giovedì 26 agosto 2021

La necessità delle spiagge libere. Di Lucia Chessa.


 


Apprendo dal Fatto Quotidiano che l'hotel Cala di Volpe, di proprietà della Smeralda Holding, cioè Qatar, versa 520 euro l'anno per la concessione della spiaggia privata destinata in modo esclusivo ai suoi facoltosissimi clienti. 520 euro di canone annuo.

 

520 euro per negare all’uso pubblico un incantevole pezzo di Sardegna, perché, giustamente, non sta bene mischiare l’eleganza facoltosa di chi può pagare per una suite 35mila euro a notte con il chiassoso popolo cafone che pretende di andare al mare solo in possesso di un ombrellone e una borsa di teli mare.

 

Belle le concessioni in proroga che, grazie ad antiche battaglie parlamentari della Lega, si rinnovano senza gare d’appalto, a prezzi bloccati, e all’infinito. L’ultima per esempio, per ulteriori 15 anni, l’ha votata il primo governo Conte, lega e 5stelle, perché, si sa, nessuno più dei ricchi sfondati ha bisogno di protezioni e di corsie facilitate. Io, canone o non canone, sono per le coste libere.

 

E tanto più lo sono se i canoni di concessione, sono così beffardi da diventare violenza contro una terra e un popolo. E sono anche perché lo Stato restituisca alla Regione il demanio marittimo, sperando che la Sardegna, prima o poi, venga davvero governata da gente che ha testa, cuore e gambe in questa terra e non da personaggi ridicoli, a disposizione di chi offre di più.

 

Brutos rimitanos, chi versa e chi decide il canone. (E per chi non capisce cosa significa, studiatevi la lingua sarda).

 

Lucia Chessa

martedì 10 agosto 2021

Violenza chiama violenza. Martiri e carnefici a Piazzale Loreto. Di Vincenzo Maria D’Ascanio.


 

 (10 Agosto 1944) “Il sangue di Piazzale Loreto lo pagheremo molto caro”. Queste furono le parole pronunciate da Benito Mussolini dopo l’esecuzione, nel famoso piazzale milanese, di un gruppo di 15 persone tra partigiani e antifascisti, prelevati dal carcere di San Vittore e uccisi all’alba del 10 agosto 1944. Un’esecuzione voluta come rappresaglia per l’attentato a un camion tedesco avvenuto pochi giorni prima, in viale Abruzzi, dove peraltro nessun tedesco rimase ucciso. Nello stesso attentato persero la vita, invece, 6 cittadini milanesi. Dopo la fucilazione da parte di un plotone formato dai repubblichini della legione “Ettore Muti”, i cadaveri rimasero esposti al pubblico. Un destino che si ripeterà il 29 aprile del 1945, quando i cadaveri saranno quelli del Duce, di Claretta Petacci e di 15 gerarchi fascisti: le parole di Mussolini, si trasformeranno in una profezia.

 

Solo sapendo di questa vile rappresaglia si possono comprendere i fatti che accaddero in seguito. Il 29 Aprile il corpo di Mussolini fu portato a Piazzale Loreto perché in quella stessa piazza, dieci mesi prima, erano stati assassinati quei 15 partigiani, ma non fu il solo martirio dei 15 che scatenò l’indignazione popolare.

 

Infatti i loro corpi furono lasciati sotto il sole per tutta la mattina del 10 Agosto 1944 per essere portati via solo alla sera, interamente ricoperti di mosche. I Nazisti obbligavano i civili a passare per lo stesso piazzale, affinché potessero vedere i corpi (di questo ci resta la tragica testimonianza del poeta Loi). Per altro la fucilazione fu preceduta da torture e umiliazioni di ogni genere, e ciò causò non tanto la paura dei milanesi, quanto l’odio verso i nazisti e di conseguenza i fascisti (la Brigata Ettore Muti, di fatto, agiva su ordine delle SS)

 

Quando sento parlare dei fatti del 29 Aprile spesso m’imbatto nel seguente paradosso: si considera un fatto, o talvolta un'immagine, la si decontestualizza da anni e anni di crimini e puro tormento, e si disegna una dinamica da follia collettiva. Non si considera un elemento incontestabile: a ogni fatto x, corrisponde una reazione y, se si vuole davvero comprendere una vicenda, occorre documentarsi sui fatti antecedenti, ovvero il suo contesto storico. Questo esercizio non deve essere fatto per giustificare, ma per interpretare correttamente e separare fatti dettati da logiche differenti, che non possono essere collocati nello stesso calderone.

