giovedì 26 agosto 2021

La necessità delle spiagge libere. Di Lucia Chessa.


 


Apprendo dal Fatto Quotidiano che l'hotel Cala di Volpe, di proprietà della Smeralda Holding, cioè Qatar, versa 520 euro l'anno per la concessione della spiaggia privata destinata in modo esclusivo ai suoi facoltosissimi clienti. 520 euro di canone annuo.

 

520 euro per negare all’uso pubblico un incantevole pezzo di Sardegna, perché, giustamente, non sta bene mischiare l’eleganza facoltosa di chi può pagare per una suite 35mila euro a notte con il chiassoso popolo cafone che pretende di andare al mare solo in possesso di un ombrellone e una borsa di teli mare.

 

Belle le concessioni in proroga che, grazie ad antiche battaglie parlamentari della Lega, si rinnovano senza gare d’appalto, a prezzi bloccati, e all’infinito. L’ultima per esempio, per ulteriori 15 anni, l’ha votata il primo governo Conte, lega e 5stelle, perché, si sa, nessuno più dei ricchi sfondati ha bisogno di protezioni e di corsie facilitate. Io, canone o non canone, sono per le coste libere.

 

E tanto più lo sono se i canoni di concessione, sono così beffardi da diventare violenza contro una terra e un popolo. E sono anche perché lo Stato restituisca alla Regione il demanio marittimo, sperando che la Sardegna, prima o poi, venga davvero governata da gente che ha testa, cuore e gambe in questa terra e non da personaggi ridicoli, a disposizione di chi offre di più.

 

Brutos rimitanos, chi versa e chi decide il canone. (E per chi non capisce cosa significa, studiatevi la lingua sarda).

 

Lucia Chessa

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