Ottuso,
guardate, non è solo il giudizio di Raimondo Carta Raspi (Storia della
Sardegna, Mursia editore, 1971): è il giudizio, di Pietro Martini, che scriverà
testualmente: “Era alieno dalle lettere”, e va bene, non tutti possono essere
poeti e scrittori, ma prosegue: “…e da ogni attività che gli ingombrasse la
mente”( Storia di Sardegna dall’anno 1799 al 1816, a cura di Aldo Accardo,
Ilisso Edizioni,1999).
Era
alieno dalle lettere e da ogni attività che gli ingombrasse la mente! Ma a mio
parere i demeriti di Carlo Felice sono altri e ben più gravi: anche se con
questa sua ottusità, durante il periodo giudicale, mai e poi mai sarebbe
diventato giudice, perché il Giudice-re, pur provenendo dalla famiglia
giudicale, doveva per essere intronizzato avere il consenso della Corona De
Logu, e quando si trattava di persone ottuse evidentemente non venivano
intronizzati. I demeriti - dicevo – sono ben altri.
Carlo
Felice è fra tutti i re sabaudi il più reazionario. Lo scrive
il già citato Raimondo Carta-Raspi:”Più ottuso e reazionario d’ogni altro
principe, oltre che dappoco, gaudente parassita, gretto come la sua
amministrazione”(Storia della Sardegna, op. cit.). E lo sostiene anche Pietro
Martini – ripeto, pur filo monarchico e filo sabaudo: “Non sì tosto il governo
passò in mani del duca del Genevese (Leggi Carlo Felice, nda), la reazione levò
più che per lo innanzi la testa; cosicché i mesi che seguirono furono tempo di
diffidenza, di allarme, di terrore pubblico”. Ancora sulla stessa linea il
Carta-Raspi: “Nei consigli del principe prevaleva il
principio del terrore e dell’arbitrio senza limiti”.
Terrore
pubblico dunque riuscì a creare Carlo Felice agendo sempre con arbitrio senza
limiti: da re come da viceré. Si deve a lui la repressione violenta, con
l’assassinio di Francesco Cillocco e Francesco Sanna-Corda o l’impiccagione dei
martiri e patrioti di Palabanda. La repressione
violenta Carlo Felice la esercita delegandola al famigerato Giuseppe Valentino,
soprattutto nei confronti dei democratici, come nel caso di Vincenzo Sulis, il capopopolo
della rivolta cagliaritana contro i Piemontesi nel 1794, spesso “inventando”
congiure inesistenti, e prezzolando i delatori.
Sarà il
Valentino, presidente del tribunale speciale istituito nel Capo di Sopra per
dare parvenza di legalità alla feroce repressione, personaggio crudele ed
efferato, che amava pure far squartare le sue povere vittime: infatti dopo
averle impiccate, fatta loro tagliare la testa – che rinchiudevano in una
gabbia di ferro ed esponevano all’ingresso dei paesi natali, come “monito” – il
resto del corpo veniva fatto in quattro: di qui l’espressione rimasta nella
lingua sarda, come il peggiore frastimu e irrocu: iscuartarau sias!
Ricordo
che a soprannominarlo Carlo Feroce furono i liberali piemontesi e Angelo
Brofferio,
astigiano, poeta, e critico teatrale nonché patriota (anche lui perseguitato e
arrestato in Piemonte nel 1830, regnante Carlo Felice) e che nel 1854 verrà
eletto deputato in Sardegna, a Cagliari, per protesta contro Cavour.
Ma secondo
me la cosa peggiore persino della sua ferocia è un’altra: I Savoia, cacciati da
Napoleone, come esuli arrivano in Sardegna nel 1799, senza mutande, dicono gli
storici, pidocchiosi, morti di fame. La prima operazione che fanno è di
triplicare il donativo, le tasse regie, che passano da 200.000 lire sarde a
600.000 lire sarde. Carlo Felice si becca 40.000 lire sarde, e va bene; il
fratello, il Duca di Moriana se ne becca altrettante. morirà giovane, e si
prende quelle sue 40.000 lire sarde Carlo Felice, quando quei soldi sarebbero
dovuti ritornare alla tesoreria regia.
La
ripartizione di questi maggiori oneri fiscali, ad accrescere gli squilibri e il
malcontento, era fatta in modo iniquo, i villaggi, ad esempio, dovevano
pagare più del clero e dei feudatari: ben 87.500 lire sarde (75 mila il clero e
appena 62 mila i feudatari), ricorda Pietro Martini nel libro che ho già
citato.
Ebbene un
patrizio algherese, giurista, anche lui filo sabaudo, che farà una carriera
travolgente fino ad arrivare alla Reale Udienza proprio sotto Carlo Felice, nel
suo diario (pubblicato da Carlino Sole in Le Carte Lavagna e l’esilio di Casa
Savoia in Sardegna -Giuffrè editore, Milano 1970), scrive questo: non potevano
triplicare quelle tasse per due motivi. Un motivo de
iure (lui è un giurista): non convocano il
Parlamento: unico titolato a decidere o comunque ad approvare l’aumento.
Un
motivo de facto: siamo all’inizio dell’800, la popolazione muore letteralmente
non metaforicamente di fame e di sete, decine di migliaia di bambini
muoiono di vaiolo, si trovano i cadaveri per strada, perché all’inizio dell’800
le annate di siccità, si aggiungono a crisi agrarie e si sommano a malattie di
ogni tipo, e alle invasioni barbaresche che si moltiplicano. Addirittura non
viene dato il soldo ai soldati, non viene pagato lo stipendio agli impiegati. E
i tiranni sabaudi, che fanno? Triplicano il donativo. E Carlo Felice cosa fa?
Gozzoviglia col compare amico e consigliere Stefano Manca di Villahermosa a
Villa d’Orri.
Francesco Casula
Storico e saggista della cultura sarda.