 

Detto questo, non si può giudicare quanto avvenuto in Piazzale Loreto come un atto compiuto dai partigiani. Questa resta la critica più sconcertante che talvolta ascolto anche nei principali mass media. Non esiste nessun ordine o direttiva del CLN in tal senso, il vilipendio dei cadaveri è stata una reazione di un popolo infuriato. Basterebbe pensare a quanti linciaggi avvennero nelle fasi antecedenti o postume alla liberazione: tuttavia la giustizia privata non può essere legata alle motivazioni politiche, bensì a ragioni strettamente individualiste. Questa è una costante delle guerre civili, ma coloro che cercano di adombrare la Resistenza imputandogli fatti anche sconcertanti, dovrebbero rifarsi solo agli ordini scritti, perché solo dagli ordini scritti può emergere la volontà storica, giuridica e politica. La stessa violenza è stata volontariamente determinata dal Comitato di Liberazione Nazionale, ma era una violenza dettata dalla necessità, non da sentimenti di pancia come la vendetta o la violenza per la violenza.

 

Vincenzo Maria D’Ascanio.

 

L’Anniversario di un massacro: Bronte. Di Francesco Casula.


 

Il 10 agosto del 1860 a Bronte (cittadina siciliana in provincia di Catania) ci fu un eccidio. In seguito a una rivolta e per aver creduto alle promesse di Garibaldi, l'avvocato Nicolò Lombardo (che, acclamato sindaco dopo l'eccidio, era stato additato come capo della rivolta), insieme con altre quattro persone: Nunzio Ciraldo Fraiunco, Nunzio Longi Longhitano, Nunzio Nunno Spitaleri e Nunzio Samperi, furono fucilati e i loro cadaveri furono lasciati esposti al pubblico insepolti.

 

E’ un corposo e significavo episodio della “liberazione” del Sud da parte dei sabaudi e di Garibaldi: il più grande mistificatore del Pianeta... Che i libri di storia e l’italica letteratura, descrivono e raccontano come colui che ” «Affrancò milioni d’italiani dalla tirannia dei Borboni […] Quando gettava un grido di guerra, legioni di valorosi accorrevano da lui da ogni parte […] Era forte biondo bello. Sui campi di battaglia era un fulmine, negli affetti un fanciullo, nei dolori un santo» (De Amicis, Cuore, Garzanti, Milano, 1967, pagina 176) E le stragi, i massacri, le devastazioni compiute, in nome dell'Unità d'Italia, nella conquista, manu militari, del Sud da Garibaldi o comunque in nome e per conto di Garibaldi? Taciute. Nascoste.

 

Per ristabilire, con un minimo di decenza un po’ di verità storica occorrerebbe, messa da parte l’agiografia e l’oleografia patriottarda, andare a spulciare fatti ed episodi che hanno contrassegnato, corposamente e non episodicamente, il Risorgimento e Garibaldi: Bronte, dicevo e Francavilla per esempio, e decine di altri episodi. Che non sono si badi bene, episodi né atipici né unici né lacerazioni fuggevoli di un processo più avanzato. Ebbene, a Bronte come a Francavilla e in moltissime altre località, vi fu un massacro, fu condotta una dura e spietata repressione nei confronti di contadini e artigiani, rei di aver creduto agli Editti Garibaldini del 17 Maggio e del 2 Giugno 1860 che avevano decretato la restituzione delle terre demaniali usurpate dai baroni, a chi avesse combattuto per l’Unità d’Italia.

 

Così le carceri di Franceschiello, appena svuotate, si riempirono in breve e assai più di prima. La grande speranza meridionale ottocentesca, quella di avere da parte dei contadini una porzione di terra, fu soffocata nel sangue e nella galera. Così la loro atavica, antica e spaventosa miseria continuò. Anzi: aumentò a dismisura. I mille andarono nel Sud semplicemente per “traslocare” manu militari, il popolo meridionale, dai Borboni ai Piemontesi. Altro che liberazione!

 

Francesco Casula

Storico e saggista della cultura sarda.

 

lunedì 9 agosto 2021

02 Ottobre. Sentirsi vivi.


 


Evento di IpSO Istituto di Psicologia Somatorelazione 

 

Sabato 02 Ottobre. Ore 10:00

 

Online: sentirsivivi.it

 

Sabato 2 ottobre dalle 10 alle 18:30 si terrà il convegno Online Sentirsi Vivi, il convegno dell'Istituto di Psicologia SOmatorelazionale.


L'ingresso al convegno è a entrata libera, sul sito

https://www.sentirsivivi.it

 

sulla pagina Facebook dell'Istituto e sul canale YouTube dell’Istituto.

