lunedì 8 gennaio 2024

Carlos Monzon, l’implacabile. Di Vincenzo Maria D’Ascanio.


 

(08 gennaio 1995) Muore in un incidente d'auto il pugile argentino Carlos Monzon, più volte campione del mondo. Fu avviato alla boxe da Amilcar Brusa, l'uomo che rimarrà sempre al suo fianco nelle sue imprese. Dopo circa settanta incontri vinti fra i dilettanti, nel 1963 passa al professionismo; la sua prima borsa è di 3000 pesos, che corrispondono al guadagno di trent’anni di lavoro del padre.

 

Subisce soltanto tre sconfitte nella sua carriera, ai punti, con avversari che avrebbe poi battuto in incontri di rivincita. Dotato di una notevole altezza, 184 cm, per la sua categoria - pesi medi (72,574 kg), deve il suo successo all'assenza di punti deboli. Pur non avendo grande scherma pugilistica, è essenziale, completo, con un fisico d'acciaio, un pugno pesante e preciso accompagnato da un notevole allungo. Inoltre è un ottimo incassatore, al tappeto 2/3 volte nell'intera carriera professionistica. Caratteristiche che fanno di lui un pugile freddo, tranquillo, determinato, sempre padrone della situazione, spietato con gli avversari.

 

Disputa il primo incontro da professionista il 6 febbraio 1963, battendo Ramón Montenegro alla seconda ripresa, e arriva da semisconosciuto alla sfida per la corona mondiale dei pesi medi contro Nino Benvenuti il 7 novembre 1970 a Roma.

 

In dodici riprese Monzón si rivela pugile completo ed essenziale; Benvenuti è la prima vittima illustre del suo implacabile destro. L'8 maggio dell'anno seguente, a Montecarlo si disputa la rivincita e questa volta solo il lancio della spugna salva Benvenuti dai colpi impietosi dell'argentino. Monzón chiuse la carriera nel 1977 dopo quattordici incontri per la difesa del titolo mondiale e dopo un'epica doppia sfida contro Rodrigo Valdez.

Monzòn ha vissuto fino in fondo il cliché del campione maledetto, spingendo sempre sull’acceleratore della vita. Il più grande pugile argentino, inserito dai critici fra i primi cinque al mondo di ogni tempo; l’idolo delle masse sudamericane, ben prima di Maradona; l’uomo che faceva girare la testa alle femmine più belle del pianeta, con i suoi pugni d’acciaio e l’aria da indio imperscrutabile.


Questo è stato Monzòn. Ma anche un campione dall’anima nera, che picchiava le donne, frequentava cattive compagnie, si ubriacava e dilapidava con straordinaria facilità le borse milionarie vinte sul ring. Una vita, se non controcorrente, quanto meno a corrente alternata; conclusa poi nel peggiore dei modi.
Dall’inferno al paradiso e poi di nuovo giù.

 

 

Vincenzo Maria D’Ascanio

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