mercoledì 29 settembre 2021

Sul lavoro non si muore per fatalità. Di Giovannimaria – Mimmia - Fresu



Ieri sul lavoro sono morte sei persone, dall’inizio dell’anno sono stati 677, una media di 2,5 decessi al giorno. Gli infortuni sul lavoro sono oltre 1.500 ogni giorno, quasi una media costante negli anni, non sono una ineluttabilità di un destino crudele, ma sono il risultato di una imprenditoria criminale che misura la capacità di profitto in proporzione alla diminuzione del costo del lavoro, dei diritti contrattuali e della sicurezza sul lavoro.

 

A ciò si aggiunge il ruolo colpevole della politica che rende più agevoli le forme di pirateria e rapacità imprenditoriali e la fuga dalle responsabilità delle aziende. Infatti il numero degli ispettori preposti ai controlli dei luoghi di lavoro sono in esaurimento, perché quelli che vanno in pensione non vengono sostituiti; al punto tale che in Italia ci sono interi territori senza vigilanza, e ciò significa lasciare mano libera agli evasori, al lavoro nero, allo sfruttamento della manodopera, all’assenza delle norme basilari di sicurezza sul lavoro.

 

Problema che si è accentuato dopo l’entrata in vigore del Jobs Act di Renzi, di cui la Legge delega n. 183 del 2014, all’interno della quale era prevista l’Agenzia unica della Vigilanza, che per altro blocca ogni assunzione per i corpi ispettivi dell’Inps e dell’Inail; riforma del lavoro che ha istituzionalizzato il precariato, indebolito gli strumenti di controllo dell’attività delle imprese e che, nonostante i danni prodotti, è ancora in vigore.

 

Per parte sua, la Asl, dispone di 2.500 ispettori, una sciocchezza rispetto al fabbisogno, ora dovrebbero assumerne altri 2000, ma le Asl dipendono dalle regioni e sulla loro attività decide la politica regionale, i cui effetti sulla salute dei cittadini l'abbiamo vista all'opera nelle privatizzazioni della Sanità pubblica e la corruzione accertata nel settore, nella gestione preda delle logiche spartitorie tra i partiti, di manager che rispondono alle segreterie e non ai bisogni sanitari dei territori; sanità, come si osserva costantemente, dove mancano i medici, gli infermieri, i reparti e le terapie intensive. No, sul lavoro non si muore per fatalità.

 

Di Giovannimaria – Mimmia - Fresu

giornalista pubblicista presso Politiche sociali e immigrazione

 

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