“Se
la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia
svanirà come un incubo.” Paolo Emanuele Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940 –
Palermo, 19 luglio 1992)
(19
gennaio 1940) Nasce a Palermo Paolo
Borsellino, stessa città dove morirà il 19 luglio 1992 in seguito a un attentato della mafia in via d'Amelio, uccidendo oltre a
Borsellino anche i cinque agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli,
Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Borsellino
nasce nell'antico quartiere di origine araba della Kalsa.
Entrambi i genitori sono farmacisti. Frequenta il Liceo classico
"Meli" e si iscrive presso la facoltà di Giurisprudenza di Palermo:
all'età di 22 anni consegue la laurea col massimo dei voti. Nel periodo universitario Paolo Borsellino viene
anche eletto come rappresentante studentesco nella lista del Fuan Fanalino. Pochi giorni dopo la laurea muore il padre. Prende così
sulle sue spalle la responsabilità di
provvedere alla famiglia. S’impegna
con l'ordine dei farmacisti a tenere l'attività del padre fino al conseguimento
della laurea in farmacia della sorella.
Tra piccoli lavoretti e le ripetizioni Borsellino studia per il
concorso in magistratura che supera nel 1963.
Da allora Borsellino fu un incorruttibile magistrato, sino a far parte del “pool antimafia”
costituito dal giudice Antonino Caponnetto. Il pool era un gruppo di giudici
istruttori che si sarebbero occupati esclusivamente dei reati di stampo mafioso
e, lavorando in gruppo, essi avrebbero avuto una visione più chiara e completa
del fenomeno mafioso e, di conseguenza, la possibilità di combatterlo più efficacemente.
Caponnetto chiamò Borsellino a fare parte del pool insieme con
Giovanni Falcone, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta. Il pool lavora duramente per processare e condannare molti
esponenti mafiosi, e nel maxiprocesso di Palermo (preparato insieme a Falcone
sull’isola dell’Asinara) che si conclude con
342 condanne, tra cui 19 ergastoli.
Il
24 luglio circa 10.000 persone parteciparono ai funerali privati di Borsellino
(i familiari rifiutarono il rito di Stato; la moglie, Agnese Borsellino,
accusava il governo di non aver saputo proteggere il marito, e volle una
cerimonia privata senza la presenza dei politici), celebrati nella chiesa di
Santa Maria Luisa di Marillac, disadorna e periferica, dove il giudice partecipava
solitamente alla messa. L'orazione funebre la pronuncia Antonino Caponnetto, il
vecchio giudice che diresse l'ufficio di Falcone e Borsellino: «Caro Paolo, la
lotta che hai sostenuto dovrà diventare e diventerà la lotta di ciascuno di
noi».
Pochi i politici: il presidente Scalfaro, Francesco Cossiga,
Gianfranco Fini, Claudio Martelli. Il funerale è commosso e composto,
interrotto solo dagli applausi.
Qualche giorno prima, i funerali dei cinque agenti di scorta si svolsero nella
Cattedrale di Palermo, ma all'arrivo dei rappresentanti dello stato (compreso
il neo Presidente della Repubblica Italiana, Oscar Luigi Scalfaro), una folla
inferocita sfondò la barriera creata dai 4000 agenti chiamati per mantenere
l'ordine. La folla urlava
"Fuori la mafia dallo stato".
Il Presidente della Repubblica fu fatto uscire con grosse difficoltà, e fu
spintonato anche il capo della polizia. La salma è stata tumulata nel Cimitero
di Santa Maria di Gesù a Palermo.
Vincenzo Maria D’Ascanio
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