Interverranno Deb Dana, Giorgio Piccinino, Luciano Marchino, Roberto Sassone, Maurizio Stupiggia e Daniela Muggia.
Domenica 3 ottobre verranno proposti workshop esperienziali gratuiti fino ad esaurimento posti. Potete scegliere il vostro workshop preferito e iscrivervi sul sito:

https://www.sentirsivivi.it

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PROGRAMMA
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09.30 - 10.00 Accoglienza

10.00 - 10.45
LA CONSAPEVOLEZZA SI RADICA NEL SENSO DI SÉ
Roberto Sassone, Psicologo, Psicoterapeuta, Analista Reichiano, Fondatore e Docente della Scuola Italiana di Analisi Reichiana

 

11.00 - 11.45
O VIVI O VEGETI
Giorgio Piccinino, Sociologo, Psicologo, Psicoterapeuta Transazionale

 

12.00 - 12.45
L’ESPERIENZA VITALE INVOLONTARIA COME CONDIZIONE DELLA LIBERTÀ
Maurizio Stupiggia, Psicologo, Psicoterapeuta, Università di Genova, Direttore della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Biosistemica

 

13.00 - 15.00
PAUSA PRANZO

 

15.00 - 15.45
NUTRIRE IL SISTEMA NERVOSO: UN APPROCCIO POLIVAGALE
Deb Dana, clinica statunitense specializzata nel trattamento del trauma complesso, ha fondato, con Stephen Porges, il Polyvagal Institute

 

16.00 - 17.15
LA MORTE È UNA GRANDE OCCASIONE SECONDO LA TRADIZIONE TIBETANA
Daniela Muggia, Tanatologa, ha messo a punto il metodo ECEL (Empathic Care of the End of Life)

 

17.30 - 18.15
VIVERE CON PASSIONE
Luciano Marchino, Psicologo, Psicoterapeuta, Analista Bioenergetico, Direttore IPSO, già docente presso l’Università di Milano-Bicocca

 

18.15 - 18.30
SALUTI FINALI

 

Il convegno sarà trasmesso sul sito sentirsivivi.it, sulla pagina Facebook dell'Istituto e sul canale YouTube dell’Istituto, che potrete trovare utilizzando le parole chiave “IPSO bioenergetica”

Per rimanere aggiornati sul tutto quello che seguirà al convegno e ai workshop, registratevi sul sito:
https://www.sentirsivivi.it

 

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WORKSHOP
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DOMENICA 3 OTTOBRE

DALLE 10 ALLE 13 WORKSHOP SU PIATTAFORMA ZOOM

 

Luciano Marchino
VIVERE CON PASSIONE
(solo se si potrà fare in presenza)

 

Marinella Boscolo
STARE BENE A SCUOLA. ONLINE E OFFLINE

 

Francesca Civardi
VIBRARE CON LE EMOZIONI

 

Daniele Guainazzi
MIGLIORIAMO LA VISTA. BIOENERGETICA E METODO BATES

 

Marina Negri
IL MOVIMENTO DELLE EMOZIONI E IL SISTEMA DIFENSIVO

 

Leonardo Moiser e Paola Spicuglia
LA VITA INIZIA CON UNA CAREZZA

 

Rossana Ranzetti
NON SI PUÒ DANZARE SEGUENDO LE ISTRUZIONI

 

Roberto Sassone
IL SENTIRE COME PRATICA DI RISVEGLIO

 

Per rimanere aggiornati sul tutto quello che seguirà al convegno e ai workshop, registratevi sul sito:

www.sentirsivivi.it

 

domenica 8 agosto 2021

08 Agosto 1956: la tragedia di Marcinelle. Sa babbaiola.


 

"Il nostro vicino, che non la smetteva mai d’insultare mio padre, è entrato da noi piangendo. Gli italiani trovarono innumerevoli difficoltà d’integrazione con la comunità belga, almeno fino a quell'8 agosto 1956." (Parole del figlio di un minatore).

 

"La comunità italiana del Belgio ha pagato con il sangue il prezzo del suo riconoscimento." (Dal quotidiano "Le Monde.")

 

08 Agosto 1956: una data amara, ricordata per il disastro di Marcinelle. Un incendio divampò nella miniera di carbone del Bois du Cazier. A causare l’incidente fu un malinteso sui tempi di avvio degli ascensori. Si disse che all’origine del disastro fu un’incomprensione tra i minatori: il montacarichi, avviato al momento sbagliato, urtò contro una trave d’acciaio, tranciando un cavo dell’alta tensione, una conduttura dell’olio e un tubo dell’aria compressa.

 

Un lampo e poi l'inferno: le fiamme avvolsero travi e strutture in legno e solo sette operai riuscirono a risalire in superficie, annunciando la tragedia tra le nuvole di fumo nero. I soccorritori tentarono l'impossibile, sfidando le temperature infernali. L'indomani gli operai sono ancora prigionieri: l'incendio non è arrivato da coloro che lavorano ai livelli più bassi della miniera e per giorni si spera di poterli salvare. Tuttavia, all'alba del 23 agosto, i soccorritori ritorneranno in superficie e le loro parole saranno lapidarie: "Tutti morti". I lavoratori furono ritrovati a 1.035 metri di profondità, stretti tra loro in un'ultima disperata ricerca di aiuto.

 

Una tragedia che in Belgio non trova altri precedenti, e che causò la morte di 262 persone, di cui 136 italiani (molti dei quali originari dell’Abruzzo). Intrappolati nella miniera senz’alcuna via di uscita, i minatori saranno uccisi dalle esalazioni di gas. Le operazioni di salvataggio proseguiranno fino al 23 agosto ma, nonostante gli sforzi, non ci saranno sopravvissuti.

