Caro
Aldo, in una sua risposta lei scrive di essere amareggiato al pensiero «che
esistano altri italiani, nel caso specifico sardi, che vorrebbero abbandonare
la patria e lo Stato che i nostri antenati hanno costruito e difeso a prezzo di
molto sangue» (Corriere, 20 ottobre).
Ma
le assicuro che non ha ragione di amareggiarsi. Per il
semplice motivo che i sardi sono sardi, non italiani. O forse che prima
eravamo spagnoli? E ancor prima catalano-aragonesi? O fenici cartaginesi romani
vandali bizantini durante le loro funeste occupazioni e dominazioni? Noi sardi siamo certo cittadini italiani, ma di nazionalità
sarda.
Ho l’impressione che lei confonda il concetto di Stato con quello di
nazione.
Ricordo comunque che la Sardegna, storicamente, è entrata (e finanche coattivamente),
nell’orbita italica — a parte la breve parentesi pisana e genovese nei secoli
XI-XIII — solo nel 1720 quando venne ceduta al Piemonte, per un baratto di
guerra, ai Savoia che diventarono re e si dimostrarono in 226 anni di dominio e
sgoverno, tiranni ottusi, famelici e sanguinari.
Siamo sardi e siamo, da sempre, una nazione: per storia, diversa e
dissonante rispetto alla coeva storia italiana ed europea; per
lingua (affermatasi quasi 300 anni prima della lingua italiana e per più di 400
anni lingua ufficiale e cancelleresca nei regni giudicali); per cultura e
tradizioni. Siamo una nazione senza Stato. Il
sentimento nazionale sardo è viepiù largamente presente oggi: alla faccia di
chi ha sempre tentato di «dessardizzarci», privandoci della nostra identità
nazionale.
Francesco Casula
Storico
e saggista della cultura sarda.
Lettera tratta dal corriere della Sera 5 novembre 2021
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