venerdì 19 gennaio 2024

Paolo Borsellino e la lotta contro la mafia. Di Vincenzo Maria D'Ascanio


 

“Se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo.” Paolo Emanuele Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940 – Palermo, 19 luglio 1992)

(19 gennaio 1940) Nasce a Palermo Paolo Borsellino, stessa città dove morirà il 19 luglio 1992 in seguito a un attentato della mafia in via d'Amelio, uccidendo oltre a Borsellino anche i cinque agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

 

Borsellino nasce nell'antico quartiere di origine araba della Kalsa. Entrambi i genitori sono farmacisti. Frequenta il Liceo classico "Meli" e si iscrive presso la facoltà di Giurisprudenza di Palermo: all'età di 22 anni consegue la laurea col massimo dei voti. Nel periodo universitario Paolo Borsellino viene anche eletto come rappresentante studentesco nella lista del Fuan Fanalino. Pochi giorni dopo la laurea muore il padre. Prende così sulle sue spalle la responsabilità di provvedere alla famiglia. S’impegna con l'ordine dei farmacisti a tenere l'attività del padre fino al conseguimento della laurea in farmacia della sorella.

 

Tra piccoli lavoretti e le ripetizioni Borsellino studia per il concorso in magistratura che supera nel 1963. Da allora Borsellino fu un incorruttibile magistrato, sino a far parte del “pool antimafia” costituito dal giudice Antonino Caponnetto. Il pool era un gruppo di giudici istruttori che si sarebbero occupati esclusivamente dei reati di stampo mafioso e, lavorando in gruppo, essi avrebbero avuto una visione più chiara e completa del fenomeno mafioso e, di conseguenza, la possibilità di combatterlo più efficacemente.

 

Caponnetto chiamò Borsellino a fare parte del pool insieme con Giovanni Falcone, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta. Il pool lavora duramente per processare e condannare molti esponenti mafiosi, e nel maxiprocesso di Palermo (preparato insieme a Falcone sull’isola dell’Asinara) che si conclude con 342 condanne, tra cui 19 ergastoli.

Il 24 luglio circa 10.000 persone parteciparono ai funerali privati di Borsellino (i familiari rifiutarono il rito di Stato; la moglie, Agnese Borsellino, accusava il governo di non aver saputo proteggere il marito, e volle una cerimonia privata senza la presenza dei politici), celebrati nella chiesa di Santa Maria Luisa di Marillac, disadorna e periferica, dove il giudice partecipava solitamente alla messa. L'orazione funebre la pronuncia Antonino Caponnetto, il vecchio giudice che diresse l'ufficio di Falcone e Borsellino: «Caro Paolo, la lotta che hai sostenuto dovrà diventare e diventerà la lotta di ciascuno di noi».

 

Pochi i politici: il presidente Scalfaro, Francesco Cossiga, Gianfranco Fini, Claudio Martelli. Il funerale è commosso e composto, interrotto solo dagli applausi. Qualche giorno prima, i funerali dei cinque agenti di scorta si svolsero nella Cattedrale di Palermo, ma all'arrivo dei rappresentanti dello stato (compreso il neo Presidente della Repubblica Italiana, Oscar Luigi Scalfaro), una folla inferocita sfondò la barriera creata dai 4000 agenti chiamati per mantenere l'ordine. La folla urlava "Fuori la mafia dallo stato". Il Presidente della Repubblica fu fatto uscire con grosse difficoltà, e fu spintonato anche il capo della polizia. La salma è stata tumulata nel Cimitero di Santa Maria di Gesù a Palermo.


Vincenzo Maria D’Ascanio

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