venerdì 29 aprile 2022

Quando a noi uomini ci vieteranno di dire “ti amo.” La castrazione psicologica di una generazione. Di Vincenzo Maria D’Ascanio.


 

Ogni tanto mi capita di leggere le curiose riflessioni di Selvaggia Lucarelli, che dovrebbe appartenere alla schiera d’intellettuali che, con il loro pensiero, dovrebbero aiutarci a comprendere la vita, la società e se vogliamo anche dove stiamo andando. Un tempo questo compito era affidato alla penna di Leonardo Sciascia,Giorgio Bocca, Elsa Morante, Pier paolo Pasolini, Alberto Moravia, nel cinema avevamo Fellini, Visconti, Monicelli, Rossellini, nella musica avevamo Francesco Guccini, Fabrizio De Andrè, Giorgio Gaber.

Perché non è intellettuale solo chi scrive articoli o libri, l’intellettuale può esprimersi in vari modi, attraverso la sua arte e il suo pensiero rappresenta e ci aiuta a comprendere un determinato tratto della società, che altrimenti potrebbe sfuggirci. Ci aiuta a comprendere un ideale, a rendere maggiormente comprensibile un’ideologia. L’intellettuale può prevedere come sarà una società tra una trentina d’anni, oppure, nel caso svolga anche l’attività di giornalista, ci permette di comprendere un fatto che altrimenti resterebbe a tinte fosche per la stragrande maggioranza di noi.

Adesso non voglio paragonare il clima culturale del passato col nostro, perché tutti siamo vittime di un conformismo senza pietà. Però voglio proporre il ragionamento della Lucarelli, che ha parlato di un’intervista di Claudio Bisio, dove il famoso comico affermava che: “Non poteva vivere senza sua moglie.” Dunque la Lucarelli è andata su tutte le furie, perché a suo parere Bisio, con la sue parole, ha proposto un genere d’amore pericolosissimo. Grazie a un ragionamento un tantino contorto, è arrivata a dire che il “morboso” attaccamento di “certi” causa fenomeni aberranti quali il femminicidio.

Questo perché (sempre in base al ragionamento della Lucarelli) proporre un amore in cui un individuo non può vivere senza il suo partner, sarebbe un amore “malato,” perché questo genere d’amore è chiaramente viziato dalla dipendenza affettiva. In termini generali, si verifica la dipendenza affettiva quando le emozioni vissute nei confronti del nostro compagno/a sono prevalentemente senso di colpa, paura e rabbia.

Come esempio possiamo ipotizzare una qualsiasi discussione... credo che tutti abbiamo avuto discussioni col nostro partner, senza che queste degenerassero in qualcosa di morboso. Quando invece si è dipendenti affettivamente, quando c’è la discussione il soggetto dipendente non sta più pensando all’oggetto della confronto, ma sta già immaginando di perdere irrimediabilmente il compagno/a. Questo avviene per una profonda insicurezza del soggetto che soffre della dipendenza affettiva: che io non posso che definire come un disturbo comportamentale (preciso, non sono un psicologo, ma questo non mi sembra il comportamento di una persona serena), che per evitare di perdere il compagno/a si appiattisce definitivamente sulle sue posizioni, per evitare qualsiasi discussione.

Sempre secondo la Lucarelli: : “L’idea che senza l’altro si sia morti, che l’altro governi la nostra vita e che se ne sia dipendenti non è romantica. È  alla base di quei pericolosi retaggi culturali per cui, nella migliore delle ipotesi, si rimane impantanati in relazioni velenose e svilenti perché - senza l'altro non sono nessuno, e nella peggiore - ti uccido perché non puoi esistere senza di me, io devo essere il tuo tutto. - Il punto fondamentale che la giornalista evidenzia è che Bisio, uomo di spettacolo, dovrebbe utilizzare un migliore vocabolario per evitare l'emulazione di altri (tuttavia la Lucarelli non precisa in cosa consista questo "migliore")

