Apprendo
dal Fatto Quotidiano che l'hotel Cala di Volpe, di proprietà della Smeralda
Holding, cioè Qatar, versa 520 euro l'anno per la concessione della spiaggia
privata destinata in modo esclusivo ai suoi facoltosissimi clienti. 520 euro di canone annuo.
520 euro
per negare all’uso pubblico un incantevole pezzo di Sardegna, perché,
giustamente, non sta bene mischiare l’eleganza facoltosa di chi può pagare per
una suite 35mila euro a notte con il chiassoso popolo cafone che pretende di
andare al mare solo in possesso di un ombrellone e una borsa di teli mare.
Belle
le concessioni in proroga che, grazie ad antiche battaglie parlamentari della
Lega, si rinnovano senza gare d’appalto, a prezzi bloccati, e all’infinito. L’ultima
per esempio, per ulteriori 15 anni, l’ha votata il primo governo Conte, lega e
5stelle, perché, si sa, nessuno più dei ricchi sfondati ha bisogno di
protezioni e di corsie facilitate. Io, canone o non
canone, sono per le coste libere.
E
tanto più lo sono se i canoni di concessione, sono così beffardi da diventare
violenza contro una terra e un popolo. E sono anche perché lo Stato
restituisca alla Regione il demanio marittimo, sperando che la Sardegna, prima
o poi, venga davvero governata da gente che ha testa, cuore e gambe in questa
terra e non da personaggi ridicoli, a disposizione di chi offre di più.
Brutos
rimitanos, chi versa e chi decide il canone. (E per chi non capisce cosa
significa, studiatevi la lingua sarda).
Lucia
Chessa
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