(23
settembre del 1985) Viene ucciso a Napoli, dal clan camorrista dei Nuvoletta,
il giornalista Giancarlo Siani. Giovane cronista di 26 anni, Siani denuncia dalle colonne del Mattino di Napoli l’attività di alcune
cosche criminali e la loro espansione economica ottenuta sfruttando gli
intrecci politica-camorra in modo da usufruire dei miliardi
devoluti alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 1980. Marco
Risi gli ha dedicato il film «Fortapàsc».
Aderente
alla sinistra studentesca e fin dal liceo interessato alle problematiche
dell’emarginazione sociale come area di reclutamento di manodopera per la
criminalità organizzata, durante gli studi universitari ha iniziato
la collaborazione con alcuni periodici napoletani, lavorando nella redazione dell’Osservatorio sulla Camorra e quindi come
corrispondente da Torre Annunziata per il quotidiano Il Mattino. Attento
osservatore del fenomeno della camorra, che ha indagato con inchieste sul
contrabbando di sigarette e il traffico di stupefacenti, ha maturato attraverso
tali esperienze una coscienza civile che lo ha spinto a denunciare l'espansione dell'impero dei boss locali e le infiltrazioni
della criminalità organizzata nel tessuto politico in merito alla gestione del
territorio di Torre Annunziata.
L’uccisione di Siani, per la quale sono state condannate in via definitiva sei
persone tra mandanti ed esecutori, sembra essere stata decisa dalla camorra a
seguito della pubblicazione di un articolo in cui il giornalista aveva
smascherato scontri e alleanze tra clan, rivelando inoltre alcuni tradimenti al
codice d'onore camorristico.
Il 15
aprile del 1997 la seconda sezione della corte d'assise di Napoli condannò
all'ergastolo i mandanti dell'omicidio (i fratelli Lorenzo e Angelo Nuvoletta,
e Luigi Baccante) e i suoi esecutori materiali (Ciro Cappucci e Armando Del
Core). In quella stessa condanna appare, come
mandante, anche il boss Valentino Gionta. La
sentenza è stata confermata dalla Corte di Cassazione, che però dispose per
Valentino Gionta il rinvio ad altra Corte di Assise di Appello: si è svolto un
secondo processo di appello che il 29 settembre del 2003 l'ha di nuovo
condannato all'ergastolo, mentre il giudizio definitivo della Cassazione lo ha
definitivamente scagionato per non aver commesso il fatto.
Nel 2014 un
libro-inchiesta del giornalista napoletano Roberto Paolo ha sollevato dubbi sui
reali esecutori dell'omicidio e ha indicato i nomi di altri mandanti ed
esecutori. Sulla base di queste rivelazioni,
l'allora coordinatore della Direzione antimafia della Procura di Napoli,
Giovanni Melillo, ha riaperto le indagini sull'omicidio Siani: il fascicolo è
affidato ai sostituti procuratori Enrica Parascandolo e Henry John Woodcock. Il
fratello di Siani, Paolo, unico rimasto in vita della famiglia Siani, ricorda
il fratello come un ragazzo carismatico, capace di grandi sacrifici, ma anche
come una persona solare, pronta a dare sostegno; e in un'intervista egli
afferma:
« Di noi
due, insieme, conservo l'immagine di una giornata a Roma, a una marcia per la
pace. Io col gesso che gli dipingo in faccia il simbolo anarchico della
libertà. E lui che mi sorride. »
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