La guerra in Ucraina, con l’invasione e l’aggressione dell’autocrate e
despota russo Putin, sanguinario e cinico, ha riproposto l’antica e vexata
Quaestio della opposizione e dicotomia dei valori occidentalisti
con tutti gli “altri”, circuitati e propagandati non a caso dai grandi
mezzi di informazione, come “valori” superiori. Da parte mia, in
questa mia disamina riflessione e ricerca voglio esclusivamente cercare di individuare la genesi e le radici
ideologiche e storiche dell’Occidentalismo e dell’Eurocentrismo. Rimando invece ad altre sedi (segnatamente al mio
profilo facebook) le mie riflessioni e valutazioni sulla vicenda bellica in
corso, partendo dal presupposto che una guerra mai e per nessun motivo può essere giustificata, in
quanto sempre foriera de eccidi (specie dei civili); di distruzione di risorse;
di devastazione del territorio e dell’ambiente.
Analisi
Entro subito in medias
res, partendo da lontano: dallo storico Erodoto (secolo
VIII a.c.) per cui l’Europa è
una semplice nomenclatura geografica; con Roma diventa invece la Respublica
romana prima e l’impero poi, cui Virgilio assegna il
destino di parcere subiectos et
debellare superbos. L’eroe virgiliano
Enea, è il simbolo dell’unione fra l’Oriente e Occidente, ma è anche quello
della supremazia occidentale. Non per niente si dirige da Troia verso Ovest. E dove va, in Africa? No.
Il fascino di Didone non è sufficiente a trattenerlo. E’ in Europa che egli
sbarca e si sistema e la sua scelta è il simbolo della futura battaglia di Azio
in cui l’Occidente con Ottaviano riporterà la vittoria sull’Oriente al quale
Antonio si era dato. Nel 769 lo spagnolo Isidoro il giovane,
descrivendo la battaglia di Poitiers parla dell’esercito di Carlo Martello come
di un esercito di Europei contro gli Arabi.
L’impero di Carlo Magno sorge contrapposto all’Oriente e la Respublica Christiana. o la Christianitas o
il Sacrum Imperium o l’Occidens o l’Europa cristiana che dir si
voglia, si muove unita con le Crociate contro gli infedeli, sollecitata e benedetta dal papa “pastore clementissimo e capo dell’Europa
intera” (Widukind). E sarà unita nella riconquista della terra santa,
nella reconquista in
Spagna, nella difesa di Bisanzio contro i Turchi. Sarà il papa in
persona, Enea Silvio Piccolomini, alias Pio II a predicare (in “De
Ortu et auctoritate Imperii”) la crociata dell’Europa – che per lui si
identifica nella Cristiana communitas –
contro i Turchi bollati dall’Ariosto
come immondi e dal
poeta portoghese Camoens feroci
ottomani. Contro di essi deve
dunque muoversi in armi la magnanima
Europa: la definizione è del poeta Giambattista Spagnoli.
Alla fine del ‘400 il massacro di interi popoli indios, la distruzione di
memorabili civiltà come quelle dei Maya, degli Aztechi o degli Incas, diventano pomposamente scoperte e imprese dei Colombo e dei Vespucci,
dei Magellano e
dei Caboto. Naturalmente la
“conquiste” sono ispirate e
legittimate da nobilissime intenzioni: “gli indigeni sono gente senza fede e senza
leggi” (Vespucci) e dunque occorre portare loro la civiltà le leggi e la
religione europea.
Sono voci inascoltate quelle di Charles-Andrè Julien – creatore del mito del buon selvaggio –
o di Jean de Lery ma
soprattutto di Montaigne che
sdegnato scrive in un passo di un suo celebre Saggio, Dei Cannibali : ”Provo
vergogna nel vedere i nostri uomini inebriati da questo stupido stato d’animo e
sbigottiti per le forme contrarie alle loro. Hanno l’impressione di essere
fuori dal loro elemento, quando sono fuori dal loro paesello. Ovunque vadano si
attengono alle loro usanze e disprezzano le altre”.
E aggiunge: ”In queste nazioni non c’è nulla di barbaro e
di selvaggio – come mi hanno detto – soltanto che ciascuno chiama barbarie ciò
che non è di sua consuetudine. Queste contrade sono ancora troppo vicine,
nella loro ingenuità originale, le leggi naturali comandano ancora e non sono
molto imbastardite dalle nostre. Certo, essi sono cannibali, ma noi siamo forse
migliori? Noi li possiamo
chiamare barbari per quanto riguarda le regole della ragione, ma non riguardo a
noi che li superiamo in ogni genere di barbarie… Essi sono selvaggi allo stesso modo che noi chiamiamo
selvatici i frutti che la natura ha prodotto da sé nel suo naturale sviluppo:
laddove in verità, sono quelli che col nostro artificio abbiamo alterati e
distorti dall’ordine generale che dovremmo piuttosto chiamare selvatici. In
quelli sono vive e vigorose le vere, più utili e naturali virtù e proprietà,
che invece noi abbiamo imbastardite in questi, soltanto per adattarle al
piacere del nostro gusto corrotto“. E conclude: “Tante città rase
al suolo, tante nazioni sterminate, milioni di persone passate per le armi e la
parte più ricca e bella del mondo sconvolta soltanto per il commercio delle
perle e del pepe”.
