Quando sento che in Italia non
ci sono soldi, penso a opere pubbliche come questa. Un ponte di pochi metri che
non collega nulla, non ci sono due strade alle estremità, ma delle case di un
normale quartiere di Messina. Tra l'altro questo ponte, che sarebbe dovuto
costare pochi milioni di euro, alla fine è costato una cifra esorbitante, otto,
nove volte la cifra preventivata. Guardate la tracotanza con cui s'inserisce
nel quartiere, come se gli ideatori di questa cosa pesassero: "Tanto non
la si può notare, non lo vedrà nessuno."
“In fondo tutte le cose, anche
le peggiori, una volta fatte, poi trovano una logica, una giustificazione, per
il solo fatto di esistere… dopo un po’ tutto fa parte del paesaggio, c’è, esiste,
nessuno si ricorda come era prima, non ci vuole niente a distruggere la
bellezza” diceva Peppino impastato, interpretato nel film "I cento
passi" da Luigi Lo Cascio. Ovvero tu hai una bella visuale, un bel
paesaggio naturale, poi qualcuno ci costruisce qualcosa d'immensamente brutto,
e tu lentamente non lo noti più, diventa qualcosa di riconoscibile e accettato.
Come il Palazzo del Consiglio Regionale Sardo in Via Roma, a Cagliari.
Quando dal mare arrivi in città
respiri la bellezza dei quartieri accanto al porto, poi vedi il Consiglio
Regionale, ed è come se qualcuno ti avesse messo il classico bastone nel
sedere. Avete presente Pasolini, quando inquadra quel borgo sulla collina, e
sposta la telecamera lentamente, per mostrare un mostro ecologico? Provate a
fare lo stesso, chiudete un occhio e mettete la mano sul Consiglio Regionale,
fatelo apparire e poi fatelo sparire, continuamente. Purtroppo il palazzo del
Consiglio Regionale della Sardegna è stato compiuto sino all’ultimo mattone.
La seconda opera è una chicca,
che ho inserito varie volte e dovunque ho potuto per urtare le persone più
sensibili. Talvolta ho pensato persino di tatuarmelo sul braccio. Sto parlando
del grandioso campo da polo di Giarre. Sì, quello non è un campo realizzato per
il calcio, ma un campo da polo, “uno sport di squadra in cui due formazioni di
quattro giocatori, in sella a cavalli e muniti di stecche di bambù, si
fronteggiano con l'obiettivo di mandare una palla di legno attraverso due pali.
Vince la squadra che segna più punti.” Nella mia vita non ho mai partecipato a
una partita di polo, non ne ho mai vista una e non conosco nessuno che vi abbia
giocato. È lo sport praticato dai reali britannici, e la capienza dello stadio
sarebbe stata di 25.000 spettatori, ovvero ogni cittadino di Giarre, (bambino,
anziano, etc...) aveva il suo posto assicurato nello stadio del polo.
Se io dovessi cambiare
residenza, sceglierei senz’altro Giarre. In questo paesino siciliano di 25.000
abitanti, si ha il record delle opere incompiute, una ogni mille abitanti.
Un’amministrazione voleva anche riutilizzare quelle opere, inaugurando il parco
dell’incompiuto, ma l’idea non è stata considerata dall’amministrazione
siciliana. Tuttavia ciò che maggiormente m’incuriosisce è il seguente fatto:
per abbattere quella struttura occorre un altro finanziamento regionale, perché
anche i costi di demolizione sono molto alti.
Erano i pazzi anni a cavallo tra
il 1960 e il 1980. Un ventennio dove la Democrazia cristiana spadroneggiava in
tutta l’Isola (e non solo) e ottenere un finanziamento era relativamente
semplice. Un tempo si praticava il finanziamento a “stralci”: in pratica se
un’opera costava, poniamo, 2 milioni di euro, la Regione o lo Stato non
stanziava immediatamente l’intera cifra, ma solo parte di essa, il resto
sarebbe arrivato a lavori in corso. Tuttavia la cifra non arrivava mai, per
questo in tutto lo stivale abbiamo le opere incompiute.
