Il cauto ottimismo di 24 ore prima lascia
il passo a un pessimismo che rimanda indietro l'orologio di nove anni. Se due
giorni fa tutti davano per scontato il trasloco di Draghi da Palazzo Chigi al
Quirinale, ieri le quotazioni del premier erano in picchiata. A vantaggio di
chi? Dell'incertezza, della confusione, degli scrutini a oltranza. «Siamo alle soglie del caos», dice senza giri di parole Luigi Zanda, senatore Pd, uno che conosce bene le dinamiche di palazzo. E dunque? «Dobbiamo evitare
ulteriori passi avanti verso il caos».
Anche ieri a Montecitorio va in scena lo stesso
copione del giorno prima. I grandi
partiti si affidano tutti alla
scheda bianca nella speranza di trovare quel nome
condiviso capace di mettere tutti d'accordo. I senatori a vita Segre, Monti, Piano
e Cattaneo danno il via alle votazioni. In aula si rivedono tutti i leader:
Renzi e Salvini, Letta e Meloni, Di Maio e Speranza. Ma in Transatlantico si
percepisce la tensione, le resistenze a Draghi sono trasversali. «È un momento
più difficile di altre volte – ammette Giuseppe Luigi Cucca, senatore di Italia
viva -. Abbiamo un carico pesante, perché c'è Draghi. Nessuno può permettersi
di ignorare una figura del genere. Ma i partiti si stanno muovendo bene».
Ma sul premier c'è il niet dei 5 stelle. Lo conferma Ettore Licheri, già capogruppo a Palazzo Madama, vicinissimo all'ex premier Conte. «L'ingresso in campo di Draghi in maniera un po' ruvida ha prodotto uno scossone. Siamo tutti consapevoli che il Paese non può permettersi alcuna battuta d'arresto sia dal punto di vista della pandemia che dell'economia». Dunque? «Draghi deve restare al governo». Nel frattempo Salvini annuncia la terna del centrodestra: Moratti, Nordio, Pera. «Tutti i nomi sono degni della massima attenzione – aggiunge Licheri -. Dopo che è uscito di scena il nome che era per noi irricevibile (Berlusconi, ndr) su altri si può dialogare». Il no al premier viene ribadito anche da Fdi.
Salvatore Sasso Deidda, deputato cagliaritano,
è categorico. «Il centrodestra sta proponendo una rosa di nomi per dimostrare
che i veti del centrosinistra sono inaccettabili. Noi siamo per Carlo Nordio». Draghi?
«Non è candidato ed è un problema tutto della maggioranza. È davvero
squalificante quanto sta accadendo. Mi auguro che dopo l'elezione del
presidente della Repubblica si torni subito al voto». Da parte del Pd invece si cerca di tenere ancora la porta aperta sul premier, anche se «la situazione si sta un po' complicando - ammette la deputata
Romina Mura -. Draghi è una risorsa della Repubblica ma
dobbiamo tenere fermo il governo
per evitare che vada tutto a scatafascio. Noi
del Pd lavoriamo in quella direzione, il centrodestra complica un po' le cose».
In Transatlantico è un via vai di ministri,
parlamentari, leader. Franceschini si intrattiene con Guerini e Lotti, ma anche con il renziano Giachetti. Brunetta va a avanti e
indietro. Patuanelli parla con Giorgetti. La maggior parte dei parlamentari aspetta il suo turno di voto. Ma anche di conoscere le
decisioni dei leader. «Sono giornate interlocutorie - dice Lina Lunesu, senatrice della Lega -. Speriamo in domani. A me piacerebbe una donna come la
diplomatica Elisabetta Belloni».
«Ancora scheda bianca ma mi auguro che si arrivi presto a una scelta condivisa», aggiunge Paola
Deiana, una dei 6 parlamentari sardi superstiti del M5s. «Sono l'unica donna rimasta - commenta -. Non avere una struttura può averci
penalizzato».
Più che andati via loro sono stati
espulsi. Pino Cabras, Emanuela Corda e Andrea Vallascas, oggi L'Alternativa c'è, cacciati dai 5 stelle dopo il no alla fiducia a Draghi. Anche ieri hanno
votato per Paolo Maddalena. «Non
credo il presidente uscirà al quarto scrutinio - dice Cabras -. Draghi? Mai».
Appuntamento oggi alle 11 per un altro scrutinio dall'epilogo già scritto.
Perché la vera corsa per il Quirinale partirà domani.
Alessandro Pirina
Federico Marini
skype: federico1970ca
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