"Non importa quanto tempo ci dovremo prendere per superare questa invasione premeditata, il popolo americano, con la forza della ragione, vincerà con un vittoria schiacciante. Credo di interpretare la volontà del Congresso e del popolo, quando dico che non solo ci difenderemo fino all’ultimo, ma faremo in modo che questa forma di tradimento, per noi, non sia mai più un pericolo. L'ostilità esiste. Non vi è alcun dubbio per il fatto che il nostro popolo, il nostro territorio e i nostri interessi siano in grave pericolo.
Con la totale fiducia
nelle nostre forze armate, con l’illimitata determinazione del nostro popolo,
si otterrà l'inevitabile trionfo. Così Dio ci aiuti. Chiedo che il Congresso dichiari che, fin
dall’attacco non provocato e codardo da parte del Giappone della Domenica, 7
dicembre 1941, esista uno stato di guerra tra gli Stati Uniti e l'Impero
giapponese."
1941 Franklin D. Roosevelt - 8 dicembre 1941
(07 Dicembre 1941) È appena mattina quando
più di 350 aerei giapponesi distruggono la Pacific Fleet statunitense presso una delle più importanti basi
navali statunitensi: quella di Pearl Harbour, nell’arcipelago hawaiano. Con
l’attacco a sorpresa, il Giappone dichiara ufficialmente guerra agli Stati
Uniti e alla Gran Bretagna. L’incursione
aerea giapponese forza l’entrata in guerra degli Stati Uniti d’America. Infatti, in patria il Presidente degli Stati Uniti, Theodor Roosevelt aveva
non poche difficoltà a convincere i suoi compatrioti, che non intendevano
inviare i proprio giovani in una guerra sanguinosa e lontana. Tra i partiti che
si opponevano alla guerra possiamo ricordare “First America”, un partito filonazista
che si rifaceva alle idee di Adolf Hitler, e che in quel periodo stava
riscuotendo un consenso inatteso. Tra i punti principali del partito c’erano l’antisemitismo
e naturalmente l’alleanza con l’amico naturale tedesco.
Ai primi di settembre
1941 gli ammiragli giapponesi in comando si riunirono a Tokio per discutere il
piano d'attacco contro Pearl Harbor. Intanto era
stabile sopratutto nell'isola di Oahu la raccolta d'informazioni sulla flotta
americana. Erano presenti
numerose spie dell’impero nipponico, che fornivano dettagliate informazioni soprattutto
sull’orario delle esercitazioni, e cosa accadeva durante la settimana
Com’è poi risultato
da indicazioni segnate su una carta nautica, trovata su un sommergibile
nipponico sequestrato, in un giorno fra il primo e il 6 dicembre
un sommergibile giapponese fece una ricognizione addirittura all’interno di Pearl
Harbor, per constatare le
posizioni delle navi, trattenendosi nel porto dalle 4 e 10 alle 6. Per la tipica abitudine americana del riposo dal
pomeriggio del Sabato al Lunedì, il cambiamento di
turno nell'attività dei gruppi della flotta del Pacifico coincideva con la
domenica, nel qual giorno la massima parte rimaneva in porto; perciò il comando giapponese stabilì di eseguire
l'attacco al mattino di domenica 7 dicembre corrispondente al lunedì 8 dicembre
in Giappone.
La partenza dei velivoli giapponesi cominciò
all'alba, quando le navi del Mikado giunsero a circa 200 miglia a nord di Oahu. La prima ondata che arrivò sugli obiettivi fra le
ore 7 e 55 e le 8 e 05 fu costituita da 4 gruppi: 50 velivoli per bombardamenti
in quota contro le corazzate; 40 velivoli siluranti contro le corazzate e le
navi portaerei; 54 velivoli per l'attacco in picchiata contro hangars e
velivoli a terra; 45 velivoli da caccia contro velivoli in volo o nel campi.La seconda ondata che iniziò l'attacco alle ore 9 fu composta di tre gruppi: 54 velivoli per bombardamenti in quota contro
hangars e velivoli nei campi; 81 velivoli per bombardamenti in picchiata contro
navi portaerei ed incrociatori; 36 velivoli da caccia contro velivoli in volo o
nei campi.
L'attacco fu guidato dall'ammiraglio Isoroku Yamamoto e l’intera operazione si concluse con un imponente
successo, poiché gli aerei nipponici colsero i soldati americani del tutto
impreparati. Precedentemente gli americani avevano
ipotizzato un possibile attacco proprio alla flotta di Pearl Harbour, ma numerose deduzioni non furono considerate adeguate
a sostenere un piano d’attacco. Alcuni soldati USA avevano persino sentito
arrivare il nemico, ma questi rumori furono scambiati con quelli di alcuni
bombardieri americani, che proprio la mattina del 07 Dicembre stavano per
atterrare
In ogni caso il successo dei giapponesi non
fu completo: infatti non furono colpite le portaerei americane non presenti in
porto al momento dell'attacco e rinunciarono a bombardare i depositi di carburante e l'arsenale della
base. I danni inflitti alla flotta del Pacifico comunque furono pesanti: una
corazzata saltò in aria, una si capovolse, altre tre furono affondate; molte
altre navi furono colpite
Nel 2000 il fotografo Robert Stinnett,
sostenne la "teoria della cospirazione" architettata da Roosevelt e i
suoi collaboratori per indurre i giapponesi ad attaccare Pearl Harbor. Roosevelt avrebbe applicato un piano per provocare
l'attacco giapponese contro gli Stati Uniti: all'ammiraglio Kimmel sarebbe
stato impedito di condurre esercitazioni che avrebbero fatto scoprire la flotta
giapponese in arrivo, flotta che in realtà, secondo la teoria di Stinnett, non
avrebbe mantenuto il silenzio radio e, anzi, i suoi messaggi sarebbero stati
intercettati e decifrati dai servizi statunitensi.
Il lavoro di Stinnett è stato tuttavia
fortemente criticato da altri studiosi, e le sue deduzioni, seppur interessanti
sono state ritenute non esatte. Tuttavia altri fattori sono a favore della teoria del complotto: anche
per Pearl Harbor si aprì un grande dibattito, per certi aspetti simile
a quello che riguardò le Twin Towers abbattute nel Settembre nel 2001.
Vincenzo Maria D’Ascanio
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