Allora, concordo sul fatto che viviamo in una società ancora patriarcale, dove la donna è messa sullo stesse piano dell’uomo forse nella "forma" legislativa, ma non nella "sostanza," soprattutto quando si parla delle dinamiche nel mondo del lavoro. Sono maggiormente d’accordo nel sostenere che il femminicidio è un reato ignobile, che evidentemente trova i suoi presupposti dal senso di possesso di alcuni uomini nei confronti della donna. Tuttavia non posso credere che un uomo non possa dire alla propria moglie: “senza di te sarei perduto, sei la mia vita,” perché in queste parole io continuo a vedere un atto d’amore, e non una minaccia.

Purtroppo ai nostri giorni i sentimenti sono dominati dalla paura. Dirò di più: siamo surclassati dalla paura. Dalle cose più piccole a quelle più importanti, è un continuo scappare dalla paure, sfuggirle, creandocele, anche quando non c’è nessuna possibilità che si realizzino. Insomma, il classico esempio della persona che non esce di casa perché ha paura che da un balcone le cada un vaso sulla testa. La televisione, naturalmente, aumenta queste paure con le mille trasmissioni di cronaca nera: un qualsiasi fatto è scandagliato con un’accuratezza maniacale, per un omicidio dibattiti a non finire dove non si discute di nulla.

La cosa che più mi rattrista di tutto questo è che abbiamo paura di vivere i nostri sentimenti. La dipendenza affettiva della Lucarelli è una nevrosi come un altro, perché è normale che i rapporti umani siano difficili e talvolta incomprensibili, nell’amore può accadere che si soffra, però se diamo ascolto a queste idee rifiutiamo la vita  e la consegniamo prima alla paura, e poi alla morte.

Viviamo in un periodo storico dove i telegiornali ci mostrano atrocità a brutalità di ogni genere. Penso che sia normale identificarci in quanto avviene, è inevitabile, ma dobbiamo essere capaci di vivere senza dare troppo ascolto alla paura, soprattutto quando si tratta di amore, l’unico sentimento che ci permette di cambiare in “meglio.” Se consegneremo alla paura anche i nostri sentimenti rischieremo di perdere la parte migliore della vita, complicata senza che noi ci preoccupiamo di renderla ancora più difficile. Per questo dico: diamo le spalle alla paura, diciamo sì alla vita. Questo non significa trasformarci in ingenui che vanno incontro ad esperienze al limite, cercando chissà cosa. Se considerata nel modo giusto la paura può essere una buona consigliera, se diventa predominante sarà la nostra carceriera, in una cella che col tempo diventerà sempre più stretta.

Vincenzo M. D’Ascanio

«In Sardegna è tutto più caro, smettiamola di spennare i turisti»


 

È vero, ammette, che arrivare nell'Isola costa quanto a un sardo andare a New York. Il tema lo definisce «scottante», «storico». Il "caro trasporti" pesa sempre più e rischia, anche se questo non lo ammetterà mai, di far cambiare destinazione a tutti quei turisti indecisi che sì, sono affascinati dalla Sardegna, ma poi vanno da altre parti perché riescono a risparmiare proprio nei viaggi.

 

L'assessore regionale al Turismo Gianni Chessa il problema lo conosce, non lo evita, ma rilancia: «Dobbiamo fare un passo in avanti. Diciamolo pure che la Sardegna è cara, che nelle scelte delle persone non incide solo il trasporto e che se vogliamo fare turismo tutto l'anno dobbiamo smetterla di spennare il turista».

 

Capitolo trasporti «Partiamo da un dato: ci sono 171 destinazioni da e per l'Isola e molte sono internazionali. Questo vuol dire che le compagnie aeree hanno valutato che possono riempire 8 milioni di posti e quindi la gente in Sardegna viene e verrà. Se invece parliamo di navi per una famiglia di quattro persone con auto la tariffa diventa pesante. Rispetto a tante altre mete turistiche partiamo svantaggiati e il "caro trasporti" è il nostro Tallone d'Achille. Ma alla fine questa terra resta sempre appetibile e i turisti, magari con rabbia, spendono per venire da noi perché la meta è ambita. Poi però avranno meno euro per altro», afferma Chessa.