 

Quel giorno tante povere donne chiamarono invano i nomi dei loro mariti, figli, fratelli. Le grida, i pianti, le maledizioni diedero forma a un coro drammatico, sino a quando non si ebbe più voce per chiamare e lacrime per piangere. Solo la pietà e l'intuito dell'amore permetteranno, in alcuni casi, di riconoscere i corpi arsi dalle fiamme. Bandiera nera per l'Italia e per i 406 orfani che sempre malediranno Mancinelle.

 

È in lutto il Paese dei poveri, degli emigranti, "merce di scambio" tra i governi italiano e belga, che nel '46 firmarono l'accordo "minatori - carbone": tra il 1946 e il 1956 più di 140mila connazionali oltrepassarono i confini per andare a lavorare nelle miniere di carbone del Belgio. Era il prezzo di un accordo tra Italia e Belgio che prevedeva un imponente baratto: l’Italia doveva inviare in Belgio 2mila uomini a settimana e, in cambio dell’afflusso di braccia, Bruxelles s’impegnava a fornire a Roma 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore. Il nostro Paese a quell'epoca soffriva ancora degli strascichi della guerra: 2 milioni di disoccupati e aree ridotte alla fame, dove si sopravviveva nella miseria più nera.

 

Il green pass e la ricerca del complotto. Cosa nascondono? Di Pier Franco Devias




Chiaramente l’argomento fondamentale attorno a cui ruota la nostra vita ora è il green pass. Altrimenti come si fa dimostrare di saper abboccare ad ogni tentativo di distrazione di massa istigato da una ben precisa parte politica? Ieri l’argomento fondamentale della vita del mondo erano gli sbarchi. Finito quello lo ius soli. Poi il diritto di sparare al ladro in casa. Poi il green pass, che in televisione dico che non va bene (per strizzare l'occhio alle piazze) ma poi lo voto in parlamento. E ovviamente tu abbocchi, con amo, lenza, galleggiante e pure canna e mulinello, tutto.

 

L’importante è distrarre l’attenzione dal disastro più nero nel quale stiamo sprofondando, dalla disoccupazione, dallo sfruttamento sul lavoro. In ristorante non ce ne frega più niente dello sfruttamento bestiale dei nostri ragazzi, no, ora l'argomento interessante è la stella di David dei pastasciuttari liberi. In fabbrica dove ti hanno ammassato come sardine a morire durante il covid, dove fai turni anche notturni da solo e muori cadendo nel tritarifiuti, chissenefrega: dov'è la libertà costituzionale di accesso? E nella scuola che cade a pezzi, con l’80% degli istituti fuori norma e l’amianto dappertutto… non gli vorrai mica chiedere i dati personali al mio campioncino?

 

Ho visto gente che è convinta che Hitler sia morto nel 1967 dire che è “uguale ai campi di concentramento”. Ho visto gente che ha difficoltà nel capire il funzionamento di un tagliaunghie tenere lezioni pubbliche di diritto costituzionale. Conosco persone che hanno piazzato rissa perché in pizzeria gli volevano dare il tavolo interno, e ora fanno i prigionieri politici perché per andare al tavolo interno con 57 gradi ci vuole il green pass.

 

Conosco persone che tengono dibattiti sul diritto alla privacy e hanno regalato la propria foto a una multinazionale solo per vedere come sarebbero da vecchie, su una piattaforma che individua anche chi sono i tuoi amici, i parenti e le persone che non ti sono simpatiche. Conosco persone che spiegano in pubblico la violazione del diritto europeo, dopo aver partecipato a programmi che ti dicono quale personaggio storico staresti stato nel 1500. C’è gente che provava se davvero la scopa restava in piedi a causa di una congiunzione astrale che si verifica ogni mille anni, e oggi tiene lezioni sull’inutilità della distanza nel contagio virale.

 

Ora mi risponderanno: cioè comunque il fatto che altri argomenti sono importanti non vuol dire che non devi parlare del green pass. Però parlano solo del green pass. O al massimo del microchip radioattivo per il 5G dei vaccini. Poco importa che nei nostri aeroporti da mesi si entra a ritmi di decine di migliaia al giorno senza nessunissimo tipo di controllo. Puoi arrivare starnutendo, con gli occhi gonfi e la bava alla bocca e nessuno ti chiede cos’hai e dove vai.

 

Il prestigiatore che siede in Regione aveva annunciato controlli, che ovviamente non ha firmato: secondo te fa mancare clientela agli amici della costa extralusso nel momento delle vacanze estive? Ma tu crepa, ammalati, fai morire tua madre e tua moglie, se ne parlerà a settembre. Anzi fai una cosa, non ci pensare: attaccate a ‘sto green pass.

