domenica 28 gennaio 2024

La revisione della toponomastica sarda. Di Francesco Casula e Mario Garzia.


Condivido con piacere questa riflessione di Mario Garzia che non conosco ma che ringrazio per la lucidità, il garbo e la pacatezza delle sue argomentazioni. Cosa che, invece, a molti non è piaciuta.Il suo post s’incentra su un tema del quale mi sento protagonista: quello della revisione della toponomastica sabauda e della sostituzione della statua di Carlo Felice posta al centro della città di Cagliari, quale occasione per studiare la storia della Sardegna.

 

Ora, so bene che nonostante le tante precisazioni che faccio chi non è d'accordo strumentalizza tutto ciò al solo scopo di non toccare nulla e di non permettere che sul tema ci possa essere un ampio e partecipato dibattito, come democrazia vorrebbe. Certo, io scrivo molto perchè per amore di verità cerco di non tralasciare alcun dettaglio e, forse, taluni di coloro che leggono, fanno sintesi e si soffermano solo su ciò che fa comodo.

Allora provo a essere schematico:

 

1) Né io né Francesco Casula pensiamo che la statua debba essere eliminata (cosa che farebbe di noi degli iconoclasti) mentre ci limitiamo a chiederne, democraticamente, lo spostamento (cosa che rientra nell'ambito dell'organizzazione degli spazi pubblici che da sempre si è fatta e si continua a fare).

2) Entrambi siamo contro qualsiasi atto vandalico perpetrato ai danni di qualsiasi monumento, compreso quello che, come ho già scritto e come dice anche Francesco Casula nei suoi interventi, è un bene culturale che va tutelato e, anzi, per quanto mi riguarda valorizzato attraverso una narrazione che ne illustri i diversi aspetti artistici e simbolici.

 

Il motivo principale che induce alla proposta di "riorganizzare" gli spazi pubblici, rivedendo la toponomastica e il posizionamento di quella statua, deriva proprio dal fatto che a cancellare una cultura è stata quella dinastia e chi l'ha sostenuta per ottenere dalla stessa dei vantaggi. Chi ha voluto che noi sardi disimparassimo a parlare in sardo per esprimerci solo in italiano? Perchè non si poteva imparare l'italiano continuando a praticare il sardo? Perchè, come bene scrive Mario Garzia, nel corso di quella dinastia sono state modificati i nomi di tante strade della città per sostituirle con i nomi di quei re e dei loro sostenitori?

 

E se a fare quelle azioni sono stati gli Stamenti, espressione comunque di una minoranza della popolazione rappresentante le caste ritenute importanti, per quale ragione oggi i rappresentanti di una popolazione (il Consiglio Comunale) non dovrebbe avere il potere di "risignificare", attraverso processi di riorganizzazione, quegli spazi secondo simboli considerati più consoni ai valori di una moderna società repubblicana?

 

Non è che dietro il dogma del "non si tocca nulla" o del "vogliono cancellare la storia", c'è una sottile nostalgia monarchica che si vuole perpetrare attraverso simboli che devono rimanere riferimenti subliminali per chi vive nel presente e vivrà nel futuro? 

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