 

L'analisi Ed è proprio "sull'altro" che l'assessore accende i riflettori. «Ovviamente escludiamo chi è disposto ad andare nei grandi resort e pagare anche mille euro a notte e che quindi non ha problemi a pagare un biglietto aereo o andare in ristorante a pranzo e cena». Precisazione d'obbligo fatta, l'analisi si sposta sull'altra utenza. «A chi quindi ci stiamo rivolgendo? Chi colpisce il "caro trasporti"? Il ceto medio, ovviamente; chi durante l'anno mette da parte un po' di soldi per farsi la vacanza d'estate. Che non è solo il viaggio in aereo o in nave; per trascorrere da noi 10, 15 giorni si spende davvero tanto». Gianni Chessa a questo punto auspica «un salto di qualità. E diciamolo: quanto costa mangiare in Sardegna? Quanto dormire? Ma anche affittare un ombrellone e due, tre sdraio al mare costa molto per una famiglia.

 

Le tariffe sono alte, per questo bisogna parlare di "caro vacanze". E visto che ci siamo, quanto costa noleggiare un'auto? Ma ce lo ricordiamo che l'anno scorso chiedevano anche mille euro a settimana? Un prezzo esorbitante». Esempio del gamberone «Il turista, che già paga molto per venire in Sardegna, poi qui non vive d'aria. L'80% arriva per il mare ma deve anche avere un alloggio, mangiare, e magari comprare qualche souvenir.

 

Le faccio un esempio: io vado a fare la spesa molto spesso. L'ultima

volta ho visto in vendita gamberoni a novanta euro al chilo, gli stessi che l'anno scorso erano a metà prezzo. Ora, a parte i discorsi sulla corsa folle dei prezzi, ma mi spiega qual è il turista "medio" che va in ristorante e ordina un piatto che lo scorso anno pagava la metà? – chiede Chessa – Cioè esiste un problema serio che va affrontato, e che ovviamente va oltre il trasporto».

 

Fare sistema Il dubbio di Gianni Chessa, ma non solo, è quindi che «si voglia fare cassa in tre mesi. Però poi ci lamentiamo che non lavoriamo durante il resto dell'anno. Che si vuole fare quindi? Io penso che la Sardegna abbia le potenzialità per lavorare con il turista dodici mesi ma per farlo è fondamentale che si faccia sistema. Dal mondo dei taxi ai ristoratori, dagli albergatori a chi noleggia auto: sediamoci attorno a un tavolo e facciamo un ragionamento in maniera seria e onesta.

 

Un ragionamento ad ampio raggio che parta da un obiettivo: rendere una vacanza meno cara e allungare la stagione». Nuova mentalità Insomma, il concetto per l'assessore regionale è chiaro: «Dobbiamo cambiare mentalità. Non possiamo spennare il turista ma convincerlo a tornare da noi anche l'anno successivo. E per farlo dobbiamo calmierare i prezzi e assicurare i servizi. Basta nascondersi ogni volta dietro il "caro trasporti", bisogna andare avanti».

 

Michele Masala

 

Articolo “L’Unione Sarda” del 29.04.2022

-----------------

Federico Marini

marini.federico70@gmail.com

skype: federico1970ca

 

sabato 23 aprile 2022

Amministrative, test per le coalizioni: 66 Comuni al voto


 

 

Due Comuni con più di quindicimila abitanti al voto il 12 giugno, ma non sarà un test per la Giunta guidata da Christian Solinas: semmai per le coalizioni. Oristano e Selargius sono da sempre roccaforti del centrodestra che anche stavolta parte favorito, nonostante nel primo caso si faccia molta fatica a fare sintesi su un candidato. A venti giorni dalla presentazione delle liste non c'è ancora un nome, e il caso Oristano potrebbe finire dritto all'ordine del giorno del tavolo nazionale impegnato in questi giorni a gestire lo scenario della Sicilia dove, nei principali Comuni coinvolti (Palermo e Messina), la coalizione è in frantumi.