 

E poi siccome i casi stanno esplodendo ovunque, la gente sta ricominciando a morire e gli ospedali si stanno riempiendo a vista d’occhio sai cosa fanno? Il commissario ATS dice che c’è un “eccesso di prudenza” da parte dei sanitari per i numeri dei ricoverati in area medica e in terapia intensiva e sub intensiva. Così non mi entri in zona gialla e non mi disturbi gli affari degli amici in costa.

 

Sembra la versione istituzionalizzata di quelli che su facebook dicevano “basta non fare tamponi, sparito il virus”. Solo che qui parlano i vertici della sanità sarda.

 

E niente, vedete complotti dappertutto, tranne quello che c’è - davvero - sotto il vostro naso. Sarà che forse lo scopo di tutto il complotto era come al solito farvi guardare da un'altra parte alla ricerca di complotti?

 

Pier Franco Devias.


giovedì 5 agosto 2021

Carlo Felice? Famelico ultrareazionario sanguinario e ottuso. Di Francesco Casula.


 

Ottuso, guardate, non è solo il giudizio di Raimondo Carta Raspi (Storia della Sardegna, Mursia editore, 1971): è il giudizio, di Pietro Martini, che scriverà testualmente: “Era alieno dalle lettere”, e va bene, non tutti possono essere poeti e scrittori, ma prosegue: “…e da ogni attività che gli ingombrasse la mente”( Storia di Sardegna dall’anno 1799 al 1816, a cura di Aldo Accardo, Ilisso Edizioni,1999).

 

Era alieno dalle lettere e da ogni attività che gli ingombrasse la mente! Ma a mio parere i demeriti di Carlo Felice sono altri e ben più gravi: anche se con questa sua ottusità, durante il periodo giudicale, mai e poi mai sarebbe diventato giudice, perché il Giudice-re, pur provenendo dalla famiglia giudicale, doveva per essere intronizzato avere il consenso della Corona De Logu, e quando si trattava di persone ottuse evidentemente non venivano intronizzati. I demeriti - dicevo – sono ben altri.

 

Carlo Felice è fra tutti i re sabaudi il più reazionario. Lo scrive il già citato Raimondo Carta-Raspi:”Più ottuso e reazionario d’ogni altro principe, oltre che dappoco, gaudente parassita, gretto come la sua amministrazione”(Storia della Sardegna, op. cit.). E lo sostiene anche Pietro Martini – ripeto, pur filo monarchico e filo sabaudo: “Non sì tosto il governo passò in mani del duca del Genevese (Leggi Carlo Felice, nda), la reazione levò più che per lo innanzi la testa; cosicché i mesi che seguirono furono tempo di diffidenza, di allarme, di terrore pubblico”. Ancora sulla stessa linea il Carta-Raspi: “Nei consigli del principe prevaleva il principio del terrore e dell’arbitrio senza limiti”.

 

Terrore pubblico dunque riuscì a creare Carlo Felice agendo sempre con arbitrio senza limiti: da re come da viceré. Si deve a lui la repressione violenta, con l’assassinio di Francesco Cillocco e Francesco Sanna-Corda o l’impiccagione dei martiri e patrioti di Palabanda. La repressione violenta Carlo Felice la esercita delegandola al famigerato Giuseppe Valentino, soprattutto nei confronti dei democratici, come nel caso di Vincenzo Sulis, il capopopolo della rivolta cagliaritana contro i Piemontesi nel 1794, spesso “inventando” congiure inesistenti, e prezzolando i delatori.

 

Sarà il Valentino, presidente del tribunale speciale istituito nel Capo di Sopra per dare parvenza di legalità alla feroce repressione, personaggio crudele ed efferato, che amava pure far squartare le sue povere vittime: infatti dopo averle impiccate, fatta loro tagliare la testa – che rinchiudevano in una gabbia di ferro ed esponevano all’ingresso dei paesi natali, come “monito” – il resto del corpo veniva fatto in quattro: di qui l’espressione rimasta nella lingua sarda, come il peggiore frastimu e irrocu: iscuartarau sias!

 

Ricordo che a soprannominarlo Carlo Feroce furono i liberali piemontesi e Angelo Brofferio, astigiano, poeta, e critico teatrale nonché patriota (anche lui perseguitato e arrestato in Piemonte nel 1830, regnante Carlo Felice) e che nel 1854 verrà eletto deputato in Sardegna, a Cagliari, per protesta contro Cavour.

 

Ma secondo me la cosa peggiore persino della sua ferocia è un’altra: I Savoia, cacciati da Napoleone, come esuli arrivano in Sardegna nel 1799, senza mutande, dicono gli storici, pidocchiosi, morti di fame. La prima operazione che fanno è di triplicare il donativo, le tasse regie, che passano da 200.000 lire sarde a 600.000 lire sarde. Carlo Felice si becca 40.000 lire sarde, e va bene; il fratello, il Duca di Moriana se ne becca altrettante. morirà giovane, e si prende quelle sue 40.000 lire sarde Carlo Felice, quando quei soldi sarebbero dovuti ritornare alla tesoreria regia.