Tuttavia non voglio dire che le
opere incompiute esistano solo in Sicilia, perché anche in Sardegna abbiamo
delle fantastiche opere incompiute. No so, voi pensate al vostro piccolo paese
o alla vostra città, di certo troverete qualcosa. Campi da golf a metà, strade
iniziate che non saranno mai finite, interessanti opere ingegneristiche di cui
non si comprende nemmeno lo scopo, come se fossero delle opere moderne.
Poi tanti atri esempi. I 29
interminabili chilometri per congiungere Ferrandina a Matera, unico capoluogo
italiano non raggiunto dalle ferrovie nazionali. Lavori cominciati nel ‘86,
treni non ancora pervenuti dopo 25 anni, ovvero 22 più di quelli necessari a
Ferdinando II di Borbone per inaugurare nel 1839 la Napoli-Portici, prima linea
ferroviaria italiana. L’idrovia tra Milano e Cremona (65 chilometri) progettata
nel 1911 e presentata come l’idea del secolo, ferma a Pizzighettone un secolo e
13 chilometri dopo. La strada fantasma Fano-Grosseto, sognata da Fanfani: dopo
quasi 50 chilometri, con soli sei chilometri realizzati, attende il passaggio
della prima auto. E così dighe, alberghi, palasport, ponti, parchi, scuole,
anfiteatri, stazioni dei carabinieri... Trecentosessanta opere pubbliche sparse
per l’Italia, ettari ed ettari di territorio scempiato. Alcune necessarie,
altre inutili. Tutte, comunque, incompiute.
La cifra spesa per costruire
queste “cose?” Si parla di 4000 miliardi di lire degli anni ’70 e ’80. Direte
voi, adesso penseranno a ultimarle... no, la stragrande maggioranza delle volte
è impossibile, perché quelle costruzioni sono ormai inservibili, non avendo mai
avuto manutenzione. Per questo i muri hanno subito delle infiltrazioni che li
rendono a rischio di crollo, insomma, sono totalmente inservibili. Negli
spogliatoi dello stadio di Giarre sono stati portati via infissi, mattonelle,
sanitari e tutto ciò che c’era da rubare.
Tra l’altro, c’è un secondo modo
per sperperare i soldi pubblici. Talvolta queste cattedrali nel deserto, che
nessuno utilizza anche se completate (magari, perché non sono state costruite
vie d’accesso) subiscono interventi di manutenzione per migliaia se non milioni
di euro. Dunque, si costruisce l’opera inutile, non la si utilizza, si ruba
tutto sino al rame. A un certo punto l’amministrazione X si sveglia, fa opere
di manutenzione, la re - inaugura, e dopo qualche settimana tutto viene
puntualmente rubato, distrutto, cancellato, in attesa della prossima
ristrutturazione.
Qualcuno potrà dire: va bene, ma
almeno l’impresa Y ha lavorato, e ha avuto la possibilità di riassumere
lavoratori, ingrandirsi, etc... il problema è anche questo, molte di queste
opere non sono state affidate attraverso limpide procedure d’appalto, ma
attraverso metodi definibili tranquillamente come mafiosi, perché non importa
chi vincerà il bando, poiché a godere di quei soldi saranno sempre le stesse
poche “Famiglie” del territorio, impossessandosi con metodi ricattatori
dell’opera (inoltre non dimentichiamo che ogni opera pubblica può sempre
trasformarsi in un grande bacino di voti). Inoltre quei soldi si potevano
utilizzare per costituire del lavoro concreto, stabile, per esempio comprando
beni produttivi, formando cooperative, oppure realizzando le idee dei ragazzi
del territorio, che vengono puntualmente ignorate.
Dunque? Oltre ad accertare e
punire i responsabili dello spreco (cosa che sembrerebbe facile, ma non è),
occorrerebbe domandarsi cosa possiamo fare di queste opere. Nel 2007 un gruppo
di deputati ha presentato una proposta di legge per favorirne «il recupero e il
riutilizzo». Il testo prevede l’istituzione di un’anagrafe nazionale delle
opere incompiute, aumenti di cubature fino al 30% e incentivi economici per
coinvolgere i privati, introducendo il divieto per le amministrazioni di
progettare nuovi edifici se prima non completano quelli precedenti. L’idea in
effetti potrebbe essere buona, tuttavia se dal 2007 non è stata raccolta, un
motivo ci sarà. Non credo troppo alle coincidenze.
Vincenzo
Maria D’Ascanio
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