 

Equilibri In Sardegna si pone una questione di equilibri: a Cagliari c'è un sindaco di Fratelli d'Italia, a Olbia di Forza Italia, Selargius va verso una conferma dell'uscente Gigi Concu (Forza Italia). E a Oristano? Potrebbe voler dire la sua anche la Lega. «È importante garantire la presenza di tutte le forze politiche sul territorio», dichiara infatti il coordinatore regionale Dario Giagoni, annunciando che «presenteremo il nostro candidato la prossima settimana».

 

I centri chiamati alle urne sono 66, duecentomila i sardi mobilitati. Nei due con più di quindicimila abitanti esiste la possibilità di un secondo turno di ballottaggio in programma domenica 26 giugno. Oristano è la Provincia con più centri (19) al rinnovo di sindaci e consigli comunali, seguita da Sassari (16), Sud Sardegna (14), Nuoro (13) e Città Metropolitana di Cagliari (3).

 

Occasione mancata Nessun test per la Giunta anche secondo Francesco Agus, capogruppo dei Progressisti in Consiglio regionale. «Il test è solo a livello locale», spiega, «e il livello regionale non è mai stato coinvolto. Forse in questo deve essere registrato un errore da parte nostra, ma è un dato di fatto che il Pd non ha un segretario, il Movimento Cinquestelle non ha un segretario, mentre il nostro percorso è fermo a un livello costituente». Insomma, «la coalizione centrosinistra-M5S avrebbe potuto costituire un valore aggiunto, far pesare a livello di governo locale quanto poco piaccia la Giunta Solinas». Ma non l'ha fatto, e alla fine «le dinamiche interne di Oristano e Selargius non si differenziano rispetto a quello che accade

nei Comuni di tremila abitanti».

 

Ora, interviene il consigliere regionale oristanese M5S Alessandro Solinas, «siamo al lavoro per cercare di chiudere le liste, il centrodestra è impantanato alla ricerca di un candidato e sta a noi riuscire a sfruttare questo vantaggio: siamo riusciti a mostrarci coesi, ora dobbiamo far capire alla cittadinanza la nostra proposta politica». Più lineari i giochi a Selargius, dove Concu si ricandida per il centrodestra ma senza il supporto del Psd'Az. Come a Carbonia, i sardisti sosterranno assieme al Pd il candidato civico del centrosinistra Franco Camba.

 

Il decreto. Il 12 giugno sarà election day: amministrative e i cinque referendum sulla giustizia lo stesso giorno. Lo scrutinio del voto comincerà dai referendum, come emerge dalla bozza di decreto per l'election day, mentre lo scrutinio relativo alle amministrative scatterà dalle 14 di lunedì 13. La bozza del decreto detta anche le norme anti-Covid per consentire il voto in piena sicurezza e prevedendo lo stanziamento di 38 milioni per sanificare i seggi. Inoltre, solo per le comunali le sottoscrizioni per la presentazione di liste e candidature saranno ridotte ad un terzo. Dovrebbe essere rinviata al 2023, invece, la sperimentazione sul voto elettronico.

 

Roberto Murgia

Articolo “L’Unione Sarda” del 22.04.2022

-----------------

Federico Marini

marini.federico70@gmail.com

skype: federico1970ca

 

mercoledì 20 aprile 2022

Radici e genesi dell’eurocentrismo e dell’occidentalismo. Di Francesco Casula.