 

La ripartizione di questi maggiori oneri fiscali, ad accrescere gli squilibri e il malcontento, era fatta in modo iniquo, i villaggi, ad esempio, dovevano pagare più del clero e dei feudatari: ben 87.500 lire sarde (75 mila il clero e appena 62 mila i feudatari), ricorda Pietro Martini nel libro che ho già citato.

 

Ebbene un patrizio algherese, giurista, anche lui filo sabaudo, che farà una carriera travolgente fino ad arrivare alla Reale Udienza proprio sotto Carlo Felice, nel suo diario (pubblicato da Carlino Sole in Le Carte Lavagna e l’esilio di Casa Savoia in Sardegna -Giuffrè editore, Milano 1970), scrive questo: non potevano triplicare quelle tasse per due motivi. Un motivo de iure (lui è un giurista): non convocano il Parlamento: unico titolato a decidere o comunque ad approvare l’aumento.

 

Un motivo de facto: siamo all’inizio dell’800, la popolazione muore letteralmente non metaforicamente di fame e di sete, decine di migliaia di bambini muoiono di vaiolo, si trovano i cadaveri per strada, perché all’inizio dell’800 le annate di siccità, si aggiungono a crisi agrarie e si sommano a malattie di ogni tipo, e alle invasioni barbaresche che si moltiplicano. Addirittura non viene dato il soldo ai soldati, non viene pagato lo stipendio agli impiegati. E i tiranni sabaudi, che fanno? Triplicano il donativo. E Carlo Felice cosa fa? Gozzoviglia col compare amico e consigliere Stefano Manca di Villahermosa a Villa d’Orri.

 

 

Francesco Casula

Storico e saggista della cultura sarda.

 

05 Settembre. La nuit tzigane @ Corto maltese – Poetto


 


Il Corto Maltese Poetto
presenta
:

LA NUIT TZIGANE 

5 AGOSTO h 22:00
VIALE LUNGOMARE POETTO - CAGLIARI

 

Dopo un anno di attesa siamo tornati più carichi di prima!
Non vediamo l'ora di danzare nuovamente con tutti voi!
OPAAAA!!

La Nuit Tzigane e’ un progetto di musicisti world music e jazz che hanno voglia di divertirsi e far divertire, attraverso un live concert che riprende e reinterpreta alcuni classici della musica balcanica e musiche mediterranee.

la Nuit Tzigane sono:
Matteo Muntoni contrabbasso
Sergio Tifu violino
Matteo Leone batteria
Antonio Firinu fisarmonica
Fabrizio Lai chitarra
Alice Cardia danza
Benedetta Deriu danza

opaaaaa!!!!!

 

lunedì 2 agosto 2021

la Strage di Bologna


 

"Siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia". (Sandro Pertini)

 

(02 agosto 1980) Bologna. Alle 10:25 nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione centrale esplode una bomba col timer, contenuta in una valigia abbandonata. La bomba causerà la morte di ottantacinque persone e il ferimento di altre duecento. In seguito si accerterà che l'ordigno è stato realizzata con 23 kg di esplosivo composto da una miscela di 5 chili di tritolo e T4 potenziata da 18 kg nitroglicerina a uso civile; un esplosivo di fabbricazione militare collocato in una valigia, poi sistemata su un tavolino portabagagli sotto il muro portante dell'ala Ovest che crolla: l'onda d'urto investe anche il treno Ancona - Chiasso in sosta sul primo binario.

 

Molti cittadini soccorrono le vittime contribuendo a estrarre le persone sepolte dalle macerie; per il gran numero di feriti il trasporto verso gli ospedali è compiuto anche usando auto private, taxi e autobus, in particolare quello della linea 37, che insieme all'orologio fermo alle 10.25 diventerà uno dei simboli della strage.

 Imponenti le manifestazioni di sdegno da parte della popolazione, accese proteste ai rappresentanti del governo presenti il 6 agosto ai funerali delle vittime nella Basilica di San Petronio. Gli unici applausi furono rivolti a Sandro Pertini arrivato in elicottero a Bologna il giorno stesso della strage; il presidente della Repubblica

in lacrime disse ai giornalisti: "Siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia."

 Come esecutori materiali la magistratura individuò alcuni militanti di estrema destra, appartenenti ai Nuclei Armati Rivoluzionari, tra cui Valerio Fioravanti (Giusva) e Valeria Mambro. Gli ipotetici mandanti sono rimasti sconosciuti, ma furono rilevati collegamenti con la criminalità organizzata e i soliti servizi segreti deviati, un'ombra nera su tutte le stragi avvenute in Italia durante il periodo ribatezzato "Strategia della tensione"

 Le indagini si indirizzarono quasi subito sulla pista neofascista, ma solo dopo un lungo iter giudiziario e numerosi depistaggi (per cui furono condannati Licio Gelli, Pietro Musumeci, Giuseppe Belmonte e Francesco Pazienza), la sentenza finale del 1995 condannò Valerio Fioravanti e la Mambro «come appartenenti alla banda armata che ha organizzato e realizzato l'attentato di Bologna» e per aver «fatto parte del gruppo che sicuramente quell'atto aveva organizzato», mentre nel 2007 si aggiunse anche la condanna di Luigi Ciavardini, minorenne all'epoca dei fatti. 

