Kiev. «Non ritornerò mai indietro rispetto
alla mia dichiarazione che Russia e Ucraina sono un unico popolo». Mentre
l'esercito di Mosca continua a bombardare a tappeto, stringendo l'assedio da
Chernihiv a nord a Mariupol a sud, Vladimir Putin torna a parlare e rivendica
la sua guerra contro «l'anti-Russia» creata dall'Occidente, «che minaccia,
anche con armi nucleari». Un'offensiva che, secondo il presidente francese
Emmanuel Macron, che ha parlato ieri con il leader del Cremlino, mira a «prendere il controllo di tutta l'Ucraina».
Lo stop temporaneo Ma mentre i toni si fanno sempre più minacciosi, dal secondo round di negoziati nella foresta
di Brest, al confine tra Bielorussia
e Polonia, arriva l'annuncio di corridoi umanitari per l'evacuazione
dei civili, garantiti da un cessate il fuoco
temporaneo nelle
aree interessate. Secondo Kiev, sarà anche permessa la consegna di cibo e medicine alla popolazione dei
centri più colpiti. Un primo, timido segnale di apertura, di fronte al dramma di oltre un milione di profughi e un'intera popolazione allo stremo, dopo 8 giorni di conflitto.
I colloqui riprenderanno all'inizio della
prossima settimana, sempre in una zona segreta in Bielorussia. Ma intanto, ha avvertito
Putin, «l'operazione speciale continuerà. Stiamo raggiungendo
gli obiettivi e avendo successo», ha scandito il presidente russo. La seconda tornata di trattative, condotte da delegazioni sostanzialmente
identiche a quelle della prima, ha intanto portato all'intesa promessa da Mosca
su una via d'uscita «sicura» per i civili dalla aree sotto assedio. Un accordo
che adesso andrà tradotto in concreto dalle rispettive Difese.
«Progressi significativi» Il capo-negoziatore russo, Vladimir
Medinsky, ha parlato di «progressi significativi», spiegando che sono state discusse questioni umanitarie e militari, oltre ad una possibile futura soluzione politica al conflitto.
«Le posizioni della Russia e dell'Ucraina sono chiare», ha spiegato. Il consigliere di Zelensky, Mykhailo Podoliak, non si è sbilanciato,
sottolineando che non sono stati raggiunti «i risultati sperati», mentre per il capo della commissione Esteri della Duma, Leonid
Slutsky, anche lui ai colloqui, serviranno «diversi altri incontri». Nell'attesa dei quali, però, la situazione sul terreno è destinata a farsi
ancora più pesante, con la minaccia di una battaglia navale campale a Odessa, insieme al martellamento dei missili sulle città.
La richiesta Per
una vera soluzione, ha affermato Zelensky, servirebbe un incontro ai massimi livelli.
«Devo parlare con Putin, perché è l'unico
modo per fermare questa
guerra», ha detto il presidente ucraino,
assicurando di essere «aperto e pronto ad affrontare tutte le questioni». Che,
secondo i media vicini al Cremlino, riguardano anche lo status delle autoproclamate
repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk nel Donbass, dove i combattimenti
continuano senza sosta. «Siediti con me per negoziare, ma non a 30 metri» di
distanza, è stato l'appello lanciato al leader russo, evocando col guizzo
provocatorio dell'ex comico gli incontri di Putin con Macron e Scholz.
«Io non mordo. Di cosa hai paura?», ha aggiunto
il presidente ucraino, sempre più protagonista sui media internazionali, mentre
secondo l'intelligence resta l'obiettivo numero uno dei sicari di Mosca. Difficilmente però il leader
del Cremlino accetterà un incontro. Nuova
stretta Mentre l'Europa si prepara ad accogliere i rifugiati, Usa e Regno Unito
annunciano nuove sanzioni agli oligarchi, e anche la Moldavia cerca un ancoraggio
a Occidente presentando ufficialmente la sua candidatura all'adesione all'Ue. Ma è sulla difesa di Kiev, ha insistito Zelensky, che si gioca il futuro del continente. «Se
l'Ucraina cade – ha avvertito
- la Russia si prenderà i Paesi baltici e l'Europa orientale. Se noi dovessimo scomparire, sarà
il turno della Lettonia, della
Lituania, dell'Estonia. Fino al muro di Berlino, credetemi».
Articolo “Unione Sarda” del 04.03.2022
Federico Marini
skype: federico1970ca
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