 

La guerra in Ucraina, con l’invasione e l’aggressione dell’autocrate e despota russo Putin, sanguinario e cinico, ha riproposto l’antica e vexata Quaestio della opposizione e dicotomia dei valori occidentalisti con tutti gli “altri”, circuitati e propagandati non a caso dai grandi mezzi di informazione, come “valori” superiori. Da parte mia, in questa mia disamina riflessione e ricerca voglio esclusivamente cercare di individuare la genesi e le radici ideologiche e storiche dell’Occidentalismo e dell’Eurocentrismo. Rimando invece ad altre sedi (segnatamente al mio profilo facebook) le mie riflessioni e valutazioni sulla vicenda bellica in corso, partendo dal presupposto che una guerra mai e per nessun motivo può essere giustificata, in quanto sempre foriera de eccidi (specie dei civili); di distruzione di risorse; di devastazione del territorio e dell’ambiente.

 

Analisi

 

Entro subito in medias res, partendo da lontano: dallo storico Erodoto (secolo VIII a.c.) per cui l’Europa è una semplice nomenclatura geografica; con Roma diventa invece la Respublica romana prima e l’impero poi, cui Virgilio assegna il destino di parcere subiectos et debellare superbos. L’eroe virgiliano Enea, è il simbolo dell’unione fra l’Oriente e Occidente, ma è anche quello della supremazia occidentale. Non per niente si dirige da Troia verso Ovest. E dove va, in Africa? No. Il fascino di Didone non è sufficiente a trattenerlo. E’ in Europa che egli sbarca e si sistema e la sua scelta è il simbolo della futura battaglia di Azio in cui l’Occidente con Ottaviano riporterà la vittoria sull’Oriente al quale Antonio si era dato. Nel 769 lo spagnolo Isidoro il giovane, descrivendo la battaglia di Poitiers parla dell’esercito di Carlo Martello come di un esercito di Europei contro gli Arabi.

L’impero di Carlo Magno sorge contrapposto all’Oriente e la Respublica Christiana. o la Christianitas o il Sacrum Imperium o l’Occidens o l’Europa cristiana che dir si voglia, si muove unita con le Crociate contro gli infedeli, sollecitata e benedetta dal papa “pastore clementissimo e capo dell’Europa intera” (Widukind). E sarà unita nella riconquista della terra santa, nella reconquista in Spagna, nella difesa di Bisanzio contro i Turchi. Sarà il papa in persona, Enea Silvio Piccolominialias Pio II a predicare (in “De Ortu et auctoritate Imperii”) la crociata dell’Europa – che per lui si identifica nella Cristiana communitas contro i Turchi bollati dall’Ariosto come immondi e dal poeta portoghese Camoens feroci ottomani. Contro di essi deve dunque muoversi in armi la magnanima Europa: la definizione è del poeta Giambattista Spagnoli.

 

Alla fine del ‘400 il massacro di interi popoli indios, la distruzione di memorabili civiltà come quelle dei Maya, degli Aztechi o degli Incas, diventano pomposamente scoperte e imprese dei Colombo e dei Vespucci, dei Magellano e dei Caboto. Naturalmente la “conquiste” sono ispirate e legittimate da nobilissime intenzioni: gli indigeni sono gente senza fede e senza leggi” (Vespucci) e dunque occorre portare loro la civiltà le leggi e la religione europea.

 

Sono voci inascoltate quelle di Charles-Andrè Julien – creatore del mito del buon selvaggio – o di Jean de Lery ma soprattutto di Montaigne che sdegnato scrive in un passo di un suo celebre Saggio, Dei Cannibali : ”Provo vergogna nel vedere i nostri uomini inebriati da questo stupido stato d’animo e sbigottiti per le forme contrarie alle loro. Hanno l’impressione di essere fuori dal loro elemento, quando sono fuori dal loro paesello. Ovunque vadano si attengono alle loro usanze e disprezzano le altre”.