L’eurocentrismo non entrerà in crisi neppure con la Rivoluzione Francese che pure con la Costituzione del 1791 proibisce
qualsiasi conquista riprendendo la dottrina del 22 Maggio del 1790 con la Dichiarazione della pace nel mondo.
Essa così afferma: ”La nazione
francese rinuncia a intraprendere qualsiasi guerra con lo scopo di fare
conquiste e non impiegherà la sua forza contro la libertà di alcun popolo”.
Sappiamo come andarono le cose: l’espansione “rivoluzionaria” per la libertà degli altri popoli si
tradurrà in un gigantesco sforzo di egemonia e di guerre, soprattutto con Napoleone, per riaffermare il dominio
eurocentrico sull’Oriente, l’Asia e l’Africa. Si potrebbe obiettare che Napoleone più che un grande europeo fu un
grande imperialista ambizioso. È vero:
ma sempre dal punto di vista eurocentrico: ”Vuole espandere dappertutto l’unità dei codici, dei principi, delle
opinioni, dei sentimenti europei”. Ma soprattutto vuole espandere gli “interessi” europei con le armi! Così
– scrive perspicuamente Albert
Camus “la filosofia dei
lumi mette capo all’Europa del coprifuoco”.
Così, una rivoluzione, quella francese, che pare
mettere in crisi l’idea dell’Europa come Comunità superiore, in realtà la
rafforza e si pone per eccellenza, come la rivoluzione occidentalista
dell’occidentalismo borghese, illuministico, razionalistico, e scientista che
sta alla base dello sviluppismo produttivista e dell’ industrialismo borghese
odierno tutto giocato sulla “globalizzazione” dell’economia e della cultura di
cui ho parlato prima.
Con la crisi dell’Europa tradizionale di Joseph de Maistre si afferma l’Europa degli Stati-nazione non
meno eurocentrica né meno oppressiva nei confronti dei popoli. Lo Stato- nazione infatti, tipica espressione dello
spirito occidentalista, lungi dal rivelarsi come l’Assoluto hegeliano,
l’attuazione dello spirito del popolo, l’idea dello spirito nella
manifestazione esterna del volere umano e della sua libertà, significherà
lacrime e sangue per le stesse popolazioni europee ma soprattutto per il mondo
colonizzato.
Sarà l’Europa degli Stati nazionalisti, militaristi e capitalistici che si
lanciano alla conquista del mondo – dal Sud est dell’Asia all’Africa alla stessa Cina – in una pazza corsa
verso la colonizzazione alla quale partecipa la maggior parte delle potenze
europee dopo il 1880, per portare la civiltà “superiore”, comodo paravento per
giustificare ogni ambizione ferocia e sterminio.
In Francia si parla dell’idea lanciata da Albert de Mun sui doveri delle razze superiori. ”Le razze superiori hanno un diritto perché
hanno un dovere” – affermerà Jules
Ferry il 28 Luglio 1885 parlando alla Camera. “Esse hanno il dovere di civilizzare le razze inferiori”. Il Governatore generale Merlin, nel 1910 è ancora più
categorico: “In virtù del diritto di
una razza civile, possiamo occupare i territori lasciati incolti dalle
popolazioni barbare”.
Questa razza civile è – manco a dirlo – quella europea. Lo storico tedesco Leopold Von Ranke parla di “Un germe, uno spirito dell’Occidente che ha compiuto dei progressi
enormi, che ha conquistato l’America togliendola alle forze brute della natura
e alle popolazioni indomabili che l’abitavano e l’ha trasformata completamente.
Attraverso strade diverse è penetrata fino al limite della lontana Asia, dove
non esiste che la Cina a sbarrargli il passaggio e cinge l’Africa avendo
occupato le sue coste. Irresistibile, ineguagliabile, invincibile, grazie alle sue
armi e alla sua scienza è diventata il padrone del mondo”.
Su questi presupposti teorici si affermerà il
nuovo eurocentrismo militarista e
imperialista degli Stati che genererà la prima guerra mondiale con
gli otto milioni e mezzo di morti, distruzione e devastazione economica,
miseria e carestia e… disordine su cui nascerà il “Nuovo Ordine” fascista e nazista.
L’Ordine Nuovo di Hitler infatti
è totalmente eurocentrico, per lui infatti l’Europa – la nuova Europa – “non è soltanto un’espressione geografica ma
un concetto culturale e morale, per i mille anni a venire”. Il postulato, un vero e proprio dogma agli occhi di
Hitler, è quello dell’ineguaglianza delle razze umane. Di tutte le razze,
quella più completa, quella che possiede una maggiore intelligenza, una
maggiore energia, un maggiore potere creativo, è la razza dei grandi ariani
biondi dolicocefali. Essa ha quindi diritto di conquistare lo spazio vitale.
Si chiede – retoricamente – il grande storico
francese Jean-Baptiste
Duroselle : “Questa famosa civiltà europea esiste ed è
veramente più valida delle altre civiltà?” Ecco la sua risposta: ”Io mi sento culturalmente e
intellettualmente più vicino a Leopold Senghor che non al mio miglior amico
inglese o olandese, cosa che non pregiudica affatto la nostra amicizia. E quando mi si dice che l’Europa è il paese del
Diritto e della dignità umana io penso al razzismo; quando mi si dice che è
il paese della ragione io penso a Cartesio che sosteneva che il buon senso è la
cosa meglio suddivisa nel mondo”.
Francesco Casula
Storico e saggista della cultura sarda.
Articolo tratto da https://www.sindipendente.com/
Nessun commento:
Posta un commento