Cinquantuno bambini positivi sono troppi,
così a Ghilarza non si rientra a scuola dopo le vacanze di Natale: prevista invece la didattica a distanza fino al 17 gennaio. Intanto a Paulilatino, dove i positivi al coronavirus sono 102 e i
bambini continuano a contagiare genitori e nonni, il sindaco Domenico Gallus aspetta che l'Asl di Oristano risponda alla sua
richiesta di fare uno screening sugli studenti
prima del rientro in classe. E se non lo otterrà, le lezioni riprenderanno con
la didattica a distanza e altrettanto faranno i sindaci di Abbasanta e
Norbello.
A Berchidda si torna nelle aule dall'11
gennaio, cioè un giorno dopo rispetto al ritardo con cui riprenderanno le
lezioni in presenza ad Arzachena. E a Selargius il sindaco, Luigi Concu, a chi
insiste affinché siano sottoposti a tampone tutti gli studenti prima della
ripresa delle lezioni, risponde che è impossibile: «Non ci sono abbastanza tamponi». È
questo lo scenario nel quale in Sardegna si aspettano le decisioni del Governo,
che arriveranno oggi, sul rientro in classe al termine delle vacanze di fine
d'anno.
La variante Omicron fa esplodere i contagi
(solo ieri, 1.123 nuovi casi nell'Isola) e al livello nazionale posizioni
diverse si confrontano. Anzi, si scontrano. Le misure in arrivo
In attesa delle misure per il rientro in classe che saranno decise oggi dal Governo,
per garantire la presenza in sicurezza a scuola come auspicato dal ministro dell'Istruzione, Patrizio Bianchi, sarà necessario rimettere mano
ai protocolli sulla didattica a distanza, eliminando la distinzione tra
vaccinati e non vaccinati e aumentando la soglia di casi positivi
oltre la quale si finisce a casa.
Sembra questa la linea che si appresta ad
adottare il Governo, anche se resta ancora in piedi la proposta di alcune
regioni - Campania in primis - di far slittare la riapertura delle scuole e
contenere dunque l'ondata del virus. Dirimente, secondo i governatori, potrà
essere solo un parere del Comitato tecnico scientifico. «Deve essere la
comunità scientifica - afferma il presidente del Veneto, Luca Zaia – a certificare
la possibilità" di riaprire le scuole il 10 gennaio». Le polemiche Proprio
sul rientro è scontro tra i sindacati e il ministero, accusato di «sgarbo
istituzionale» per non aver portato al tavolo di ieri le misure previste per il
ritorno in classe.
Esprimono «preoccupazione» anche i
presidi, che sposano la proposta delle Regioni di rivedere i protocolli sulle
quarantene. La fascia che tiene più in apprensione è
quella tra i 5 e gli 11 anni, che
per ultima è entrata nella campagna vaccinale. Le ipotesi sul tavolo E così - è
la proposta delle Regioni - alle scuole dell'infanzia si finirebbe in quarantena
per sette giorni con un solo caso, mentre per le elementari e la prima media la
quarantena si avrebbe se ci sono almeno due contagiati.
Nel caso di un solo positivo si attiva
l'autosorveglianza, con la raccomandazione di astenersi dal frequentare
ambienti diversi dalla scuola, senza test. Per
le secondarie di primo (per chi ha almeno 12 anni) e secondo grado, lo stop
alla frequenza e la quarantena scatterebbero con un minimo di tre casi.
L'ultima parola, ribadiscono i governatori, dovrà però essere quella del Cts.
Governo già orientato
Sembra essere d'accordo Palazzo Chigi, che
già in serata potrebbe dare il via libera alle nuove procedure. Nell'incontro
di ieri tra il premier Mario Draghi e i ministri della Salute, Roberto Speranza,
e dell'Istruzione, Patrizio Bianchi, è stata ribadita la volontà di preservare quanto più possibile le lezioni in presenza, rivedendo il numero di contagi che fa scattare la Dad per tutta la classe.
Lo stesso Bianchi, durante l'incontro con i sindacati, ha sottolineato che la
scuola sarà «in presenza e in sicurezza». Parole che trovano d'accordo i
presidi e un po' meno alcuni sindacati, tra cui l'Anief, per la quale il ritorno
in presenza «è folle».
Articolo “L’Unione Sarda,” 05.01.2022
Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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