle SS che già in passato aveva realizzato le camere a gas di Sobibór, Treblinka, Hartheim e Hadamar. La Risiera di San Sabba fu l'unico lager in Italia dotato di forno. Questo venne messo in funzione la prima volta il 4 aprile 1944 e in quell'occasione vennero cremati settanta cadaveri di ostaggi fucilati il giorno prima presso il poligono di tiro di Opicina, sul Carso.
Ma
il forno non si usava solo per cremare i cadaveri. Spesso vi venivano
bruciate anche persone svenute dopo aver ricevuto un colpo in testa da
parte del boia.
A cremazione ultimata, le ceneri venivano caricate sui camion e svuotate
nella baia di Muggia, a pochi chilometri di distanza. Alla fine della
guerra, il 29 aprile, il forno crematorio e la ciminiera vennero fatti
esplodere dai nazisti in fuga per cancellare le prove. Con essi andò distrutta buona
parte della documentazione sull'identità delle migliaia di persone che misero
piede nel lager di San Sabba. Gli imprigionamenti non avvenivano
solo per motivi politici e razziali, le retate coinvolgevano anche civili
(omosessuali) destinati al lavoro coatto.
Non era presente una camera a gas,
l’esecuzione avveniva anche con fucilazione o più grezzamente attraverso un
colpo di mazza alla base della nuca, o ancora tramite l’asfissia provocata dai
gas di scarico di alcuni furgoni. Successivamente i cadaveri venivano cremati
nel forno. Tra il 29 e il 30 aprile 1945 i partigiani jugoslavi (moltissimi
partigiani croati furono torturati e uccisi proprio a San Sabba, senza
ulteriori destinazioni) erano diretti proprio verso la ex risiera, con l'ordine
di uccidere nazisti e fascisti per immediata fucilazione. I nazisti tuttavia
fuggirono, e con l’intento di eliminare le prove degli eccidi, fecero esplodere
il forno crematorio insieme alla sua ciminiera.
Dopo la liberazione, fu decisione
del governo di adibire l’area a campo raccolta per sfollati e, in un secondo
momento, venne allestito un campo per l’accoglienza dei profughi giuliani,
dalmati ed istriani, tutto ciò fino al 1954. Nel 15 aprile
1965, un decreto presidenziale, stabilì che la Risiera di San Sabba venisse
considerata come Monumento Nazionale. Alla fine della guerra, Odilo
Globonik e il commissario supremo Rainer in fuga vennero catturati
insieme durante la ritirata dall'VIII Armata Britannica. Il primo
tentò di negare la sua identità, ma venne identificato e si suicidò il 31
maggio con una capsula di cianuro. Rainer invece venne arrestato e in seguito
consegnato agli jugoslavi, che lo processarono a Lubiana nel 1947 e lo
condannarono a morte.
Solo trent'anni dopo, nel febbraio del 1976
cominciò il processo ai criminali della Risiera di San Sabba. Trenta avvocati rappresentavano sessanta parti
civili, mentre la sbarra degli imputati rimase vuota. Gli imputati
erano già morti da tempo. L'unico sopravvissuto, Joseph Oberhauser, comandante della Risiera,
venne condannato all'ergastolo in contumacia ma continuò la sua attività
di birraio a Monaco di Baviera fino alla morte, occorsa nel 1979. Infatti, gli accordi fra Italia e Germania relativi
all'estradizione non coprivano gli anni precedenti al 1948.
Vincenzo Maria D’Ascanio
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