(13
gennaio 1970) A Cesena nasce Marco Pantani, ciclista italiano diventato professionista
dal 1992.
È il secondo figlio di Ferdinando Pantani e di Tonina Belletti, venditrice di
piadine nel lungomare di Cesenatico. Fino al 1978 abitò nella casa in via Saffi
a Cesenatico, di proprietà dei nonni Sotero e Delia. Marco trascorre
un'infanzia serena; i suoi studi non andarono benissimo ma nello sport era
capace di dare tutto se stesso. Dopo essersi cimentato da giovanissimo nel
mondo del calcio, ricevette in regalo una bicicletta
dal nonno Sotero e capì immediatamente di essere portato per il ciclismo.
Si mise in
luce soprattutto con le caratteristiche di “scalatore”
al Giro d'Italia del 1994, giungendo secondo nella classifica finale. Nello
stesso anno si classificò terzo al Tour de France. Tornò al Tour nel 1997, dopo
alcuni pericolosi incidenti accaduti nel 1995 e nel 1996, giungendo terzo nella
classifica finale. Nel 1998 vinse sia il Giro
d'Italia che il Tour de France, oltre che numerose gare minori. È stato
l'ultimo dei ciclisti (dopo Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Eddy Merckx,
Bernard Hinault, Stephen Roche e Miguel Indurain) ad aver vinto Giro d'Italia e
Tour de France nello stesso anno.
Nel
1999 arriva la fatidica tappa di Madonna di Campiglio, che Pantani vince senza
particolari problemi.
Il ciclista di Cesenatico sta vincendo il giro d’Italia, Madonna di Campiglio è
la terz’ultima tappa e il vantaggio sugli inseguitori è consistente (oltre i
cinque minuti). La tappa del giorno successivo non sarà un problema, in passato
Pantani l’ha già vinta e il percorso si sposa perfettamente con le sue
caratteristiche di scalatore. In sostanza, ha la vittoria del giro in tasca.
Il giorno
successivo, alle ore 10:10 locali, vengono pubblicati i risultati dei consueti
controlli antidoping effettuati dai medici del giro. Il
valore di ematocrito rilevato nel sangue di Pantani è del 51,8%, di
poco superiore al margine di tolleranza dell'1% sul limite massimo consentito
dai regolamenti, ovvero 50%. Nell'occasione, pur non risultando positivo
a un controllo antidoping, Pantani fu escluso dalla Corsa "a scopo
precauzionale" (come in uso dire al tempo): sulla base dei regolamenti
sportivi da poco introdotti a tutela della salute dei corridori, avrebbe dovuto
ripresentarsi dopo 15 giorni a Losanna per
eseguire un controllo per verificare l'abbassamento dei livelli e avere il via
libera a riprendere le corse.
Fu dunque
escluso dal Giro d'Italia con l'accusa di aver assunto sostanze dopanti. Il
14 marzo 2016 viene diffusa da Premium Sport un'intercettazione di un detenuto
vicino ad ambienti legati alle scommesse clandestine. Nell’intercettazione
emerge che l’episodio di Madonna di Campiglio sarebbe stato determinato da un
intervento della Camorra.
Il giorno
successivo Premium Sport rende pubblica una nuova intercettazione, in cui
Augusto La Torre, boss di Mondragone, confermerebbe il coinvolgimento della
malavita nel caso Pantani, accusando l'alleanza di Secondigliano. Tutto questo
era già stato anticipato da Renato Vallanzasca, ma nessuno gli prestò
attenzione.
Lo
stesso Vallanzasca aveva spedito una lettera alla madre di Pantani, dove affermava
che era stato avvicinato da un detenuto che gli aveva sconsigliato di
scommettere su Pantani, che in nessun caso avrebbe vinto il Giro d’Italia. Tra
gli stessi corridori c’erano forti sospetti, perché il risultati di Pantani si
sapevano già dalla sera antecedente. Tutti si rifiutarono d’indossare la Maglia
Rosa alla ripartenza da Madonna di Campiglio, e il Giro fu finto da Ivan Gotti.
Nel
2016 la Procura della Repubblica di Forlì, che indagava sul caso, concluse che
“un clan camorristico minacciò un medico per costringerlo ad alterare il test e
far risultare Pantani fuori norma”, ma dovette richiedere
l'archiviazione delle indagini a causa dell'intervenuta prescrizione dei reati.
Purtroppo i chiarimenti sui fatti di Madonna di Campiglio, che scagionarono
completamente pantani dall’accusa di essere un dopato, arrivarono quasi 12 anni
dopo. Il 14 febbraio 2004 Marco, da qualche tempo
affetto da una grave sindrome depressiva, fu trovato senza vita in un albergo
di Rimini.
La sua
figura ha ispirato diversi libri tra i quali “Un uomo in fuga.” La vera storia
di Marco Pantani” (2004) di M. Ronchi e G. Josti e “Pantani. Un eroe tragico”
(2005) di P. Bergonzi, D. Cassani e I. Zazzaroni; alla tragica vicenda dello
sportivo è stato dedicato anche lo spettacolo teatrale Pantani (2012), diretto
dal regista M. Martinelli, che ne ha compiutamente restituito la personalità
orgogliosa e fragile. Nel 2014, in occasione del decennale della morte, il
giornalista sportivo Pastonesi ha pubblicato il testo “Pantani era un dio”, in
cui ricostruisce la storia del campione.
Vincenzo
Maria D’Ascanio
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