(08 gennaio 1995) Muore in un incidente d'auto il pugile argentino
Carlos Monzon, più volte campione del mondo. Fu
avviato alla boxe da Amilcar Brusa, l'uomo che rimarrà sempre al suo fianco
nelle sue imprese. Dopo circa settanta incontri vinti fra i dilettanti, nel
1963 passa al professionismo; la sua prima borsa è di 3000 pesos, che corrispondono al guadagno di trent’anni di lavoro del padre.
Subisce soltanto tre sconfitte nella sua carriera, ai punti, con
avversari che avrebbe poi battuto in incontri di rivincita. Dotato di una notevole altezza, 184 cm, per la sua
categoria - pesi medi (72,574 kg), deve il suo successo all'assenza di punti
deboli. Pur non avendo grande scherma pugilistica, è essenziale, completo, con
un fisico d'acciaio, un pugno pesante e preciso accompagnato da un notevole
allungo. Inoltre è un ottimo incassatore, al tappeto 2/3 volte
nell'intera carriera professionistica.
Caratteristiche che fanno di lui un pugile freddo, tranquillo, determinato,
sempre padrone della situazione, spietato con gli avversari.
Disputa
il primo incontro da professionista il 6 febbraio 1963, battendo Ramón Montenegro alla seconda ripresa, e arriva da semisconosciuto alla sfida per la corona mondiale dei
pesi medi contro Nino Benvenuti il 7 novembre 1970 a Roma.
In
dodici riprese Monzón si rivela pugile completo ed essenziale; Benvenuti
è la prima vittima illustre del suo implacabile
destro.
L'8 maggio dell'anno seguente, a Montecarlo si disputa la rivincita e questa
volta solo il lancio della spugna salva Benvenuti dai colpi impietosi
dell'argentino. Monzón
chiuse la carriera nel 1977 dopo quattordici incontri per la difesa del titolo
mondiale e dopo un'epica doppia sfida contro Rodrigo Valdez.
Monzòn ha vissuto fino in
fondo il cliché del campione maledetto, spingendo sempre
sull’acceleratore della vita. Il più grande pugile argentino, inserito dai
critici fra i primi
cinque al mondo di ogni tempo; l’idolo delle masse sudamericane, ben prima di Maradona; l’uomo
che faceva girare la testa alle femmine più belle del pianeta, con i suoi pugni
d’acciaio e l’aria da indio imperscrutabile.
Questo è stato Monzòn. Ma anche un
campione dall’anima nera, che picchiava le donne, frequentava cattive
compagnie, si ubriacava e dilapidava con straordinaria facilità le borse
milionarie vinte sul ring.
Una vita, se non controcorrente, quanto meno a corrente alternata; conclusa poi
nel peggiore dei modi.
Dall’inferno al paradiso e poi di nuovo giù.
Vincenzo Maria D’Ascanio
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