È l'uomo del momento, Alessandro Zan.
Ancor di più dopo che il disegno di legge contro l'omobitransfobia che porta il
suo nome è stato, come si dirà più volte nel corso della serata, «volgarmente e
vergognosamente affossato dal voto segreto in Senato», nei giorni scorsi. Zan ha presentato ieri sera a Cagliari il suo libro "Senza paura. La nostra battaglia contro
l'odio" (ed. Piemme). A
dialogare con lui Andrea Frailis, giornalista e volto storico di Videolina ma oggi
impegnato nel ruolo di deputato alla Camera nelle fila dello stesso partito di
Zan, il Pd.
La battaglia. L'arcobaleno
idealmente si sposta dalla strada negli spazi interni dell'albergo
cagliaritano. Prima una conferenza stampa "volante" fa il punto sul
tema politico, l'accento si posa sulle prospettive: «Non ci fermiamo. Non ci rassegniamo. Si proseguirà con più vigore di prima. L'Italia è altra cosa rispetto ai suoi attuali rappresentanti
in Parlamento». Subito
dopo spazio al racconto del libro.
Sala gremita. E
tanta curiosità. Molti i giovani in prima linea, qualcuno indossa la mascherina
multicolore, simbolo dell'universo Lgbtq+; gli adulti ascoltano attenti e
silenziosi, sembrano prendere mentalmente appunti. Cagliari riscopre la propria coscienza civile. E se
per alcuni è una novità, per tanti altri, la maggioranza, ha il sapore di una
gradita riconferma. Si parte con un applauso, che si allunga non appena Andrea Frailis
ricorda Laura Grasso, donna che ha incarnato, sempre in prima persona, la
realtà "arcobaleno" in Sardegna.
Gli ostacoli. Si
entra con delicatezza nei temi più intimi della vita di Alessandro Zan. In particolare
quando viene sollecitato sul rapporto con i propri genitori. E si scopre che il
suo vissuto, il suo particolare, è storia comune a una moltitudine di ragazze e
ragazzi che hanno paura di non essere capiti. «La
famiglia può essere un grande rifugio o montagna da scalare», ha
spiegato Zan, «si fa fatica quando si ha un padre erede di una visione
patriarcale più rigida. Diceva che l'omosessualità era una malattia. E votava
lega». Difficile crescere in un contesto simile. Complicato dichiararsi per ciò
che si è.
«Mi rendevo conto», prosegue nel racconto
il deputato padovano, «che nella società non era previsto un posto anche per
me. A scuola, non avevo nessuno con cui scambiare i bigliettini dei primi
amori. Anzi, convivevo con compagni di classe omofobi, sempre pronti alle
battute feroci e agli insulti: "fr….", dicevano. Per me è stato un
grande dolore. Oggi, mi rendo conto che non era colpa loro: sono cresciuti in
brodo culturale che avallava le discriminazioni».
Il cambiamento Il vissuto non cambia. Il contesto non si evolve. E così Zan fa
l'Erasmus in Gran Bretagna «in una città brutta e povera, l'ostile Sunderland»,
che però lo aiuta a diventare più consapevole. «Quando rientro in Italia, dai
miei, faccio coming out», rivela alla platea silenziosa e attenta, «mia madre rimane
disorientata. Mio padre, invece, la prende malissimo. Per un anno non ci siamo parlati. Poi ha iniziato un percorso personale
che gli ha fatto fare i conti con una realtà che non era quella immaginata.
Ciascun genitore ha delle aspettative per i propri figli».
È proprio la politica a riunificare la
famiglia Zan: quando Alessandro
si candida il genitore prende il suo
materiale elettorale e lo inizia
a distribuire in paese, orgoglioso che il figlio attivista gay corre
per un posto alla Camera. «Ha pure smesso
di votare Lega», chiosa a
margine della storia.
I passi. L'incontro
con il pubblico cagliaritano è l'occasione per ripercorrere l'iter del disegno di legge e per rimarcare quanto i giovani «già conoscono
il paese che sarà. Noi dobbiamo
solo lottare per riuscire a darglielo per come lo vogliono. La scuola e l'educazione sono la chiave».
L'ultima battuta è di Andrea Frailis: «La Costituzione statunitense riconosce il
diritto alla felicità». Il messaggio è chiaro.
Giovanni Follesa
Articolo
“La Nuova Sardegna,” 25.10.2021
Federico Marini
skype: federico1970ca