Il panettiere guarda i pochi clienti del
mercato cagliaritano di San Benedetto e "spara": «Non spendono meno:
continuano a comprare due euro di pane». Sottotitolo: «Ma la busta è più
leggera. E io vendo meno pane, che pago di più». I mercati
civici sono il regno di pensionati
e famiglie a reddito basso: «E
ora si accontentano di meno prodotti», conclude Marco Todde dal suo box. Perché
i soldi, se non ci sono, non si possono inventare.
L'impennata dei prezzi. La guerra in Ucraina e il caro carburanti, dunque anche dell'energia
elettrica, si somma ai rincari giunti nei lockdown per il Covid-19. Ma chi ha
uno stipendio o la pensione guadagna quanto prima. Dunque: «Nessun aumento dei
prezzi malgrado quelli di farina, grano, lievito ed elettricità», resiste il
boxista Enrico Pillai, «ma prima pagavo un chilo di pane un euro e lo rivendevo
al doppio, ora continuo a vendere a due euro ma lo pago 1,50».
Una specie di "stato sociale"
diffuso al mercato. Marco Todde fa lo stesso: «Ho i panini a
2,70 il chilo, il pane in forno a legna a 4, i produttori di carasau ci hanno
già annunciato aumenti. Facciamo la pasta fresca, ma le materie prime rincarano
e dovremo adeguare i listini: decideremo quanto». «È tutta una salita» «Ho portato
il filetto di manzo da 28 a 33 euro al chilo», si
rabbuia Pietro Piras, «ma il resto costa come prima. Rinuncio a parte del guadagno,
e anche così vendo meno di prima. Se aumentassi i prezzi, non venderei quasi
nulla».
Margini di guadagno risicati malgrado gli aumenti,
che hanno un costo per famiglie e pensionati, ma anche per gli operatori. Mauro Manconi, 63 anni, 40 dei quali nel box di ortofrutta, paga i pomodori camone fra i 3
e i 3,50 euro, e li rivende fra 3,80 e 4,30: «Resta poco». L'iceberg lo dà a 2,20 euro al chilo e lo paga 1,60. «Hanno aumentato del 30%
anche le buste biodegradabili e di carta». Il suo collega Adriano Cogoni ha rincarato
l'ortofrutta di 10-20 centesimi al chilo: «E
attendo la stangata per i kiwi, ora a 10-11 euro al chilo, ma presto sarà a 15». Aldo Nioi
coltiva ciò che vende: ha passato le carote da 2 a 2,20, i camone da 2,50 a 3: «Consumo nelle serre 600 litri di gasolio a notte».
I tanti problemi. Al mercato c'è anche chi, i cibi, li cucina: «I cannelloni sono a 4 euro,
prima li vendevo a 3,50», elenca Gianluca Mei de "Il drago gastronomia",
«i moscardini alla diavola li do a 2,20 all'etto e non più a 1,90: spingiamo il
prodotto locale anche perché il costo del trasporto incide meno». Non che il
pollame vada meglio: «Ho rincarato del 30% a malincuore, ma per me la materia
prima è aumentata di più», è triste Francesco Scaramuccia: « Il pollo intero lo
do a 6,20 euro, le fettine di pollo che vendevo a 8,50 ora
sono a 10,50».
Male anche gli antipasti: «Il prosciutto crudo passa da 2,90 a 3,10
l'etto», riassume la salumiera Franca Pilia, «il cotto da 2,30 a 2,50, il salame da 2,50 a 2,70, il dolce sardo
schizza da 9,90 a 10,90». Stangate
anche per Giammarco Cabras e Sara Cosa: «La ricotta è a 7 euro e non più a 6,50, le uova a 2 e prima
a 1,90, l'olio a 9 il litro invece che 8: e ci resta di meno».
I prodotti ittici. Al piano di giù, dove si vendono i prodotti del mare che tanto gasolio
costano per pescherecci e trasporti, Alessandro Sitzia ha passato il salmone fresco
da 10/11 euro a 16,80 («lo pago 14»), un euro in più per il pesce d'allevamento,
16 euro per le orate che paga 14. Andrea Carta cede le cozze a 5 euro da anni,
i bocconi a 10-12 euro, «ma rincareranno». Ignazio Milia: «Facciamo assistenza
sociale, con questi prezzi». Andrea
Campesu non vende più il salmone: «Costa troppo, come le bollette per i frigoriferi». Le orate e le spigole schizzano da 7,90 a 9,90. Non resta che annegare i
dispiaceri nel vino, se non ci gelasse Mario «niente cognome»: il bianco sfuso
l'ha passato da 2,30 a 2,45 al litro, il rosso da 2,50 a 2,60, il rosso secco
da 2,60 a 2,70. Va di traverso.
Luigi Almiento
Articolo “Unione Sarda” del 25.02.2022
Federico Marini
skype: federico1970ca
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