martedì 2 novembre 2021

(31 Ottobre 1973) Viene emanato l'ordine di cattura per il generale Vito Miceli, in quel periodo direttore del SID. Vincenzo M. D'Ascanio


 

(31 Ottobre 1973) Viene emanato l'ordine di cattura per il generale Vito Miceli, in quel periodo direttore del SID (servizio Informazioni della Difesa, ovvero il servizio segreto italiano) e soprattutto membro  dell’oscura organizzazione de "La rosa dei venti." L'accusa è grave: si tratta di cospirazione. La Rosa dei venti era un'organizzazione segreta i cui membri erano prossimi alla destra eversiva e stragista. Soprattutto era strettamente legata agli ambienti militari: fu individuata dalla magistratura di Padova nel 1973, dal magistrato Giovanni Tamburino.

 

Che Miceli fosse vicino agli ambienti neofascisti lo dimostrano anche le successive elezioni al Parlamento, dove fu eletto nelle file del Movimento Sociale Italiano e della Destra Nazionale. Tuttavia questi erano partiti che bene o male si collocavano all’interno dell’arco costituzionale. La "Rosa dei Venti" era ben altra cosa, ben più  pericolosa per le istituzioni democratiche.

 

Intanto nei mesi successivi Tamburino ordinò gli arresti di personaggi di spicco, tra politici, imprenditori e membri dell’esercito, tra cui appunto, ma la Corte di Cassazione renderà vano il lavoro del magistrato portando al trasferimento dell'inchiesta dalla città veneta a Roma, considerata il "Porto delle nebbie," preso atto che nell’ambito di quella procura molte inchieste scottanti finivano in un nulla di fatto, talvolta con vistosi insabbiamenti. Per non smentirsi, il pubblico Ministero Claudio Vitalone arriverà ad invocare il segreto di Stato. Sulla questione calerà quella fitta nebbia caratteristica di troppe inchieste riguardanti anche lo stragismo.

 

Arnaldo Forlani, a La Spezia nel novembre 1972, disse pubblicamente che vi erano prove che la vicenda fosse «il tentativo forse più pericoloso che la destra reazionaria abbia tentato e portato avanti dalla Liberazione ad oggi». In effetti, e nonostante i numerosi tentativi di depistaggio, la Rosa dei Venti è stata legata al tentativo di un colpo di Stato avvenuto nel 1973, tentativo passato alla storia col nome di "Golpe Borghese." Il principe Junio Valerio Borgehse, chiamato "il principe nero"  era l’uomo di spicco dell’intera vicenda di matrice neoatlantica, che vedeva coinvolta la CIA (il cui compito era quello di sospingere l’Italia verso forme di governo autoritarie, in modo da limitare la forza del più forte Partito Comunista dell’occidente, Il PCI guidato da Enrico Berlinguer). Il "principe" Junio Valerio Borghese, durante la II guerra mondiale, era a capo della X MAS, ovvero la formazione repubblichina che si macchiò dei più efferati crimini contro la Resistenza Italiana. Tuttavia questa è un'altra storia.

 

Il "Golpe Borghese" era sostenuto da alcune strutture organizzate come la "Rosa dei Venti," la CIA e probabilmente da altre sottostrutture come "Gladio," organismo paramilitare che aveva il compito d’intervenire se, nelle elezioni democratiche, si fosse imposto il Partito Comunista. Tuttavia Borghese non aveva intenzione d’aspettare un simile evento, dunque spinse affinché dal 1973 il potere fosse gestito dall’esercito, sotto le mentite spoglie di un governo presidenzialista di stampo atlantista.

 

Il Golpe non ebbe seguito, e molti parlarono addirittura di una buffonata, quando in realtà poco c’era da ridere, considerato che si stava preparando un bagno di sangue. A questo punto occorre analizzare la società italiana del periodo. Stiamo parlando di una società che solo da 23 anni era uscita a pezzi da una guerra, che tra l’altro aveva avuto al suo interno una guerra civile. In ogni dove erano reperibili armi, spesso nascoste nei luoghi più impensabili (nelle montagne, nei boschi sino ad arrivare ai sotterranei dei ministeri).

 

Quelli erano gli anni delle stragi fasciste e del terrorismo rosso, entrambi verso il proprio apice. Erano anni in cui il Partito Comunista viaggiava intorno al 30%, senza contare quei movimenti che optavano per una sinistra extraparlamentare. La domanda che dobbiamo porci è: se mai ci fosse stato un golpe, gli italiani sarebbero rimasti a guardare? Un popolo i cui giovani erano per la stragrande maggioranza di sinistra ed estrema sinistra, i cui genitori avevano combattuto spesso nelle file della resistenza...

 

Nella notte tra il sette e l’otto dicembre cominciò la mobilitazione del colpo di Stato. Si misero in moto numerosi apparati dell’esercito, e tra questi la forestale. I compiti erano ben individuati, i due più importanti erano probabilmente l’arresto del Presidente della repubblica Saragat e l’occupazioni delle sedi RAI. Addirittura c’è chi vide passare una corro armato presso la stazione Tibutrtina.

 

Tuttavia, dopo breve tempo, ci fu un richiamo all’ordine, e i golpisti rientrarono nei propri ranghi. Un misterioso "aut aut" che mandò per aria il colpo di Stato, e con loro i miliari che avevano giurato fedeltà alla repubblica, imprenditori finanziatori, giornalisti che sarebbero stati la cassa di risonanza del regime. Da chi arrivò questo stop? Le notizie non sono sicure, fatto tipico della democrazia italiana non solo di quei tempi. Le principali figure indicate furono Licio Gelli (il famoso capo della Loggia Propaganda Due) e addirittura Giulio Andreotti, che come sappiamo era il luogotenente degli Stati Uniti in Italia. Tuttavia, queste restano solo delle ipotesi.

 

 Vincenzo M. D'Ascanio

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