 

E aggiunge: In queste nazioni non c’è nulla di barbaro e di selvaggio – come mi hanno detto – soltanto che ciascuno chiama barbarie ciò che non è di sua consuetudine. Queste contrade sono ancora troppo vicine, nella loro ingenuità originale, le leggi naturali comandano ancora e non sono molto imbastardite dalle nostre. Certo, essi sono cannibali, ma noi siamo forse migliori? Noi li possiamo chiamare barbari per quanto riguarda le regole della ragione, ma non riguardo a noi che li superiamo in ogni genere di barbarie… Essi sono selvaggi allo stesso modo che noi chiamiamo selvatici i frutti che la natura ha prodotto da sé nel suo naturale sviluppo: laddove in verità, sono quelli che col nostro artificio abbiamo alterati e distorti dall’ordine generale che dovremmo piuttosto chiamare selvatici. In quelli sono vive e vigorose le vere, più utili e naturali virtù e proprietà, che invece noi abbiamo imbastardite in questi, soltanto per adattarle al piacere del nostro gusto corrotto“. E conclude: “Tante città rase al suolo, tante nazioni sterminate, milioni di persone passate per le armi e la parte più ricca e bella del mondo sconvolta soltanto per il commercio delle perle e del pepe”.

 

L’eurocentrismo non entrerà in crisi neppure con la Rivoluzione Francese che pure con la Costituzione del 1791 proibisce qualsiasi conquista riprendendo la dottrina del 22 Maggio del 1790 con la Dichiarazione della pace nel mondo. Essa così afferma: ”La nazione francese rinuncia a intraprendere qualsiasi guerra con lo scopo di fare conquiste e non impiegherà la sua forza contro la libertà di alcun popolo”.

 

Sappiamo come andarono le cose: l’espansione “rivoluzionaria” per la libertà degli altri popoli si tradurrà in un gigantesco sforzo di egemonia e di guerre, soprattutto con Napoleone, per riaffermare il dominio eurocentrico sull’Oriente, l’Asia e l’Africa. Si potrebbe obiettare che Napoleone più che un grande europeo fu un grande imperialista ambizioso. È  vero: ma sempre dal punto di vista eurocentrico: ”Vuole espandere dappertutto l’unità dei codici, dei principi, delle opinioni, dei sentimenti europei”. Ma soprattutto vuole espandere gli “interessi” europei con le armi! Così – scrive perspicuamente Albert Camus “la filosofia dei lumi mette capo all’Europa del coprifuoco”.

 

Così, una rivoluzione, quella francese, che pare mettere in crisi l’idea dell’Europa come Comunità superiore, in realtà la rafforza e si pone per eccellenza, come la rivoluzione occidentalista dell’occidentalismo borghese, illuministico, razionalistico, e scientista che sta alla base dello sviluppismo produttivista e dell’ industrialismo borghese odierno tutto giocato sulla “globalizzazione” dell’economia e della cultura di cui ho parlato prima.

 

Con la crisi dell’Europa tradizionale di Joseph de Maistre si afferma l’Europa degli Stati-nazione non meno eurocentrica né meno oppressiva nei confronti dei popoli. Lo Stato- nazione infatti, tipica espressione dello spirito occidentalista, lungi dal rivelarsi come l’Assoluto hegeliano, l’attuazione dello spirito del popolo, l’idea dello spirito nella manifestazione esterna del volere umano e della sua libertà, significherà lacrime e sangue per le stesse popolazioni europee ma soprattutto per il mondo colonizzato.

 

Sarà l’Europa degli Stati nazionalisti, militaristi e capitalistici che si lanciano alla conquista del mondo – dal Sud est dell’Asia all’Africa alla stessa Cina – in una pazza corsa verso la colonizzazione alla quale partecipa la maggior parte delle potenze europee dopo il 1880, per portare la civiltà “superiore”, comodo paravento per giustificare ogni ambizione ferocia e sterminio.

 

In Francia si parla dell’idea lanciata da Albert de Mun sui doveri delle razze superiori. ”Le razze superiori hanno un diritto perché hanno un dovere” – affermerà Jules Ferry il 28 Luglio 1885 parlando alla Camera. “Esse hanno il dovere di civilizzare le razze inferiori”. Il Governatore generale Merlin, nel 1910 è ancora più categorico: “In virtù del diritto di una razza civile, possiamo occupare i territori lasciati incolti dalle popolazioni barbare”.

