sabato 11 settembre 2021

Un pensiero in cui mi riconosco. Di Vincenzo Maria D’Ascanio.


 

Questa è una di quelle classiche contrapposizioni che non ho mai afferrato, e in questo caso Don Gallo inquadra il problema nel migliore dei modi. Nella vita a tutti sarà capitato di agire positivamente nei confronti di chi versa in condizione di necessità: dare delle monete, cercare vestiti o altri beni di prima necessità e altre azioni del genere. Quando mi è capitato di compierle nessuno ha avuto mai da ridere, insomma, la solidarietà verso chi ha meno è sempre vista di buon occhio, forse motivata anche da un’educazione cattolica che, soprattutto negli anni dell’infanzia o adolescenza, molti hanno conosciuto.

 

Tuttavia, la polemica si accende e si fa rovente, quando dico di essere comunista. Per me essere comunista significa  desiderare una forma di Stato che stia attenta agli indigenti, o a tutti coloro che per un motivo o per l’altro abbiano urgenza  di un aiuto economico.

 

Insomma, il compito principale del di uno Stato comunista (o, se vogliamo, social democratico) è quello di lottare contro la povertà, detto nella maniera più semplice possibile. Naturalmente da questo presupposto nascono dei diritti più specifici, come il diritto all’istruzione, il diritto di ricevere cure adeguate e gratuite, il diritto a un lavoro dignitoso, il diritto a essere adeguatamente difesi davanti a un giudice, solo per citarne alcuni. Questi sono diritti che sono stati già scritti nella nostra Costituzione ma restano lettera morta. Consideriamo il diritto alla difesa giuridica: come può essere considerato sullo stesso piano chi ha un avvocato d’ufficio, nei confronti di chi può permettersi uno stuolo di avvocati?

 

Insomma, per me sostenere i partiti comunisti è questo, come lo è per la maggior parte dei compagni. Ovvero credere in una solidarietà che non arriva (solo) dal pur apprezzabile gesto del singolo, ma sia piuttosto patrimonio dell’intera collettività, dove tutti i cittadini sono in grado di riconoscersi nel prossimo e nelle alterne vicende della vita. In conclusione, “essere comunisti” può nascere anche da un mero impulso egoistico, ovvero nel riconoscere l’incertezza di ogni esistenza, e come conseguenza investire sulla possibilità che nonostante la sfortuna sia dietro l’angolo, ci sarà sempre uno Stato che salvaguarderà le nostre pur minime esigenze.

 

Vincenzo Maria D’Ascanio

Nessun commento:

Posta un commento

S’Istoria sarda in limba sarda. Di Francesco Casula.

  In unas cantas pimpirias, in televisione, apo contau s'istoria  sa literadura, sa poesia sarda.  - in sa de tres chistionende de s ...