Sa Babbaiola

domenica 1 agosto 2021

Ora, proprio ora, i responsabili! Di Liberu.


 

Dietro le scontate e formalissime attestazioni di solidarietà che in queste ore arrivano dalla politica spesso si nasconde solo tanto menefreghismo, incapacità, autoassoluzione. E sì, è proprio questo il momento di dirlo! Basta con la storia che “non è il momento delle polemiche”, perché quello è sempre stato il pretesto per non parlare delle responsabilità quando sono evidenti, sapendo che poi, all’italiana, a fine emergenza finisce tutto nel dimenticatoio.

E allora bisogna dirlo, sin d’ora, che la politica italiana e sarda, quella del parlamento e della Regione, quella di Draghi e di Solinas, hanno una grossa responsabilità in ciò che accade. Nelle belle argomentazioni delle transizioni ecologiche e rivoluzioni verdi, nei ministeri della rivoluzione ambientali, mai una parola è stata spesa per decidere di spendere qualche spicciolo del Recovery per dotare la Sardegna di una flotta di Canadair. Una terra da sempre arsa e riarsa dal fuoco, che però ogni anno deve elemosinare gli aerei in prestito dall’Italia, dopo che le fiamme già corrono col vento.

Chi oggi nel governo Draghi mette la maschera del costernato e del solidale non ha speso una sola parola per darci ciò che ci spetta e ciò che conta davvero. Le parole non spengono fuochi. E chi oggi in Regione si spertica in attestazioni di solidarietà ha la coscienza più nera del carbone.

Noi di Liberu con la Campagna Firma su Fogu raccogliemmo migliaia di firme autenticate per chiedere un grande programma di sensibilizzazione nelle scuole, la dotazione di nuovi mezzi terrestri e aerei di proprietà della Regione (per scongiurare i fenomeni incendiari legati al business degli affitti dei velivoli) e chiedemmo che la stessa Regione facesse da apripista per una proposta al parlamento di inasprimento delle pene per gli incendiari. Non ha fatto niente di tutto ciò la giunta Pigliaru, non ha fatto niente di tutto ciò la giunta Solinas.

Ma gli incendi non sono solo dolosi, ci sono anche quelli colposi, causati da disattenzione, superficialità, ignoranza. Eppure la conoscenza dei pericoli del fuoco e la sensibilizzazione ambientale per i ragazzi è lasciata alla buona volontà di insegnanti e genitori, senza alcun serio intervento istituzionale. Di fronte al ripetersi di migliaia di roghi, ogni anno, la Sardegna ha bisogno di difendersi, con personale giovane e ben addestrato, con mezzi di terra moderni ed efficaci, con flotte di aerei ed elicotteri di proprietà regionale, tenuti in pianta stabile qui e sempre pronti ad agire nel giro di pochi minuti.

Davanti alle nostre proposte, sostenute da migliaia di cittadini, la politica regionale si volta dall’altra parte. L’assessore all’Ambiente Gianni Lampis ora grida all’emergenza, dimenticando che spetta proprio a lui predisporre mezzi e uomini al momento giusto, PRIMA dell’emergenza, per evitare che ci si arrivi al pericolo, non dopo, quando tutto è incenerito, distrutto, arso vivo.

Il responsabile della Protezione Civile Antonio Belloi - sulla cui regolarità della nomina si occupa ancora la magistratura - più che un responsabile delle proprie azioni pare essere un annunciatore di pericoli e, dopo, un contabile delle disgrazie avvenute. Di cosa si occupi nel mezzo, visti i risultati, ancora non si capisce. Così nella pandemia, come nelle alluvioni e ora anche negli incendi.

Il presidente Solinas, diretto responsabile della nomina di Lampis e Belloi, per non smentire la sua siderale distanza dai bisogni del popolo sardo, davanti alla distruzione di oltre ventimila ettari, delle aziende, del bestiame, del futuro di migliaia di famiglie, per prima cosa non si occupa di soccorrere chi ha URGENTE bisogno di aiuto, ma con gli ovili ancora fumanti per prima cosa chiede al governo fondi… per i rimboschimenti.

Se oggi è necessario parlare di questo, di chi ha dirette e imperdonabili responsabilità nell’incuria, nell’impreparazione, nell’incapacità di gestire (anche) questa terribile piaga, è solo perché l’operare di questa classe politica sta distruggendo la nostra Sardegna. Ogni giorno in cui a questa giunta viene permesso di operare è un giorno perso per risollevarci. Ogni giorno in cui a questa giunta viene permesso di stare in poltrona è un giorno di pericolo, di abbandono, di incancrenimento dei tanti problemi che aspettano una soluzione. Ogni giorno di sopravvivenza di questa giunta è un giorno in meno di sopravvivenza per il popolo sardo.