 

Questa razza civile è – manco a dirlo – quella europea. Lo storico tedesco Leopold Von Ranke parla di “Un germe, uno spirito dell’Occidente che ha compiuto dei progressi enormi, che ha conquistato l’America togliendola alle forze brute della natura e alle popolazioni indomabili che l’abitavano e l’ha trasformata completamente. Attraverso strade diverse è penetrata fino al limite della lontana Asia, dove non esiste che la Cina a sbarrargli il passaggio e cinge l’Africa avendo occupato le sue coste. Irresistibile, ineguagliabile, invincibile, grazie alle sue armi e alla sua scienza è diventata il padrone del mondo”.

 

Su questi presupposti teorici si affermerà il nuovo eurocentrismo militarista e imperialista degli Stati che genererà la prima guerra mondiale con gli otto milioni e mezzo di morti, distruzione e devastazione economica, miseria e carestia e… disordine su cui nascerà il “Nuovo Ordine” fascista e nazista.

 

L’Ordine Nuovo di Hitler infatti è totalmente eurocentrico, per lui infatti l’Europa – la nuova Europa – “non è soltanto un’espressione geografica ma un concetto culturale e morale, per i mille anni a venire”. Il postulato, un vero e proprio dogma agli occhi di Hitler, è quello dell’ineguaglianza delle razze umane. Di tutte le razze, quella più completa, quella che possiede una maggiore intelligenza, una maggiore energia, un maggiore potere creativo, è la razza dei grandi ariani biondi dolicocefali. Essa ha quindi diritto di conquistare lo spazio vitale.

 

Si chiede – retoricamente – il grande storico francese Jean-Baptiste Duroselle : “Questa famosa civiltà europea esiste ed è veramente più valida delle altre civiltà?” Ecco la sua risposta: ”Io mi sento culturalmente e intellettualmente più vicino a Leopold Senghor che non al mio miglior amico inglese o olandese, cosa che non pregiudica affatto la nostra amicizia. E quando mi si dice che l’Europa è il paese del Diritto e della dignità umana io penso al razzismo; quando mi si dice che è il paese della ragione io penso a Cartesio che sosteneva che il buon senso è la cosa meglio suddivisa nel mondo”.

 

Francesco Casula

Storico e saggista della cultura sarda.

 

 

Articolo tratto da https://www.sindipendente.com/

Giovedì 05 Maggio 2022 dalle ore 20:30 alle ore 22:30, Presentazione del libro: "Bipolare) La melanconia, la mania, il suicidio e Lacan


BIPOLARE? La melanconia, la mania, il suicidio e Lacan

Giovedì 05 Maggio 2022 dalle ore 20:30 alle ore 22:30

 

Evento online

 

Evento di Istituto Freudiano

 

Pubblico  · Chiunque su Facebook o fuori Facebook

 

Prenota su: http://www.istitutofreudiano.com/event/roma-bipolare-la-melanconia-la-mania-il-suicidio-e-lacan/?fbclid=IwAR0dR0B2SNi5eWkOdBQMnBS6lcZQMtHW_ERdoQEIeEe2pVquWsLOpfuqZvI

 

Presentazione del libro
"Bipolare? La melanconia, la mania, il suicidio e Lacan" di Roberto Cavasola, psichiatra, psicoanalista membro SLP e AMP, docente IF (Quodlibet)

 

Dialoga con l’Autore

Antonio Andreoli, psichiatra, membro International Psychoanalitic Association e presidente Società Svizzera di Psicoanalisi a Ginevra

 

Coordina


Antonio Di Ciaccia, psicoanalista, membro SLP, ECF e AMP, traduttore e curatore dell’Opera di Lacan in Italia, presidente IF

!!! EVENTO GRATUITO ONLINE SU ZOOM

 

Info
email: segreteria@istitutofreudiano.it
tel. 066786703

 


S’Istoria sarda in limba sarda. Di Francesco Casula.

  In unas cantas pimpirias, in televisione, apo contau s'istoria  sa literadura, sa poesia sarda.  - in sa de tres chistionende de s ...