lunedì 11 ottobre 2021

Per ripartire occorre del tempo. Intanto nessuno deve essere lasciato indietro. Di Vincenzo Maria D’Ascanio.



L'attacco alla CGIL è stato un evento scioccante, ma questo periodo mi sembra meno teso rispetto a quattro, cinque anni fa, durante i governi di centrosinistra cominciati con Renzi e proseguiti con Gentiloni. Inutile nasconderlo, il motivo della tensione era l’arrivo massivo d’immigrati, sommato a un progressivo impoverimento del paese sia dal punto di vista salariale che delle tutele.

 

Inoltre vi erano le discutibili concessioni del Governo Renzi, che da una parte azzerava l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e dall’altra aumentava lo stipendio ai lavoratori pubblici, ovvero i soli che possono dirsi certi della paga a fine mese e che godono della maggiori tutele, in un mondo del lavoro dove ormai le tutele sono state annientamente, e non solo grazie alle politiche del centrodestra.

 

Di certo i dipendenti pubblici avevano diritto agli aumenti, per carità, ma quei governi non avevano pensato alla distruzione delle tutele derivate dal libro Bianco (Legge Biagi) che insieme al job acts ha istituzionalizzato il licenziamento senza giusta causa, parcellizzato il lavoro e depotenziato i sindacati. Insomma, come si diceva spesso in quel periodo, il centrosinistra ha tenuto fuori dalle sue riforme fondamentali settori del lavoro, oltre a non pensare a misure di sostegno per chi il lavoro non l’aveva.

 

In quei mesi le forze di destra, e soprattutto di estrema destra, crescevano vertiginosamente. La destra sociale più estrema cresceva soprattutto nelle periferie, ovvero in quei luoghi/non luoghi dove soprattutto negli anni ‘70 sono stati ghettizzati i bisognosi, e dove nascono lotte all'arma bianca per una casa popolare. Proprio nelle periferie nasceva lo scontro tra gli immigrati e un popolo senza coscienza, incapace di vedere la radice dei problemi e pronto a farsi affascinare dalle parole d’ordine dello scontro di civiltà e dalla paura di perdere lo scontro con la nuova forza lavoro che non chiedeva garanzie e tutele.

 

C'è stata una politica, saggia e forse fortunata, a fare in modo che la situazione non degenerasse. Da una parte il malcontento e la protesta furono assorbiti dai Cinque Stelle che, come ogni nuova proposta politica, accesero le speranze dei cittadini anche con politiche mirate come il reddito di cittadinanza.  Secondo fattore, temporalmente successivo alle elezioni, fu l'apertura di una crisi di Governo da parte di Salvini, decisione quasi irrazionale, che non ha tenuto conto dei numeri reali in Parlamento. In quel caso si creò un Governo di centrosinistra assai più forte della “cosa” giallo verde. Terzo elemento è stato lo spostamento della tensione, fattore del tutto estraneo ai giochi di palazzo e all’intuito politico.

 

Dal problema immigratorio si è passati al reale e tragico periodo della pandemia, un periodo che ha colto politici e cittadini del tutto impreparati, dove le carte si sono nuovamente rimescolate. Soltanto Matteo Renzi e la sua compagine potevano pensare di creare una crisi di governo in quella situazione, ma che fortunatamente non ha portato il Paese in un vicolo cieco e ha determinato la salita in cattedra di Mario Draghi, di certo non un uomo del popolo ma che nelle a situazioni Europee solidi rapporti, necessari per affrontare la crisi sanitaria.

 

Adesso che la pandemia sembra sconfitta (sembra, almeno dai dati) le destre riproveranno a cavalcare il problema immigrazione, anche in rapporto a quanto avvenuto in Afganistan e forse accadrà in Iraq? (Dove forse estremiste guardano con soddisfazione la grave crisi economica del Paese, che ha determinato, tra l’altro, a una scarsissima affluenza alle urne). I Cinque Stelle riusciranno ad assorbire il malcontento, oppure questo sarà affidato a forze populiste e sovraniste, che cercheranno di approfittare delle complessità in seno al tessuto sociale?  Oppure il popolo italiano, in questi anni, è maturato, anche in relazione alle tremende prove del Covid?

 

Staremo a vedere, tuttavia credo che in questo momento debba essere raccolto l’insegnamento di Gramsci all’interno delle istituzioni, ovvero creare una maggiore unità delle forze anche della sinistra radicale, per dare vita a una forza concreta con un programma concreto, fondato sì sulla creazione dei posti di lavoro, ma che deve comunque guardare agli ammortizzatori sociali come un pilastro, perché la drammaticità della situazione impone uno sguardo di 360° sulla società italiana. Insomma, è necessario del tempo per ripartire, e nel frattempo nessuno può essere lasciato indietro.

 

Di Vincenzo Maria D’Ascanio

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