Liberu – Lìberos Rispetados Uguales

#Liberu

La paradossale vicenda di Adriano Soffri. Sa babbaiola.


 

(01 Agosto 1942) Nasce a Trieste Adriano Sofri. Il padre, di origine meridionale, era nella Marina Militare mentre la madre triestina era insegnante. Ha un fratello maggiore, Gianni, storico e saggista, e una sorella, Stella. Trascorse l'infanzia a Taranto, poi a Milano, Palermo e Roma, dove studiò al liceo classico Virgilio.

 

Fu attivo nella sinistra operaista sin dai primi anni sessanta (collaborò alla rivista Classe operaia), fu tra i fondatori del movimento "Il potere operaio pisano", per poi fondare la formazione extraparlamentare comunista "Lotta Continua", di cui fu uno dei leader principali fino al suo scioglimento nel 1976. Nel marzo 1963, Palmiro Togliatti a era a Pisa, e raccontò agli studenti il suo rientro in Italia e la svolta di Salerno, riferendo che «il generale MacFarlane si meravigliò con me che il Pci non volesse fare la rivoluzione».

 

L'allora sconosciuto Sofri intervenne affermando che «ci voleva l'ingenuità d'un generale americano per pensare che un partito che si proclamava comunista volesse il comunismo», al che il segretario comunista ribatté: «Devi ancora crescere. Provaci tu, a fare la rivoluzione», e Sofri concluse: «Ci proverò, ci proverò».

 

Un evento diede una scolta definitiva alla sua vita: la bomba che scoppiò il 12 dicembre del 1969 alla Banca Nazionale dell'Agricoltura in Piazza Fontana, a Milano. Nell'attentato morirono sedici persone. Polizia, carabinieri e governo accusarono, sbagliando, gli anarchici.

 

Dopo varie indagini, venne convocato in questura per un colloquio un semplice ferroviere di nome Giuseppe Pinelli, esponente dell'area anarchica milanese. Purtroppo però, durante una drammatica notte di tre giorni dopo, durante uno dei tanti interrogatori a cui era stato sottoposto, Pinelli morì "misteriosamente" sfracellato nel cortile della questura. Lotta Continua scatenò una violenta campagna di propaganda contro Calabresi. Sofri stesso sul suo giornale cercava in ogni modo di costringere il commissario alla querela, unico strumento, secondo il leader di Lotta Continua, per aprire un'inchiesta sulla morte dell'anarchico.

 

Calabresi querelò effettivamente Lotta Continua e, nel 1971, cominciò il processo. Poliziotti e carabinieri furono chiamati a testimoniare, ma mentre il processo volgeva al termine, al giudice istruttore fu tolta la causa poiché l'avvocato di Calabresi sostenne di aver sentito il giudice dichiarare di essere convinto della colpevolezza del commissario. Date queste premesse, dunque, era impossibile andate avanti e il processo si sgonfiò.

 

La mattina del 17 maggio 1972, il commissario Calabresi fu ucciso per strada, sempre a Milano. Lotta Continua diventa immediatamente la sospettata numero uno. Nel 1975 fu eseguito un nuovo processo che si concluse con la condanna di LC per aver "diffamato" il commissario Calabresi. Arrestato e rilasciato dopo pochi mesi nel 1988, fu condannato nel 1990, e nel 1997 in via definitiva, insieme a Pietrostefani e Bompressi, come mandante dell'omicidio Calabresi, in seguito alla confessione e testimonianza di Leonardo Marino (ex-militante di Lotta Continua); Sofri si è sempre dichiarato estraneo alla vicenda e non ha mai presentato richiesta di grazia, che pure è stata invocata da diversi giornalisti e intellettuali.

 

Negli anni del carcere Sofri ha scritto molto; una breve, ma assai intensa, rubrica quotidiana sul Foglio (Piccola posta, sul quotidiano fondato dall'amico Giuliano Ferrara), una collaborazione regolare con Repubblica e la rubrica "Dopotutto" sull'ultima pagina di Panorama, interrotta quando Maurizio Belpietro è diventato direttore del settimanale.

 

Nel 2015 ha cessato la sua collaborazione con la Repubblica dopo che Ezio Mauro ha annunciato l'imminente termine della sua direzione del giornale; al posto di Mauro è divenuto direttore Mario Calabresi, il figlio del commissario Calabresi. Mario Calabresi e Sofri si erano già stati colleghi a Repubblica, pur senza vedersi mai di persona al di fuori di due fugaci incontri.

Sa babbaiola


S’Istoria sarda in limba sarda. Di Francesco Casula.

  In unas cantas pimpirias, in televisione, apo contau s'istoria  sa literadura, sa poesia sarda.  - in sa de tres chistionende de s ...