Oggi del nostro programma pubblico la conclusione.
E' una parte a cui teniamo non molto, moltissimo.
S'intitola Vota e Parti.... e parla di
guerre
Abbiamo parlato di Sardegna. Ne abbiamo parlato
cercando di tenere il focus su ciò che è di competenza della regione. Ma
riteniamo che nessun
progetto e nessun programma politico oggi possa esistere se non guarda al
dramma immane che si consuma vicino a noi. Alle guerre che insanguinano l’Europa e il Medio
Oriente e che minacciano di allargarsi e di assumere proporzioni imprevedibili.
Noi pensiamo che ci riguardi ciò che avviene su questo pianeta. Ci riguarda ciò che avviene nel “nostro giardino” come spazio fisico e spazio umano.
L’Italia non è esente da responsabilità, e tutti coloro che ubbidienti hanno votato per l’invio di armi in teatri di guerra, e quelli che lo fanno ancora, non solo hanno scelto il prolungamento della carneficina, ma si sono assunti una responsabilità storica di avvicinamento alla catastrofe. Avvicinamento che prende forma nei fatti del Mar Rosso che vedono coinvolte le navi da guerra italiane. Tutto ciò ci riguarda anche come cittadini di Sardegna perché qui hanno sistemato i due terzi delle servitù militari italiane e niente come questo nostro essere piattaforma di guerra esprime e rappresenta in nostro essere, per l’ennesima volta, colonia.
Così come, la stessa condizione di colonia umiliata, è espressa da tutti i protocolli d’intesa sottoscritti negli ultimi anni dalla Regione e dal Ministero della Difesa e tesi a regolare la difficile convivenza tra i poligoni e le popolazioni che vivono in quelle aree. Protocolli umilianti nei contenuti e per giunta tutti regolarmente e assolutamente disattesi. Qui in Sardegna si esercitano i militari di mezzo mondo. Sottraendo spazi, risorse, salute, salubrità dell’ambiente e opportunità. Sottraendo sovranità.
Noi, “ripudiamo la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali”, noi siamo sulle posizioni di Gino Strada quando dice “fuori la guerra dalla storia”, noi troviamo inaccettabile che l’attività più lucrosa in questo momento sia uccidere persone e prendiamo le distanze dai signori della guerra, in tutti i luoghi, istituzioni, scuole e Università.
Noi troviamo inaccettabile che non ci siano risorse per sanità, istruzione, cura delle persone fragili, per la ricerca, ma si trovino fiumi di soldi per svuotare e riempire gli arsenali inseguendo la militarizzazione in atto in Europa e nel mondo, fenomeno sinistro che ha preceduto tutte le grandi guerre.
E’ ormai da un secolo che la maggior parte delle vittime delle guerre, nell’ordine del 95% siano civili e non militari. In dispregio di ogni convenzione, di ogni diritto internazionale, di ogni tentativo inutile di “regolare la guerra” perché questo non si può fare. Noi abbiamo una proposta. Provocatoria. Perché purtroppo la provocazione sembra essere lo strumento residuo delle "minoranze" pacifiste verso le arroganze guerrafondaie.
Noi vorremmo sia stabilita una regola universale. Vorremmo che coloro che decidono la guerra, dal caldo dei loro uffici e dei loro confortevoli divani, dai loro scranni governativi e parlamentari, compresi coloro che votano, puliti puliti, per inviare armi invece che soccorsi, siano i primi a partire. Ad essere collocati sotto le bombe, disarmati e inermi come i bambini di Gaza e di tutti gli altri luoghi sconvolti da conflitti, ad essere esposti al fuoco come i malati e i medici degli ospedali nei teatri di guerra, a patire la fame ed addossarsi, nella ressa, per un pezzo di pane lanciato da un camion di aiuti umanitari.
VOTI E PARTI.
Paradossale vero? Si!
Però non più paradossale della morte, della
sofferenza immane, delle mutilazioni di quegli uomini, di quelle donne, di quei
bambini di cui fanno scempio le nostre armi, quelle che produciamo qui, che
partono da qui, che stocchiamo qui, quelle la cui efficacia sperimentiamo qui.
“La guerra la decidono i ricchi che
mandano a morire i figli dei poveri”. Cit. Gino Strada